08 aprile 2003
Sentenza n.1885 del Consiglio di Stato, Sezione VI
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul ricorso in appello proposto dal il Ministero delle Poste e delle Telecomunicazioni, in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato presso i cui uffici in Roma ope legis domicilia alla via dei Portoghesi n.12;
contro
Radio Telespazio Spa, in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall’Avv. Aldo Paparo, ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell’avv. Mario Salerni, in Roma, via A. Severo, n. 73;
per l’annullamento o la riforma
della sentenza del T.A.R. per la Calabria n. 218 del 20 marzo 1997;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visti l’atto di costituzione in giudizio dell’intimata Radio Telespazio Spa;
Visti gli atti tutti della causa;
Alla pubblica udienza dell’11 febbraio2003 relatore il Consigliere Pietro Falcone; udito l’avv. dello Stato Giacobbe;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
FATTO
1. La Soc. Radio Telespazio, con istanza del 19.10.90 chiedeva al Ministero delle Poste e Telecomunicazioni la concessione per l’esercizio degli impianti di radiodiffusione di programmi televisivi in ambito locale, servizio che le veniva accordata con decreto del 4.03.94, comunicato il 9 febbraio 1995.
Con detto decreto veniva, altresì, indicato il canone da pagare per il periodo 4 marzo 1994 – 31 dicembre 1995.
Avverso la determinazione del canone, la concessionaria proponeva ricorso, contestando l’imposizione del canone concessorio, sull’erronea presupposto che l’operatività della concessione decorresse dalla data di emissione del relativo decreto e non già dalla ricezione del decreto.
Con la sentenza impugnata il Tribunale Amministrativo Regionale della Calabria – sezione di Catanzaro: 1) accoglieva la tesi circa la natura recettizia del provvedimento di rilascio della concessione in questione e, pertanto, annullava il provvedimento del Ministero delle Poste e delle Telecomunicazioni in data 9.02.95 limitatamente alla determinazione del canone con decorrenz dalla data di adozione dell’atto concessorio (4.03.94); 2) Quanto alle censure riguardanti la misura del canone dovuto, le dichiarava inammissibile per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo.
2. Avverso il primo capo della sentenza in epigrafe, l’amministrazione delle comunicazioni propone appello.
2.1. In via preliminare, la ricorrente ripropone l’eccezione di difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, in quanto la controversia sarebbe incentrata sulla corretta quantificazione del canone concessorio dovuto dalla società odierna appellata per il 1994; canone che il Ministero ritiene, in base all’art. 22 della L 223/90 quantificabile nella misura indicata nel provvedimento impugnato e, che, per converso la società, ritiene non dovuto, attesa l’asserita inefficacia del titolo concessorio nei periodo antecedente la sua comunicazione.
Pertanto, la controversia coinvolgerebbe non le modalità di esercizio di poteri discrezionali da parte dell’Amministrazione ma solo la corretta interpretazione che l’Amministrazione ha fatto della norma primaria, attributiva del potere di richiedere i canoni, nella misura di legge.
2.2. La concessione non ha natura di provvedimento recettizio, essendo un atto perfetto fin dal suo rilascio, ma inefficace sino a che non intervenga la registrazione della Corte dei conti che si atteggia tecnicamente come condicio juris. Detta registrazione ha l’effetto di rendere eseguibile un atto già giuridicamente perfetto, con retroattività dei suoi effetti sin dalla data della sua emanazione. Non può pertanto essere eccepita l’illegittimità della richiesta del canone per il periodo anteriore alla sua comunicazione.
3. L’intimata società Radio Telespazio, costituitasi in giudizio, ha sostenuto l’infondatezza del ricorso, con diffuse argomentazioni.
DIRITTO
1. La questione in esame riguarda la natura ricettizia o meno del provvedimento di concessione per radiodiffusione televisiva in ambito locale, ai sensi dell’art. 16 l. 6 agosto 1990, n. 223, nella specie, adottato con decreto ministeriale del 4 marzo 1994 e comunicato con nota del 9 febbraio 1995; dalla definizione della natura dell’atto discende poi la debenza o meno del canone di concessione, richiesto per l’anno 1994.
2. In via preliminare, va esaminata l’eccezione d’inammissibilità riproposta dall’amministrazione appellante, secondo cui il giudice amministrativo difetti di giurisdizione, trattandosi di canoni concessori, la cui tutela sarebbe devoluta alla giurisdizione ordinaria.
L’eccezione è infondata, sotto un primo profilo, perché, come si è detto, la questione dell’obbligo del canone è correlato, in via derivata, alla contestata natura retroattiva della concessione, rientrante nella giurisdizione amministrativa (Cons. Stato sez. VI, 20 maggio 2002, n. 2727).
Sotto diverso e subordinato profilo, parimenti infondata è l’eccezione, ai sensi dell’art. 33, comma 1 e comma 2, lett. d), d. lg. 31 marzo 1998 n. 80, nel testo risultante per effetto della sostituzione operata dall’art. 7 l. 21 luglio 2000 n. 205.
In base a tale disposizione, le controversie relative all’affidamento di servizi pubblici da parte di pubbliche amministrazioni sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo; tale innovazione normativa, ancorché priva di efficacia retroattiva, assume rilievo ai fini della determinazione della giurisdizione, qualora il giudizio di merito sia stato instaurato innanzi al giudice amministrativo, originariamente sprovvisto di giurisdizione e solo successivamente investito della stessa.
Al riguardo, secondo l’art. 5 c.p.c., la giurisdizione si determina con riguardo alla legge, ovvero allo stato di fatto, vigente al momento della domanda, senza che abbiano effetto i successivi mutamenti; la disposizione è diretta a favorire, e non ad impedire la c.d. perpetuatio iurisdictionis; pertanto, tale principio trova applicazione solo nel caso di sopravvenuta carenza di giurisdizione del giudice adito e non anche quando il mutamento dello stato di diritto o di fatto comporti, invece, l’attribuzione della giurisdizione al giudice che ne era privo al momento della proposizione della domanda, anche se la norma attributiva sopravvenga nel corso del giudizio di appello (Cass. civ. sez. un., 6 maggio 2002, ord. n. 6487 e 19 febbraio 2002, n. 2415; Cons. Stato sez. V, 28 settembre 2000, n. 4822 e sez. IV, 15 febbraio 2002, n. 934).
3. Nel merito, il ricorso d’appello va accolto.
Il provvedimento di concessione per la radiodiffusione radiotelevisiva, di cui all’art. 16 l. n. 223 del 1990, non ha carattere recettizio, ma inizia ad esistere ed esplicare i suoi effetti sin dal momento della sua adozione, con la conseguenza che l’obbligo del pagamento del canone va determinato in funzione dello stesso arco temporale (Cons. Stato sez. VI, 8 gennaio 2003, n. 1; 18 dicembre 2002, n. 7017, 20 maggio 2002, n. 2727 e 29 gennaio 2002, n. 473 e Cass. civ. sez. I, 14 dicembre 2001, n. 15822).
Come è noto, i provvedimenti amministrativi hanno natura costitutiva e producono effetti a decorrere dalla data della loro emanazione, tranne i casi in cui una norma disponga diversamente.
In particolare, per la concessione di un bene pubblico, non vi sono ragioni per ravvisarne la natura recettizia, poiché sin dalla data della sua emanazione l’Amministrazione è tenuta a riconoscere la sussistenza del titolo abilitativo e ad astenersi dall’emanazione di atti repressivi dell’attività svolta.
A tal fine, poiché l’atto di registrazione da parte della Corte dei Conti ha natura di condicio iuris dell’efficacia del provvedimento concessorio, una volta verificatosi l’evento della condizione, la concessione va considerata efficace, sotto tutti gli aspetti, con effetto retroattivo.
Ciò comporta che, se da un lato la società appellata risulta titolare della concessione a far data dal 4 marzo 1994 (a tutti gli effetti, anche al fine di vedere valutata la propria posizione in ordine ad eventuali e ulteriori normative transitorie), dall’altro lato, con la stessa decorrenza, essa è tenuta a corrispondere il relativo canone di concessione, dovuto per legge.
La conclusione è conforme al disposto di cui all’art 22, comma 5, l. 6 agosto 1990, n. 223, secondo cui, ove la concessione o l’autorizzazione vengano rilasciate nel corso dell’anno il canone dovuto è determinato in proporzione dei mesi dell’anno per i quali vale la concessione o l’autorizzazione, in quanto, nella fattispecie, la concessione vale dal 4 marzo 1994.
D’altra parte, non è contestata l’affermazione della ricorrente, secondo cui, fin dall’adozione di del decreto ministeriale di concessione, l’amministrazione ha provveduto tempestivamente all’invio della formale comunicazione dell’esito favorevole della domanda di concessione, con contestuale richiesta, entro 10 giorni dalla data di ricezione della comunicazione stessa, del pagamento della tassa di rilascio sulle concessioni governative che, ai sensi dell’art. 2, comma 1, del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 641 “è dovuta in occasione dell’emanazione dell’atto e va corrisposta non oltre la consegna di esso all’interessato”.
3. Per quanto precede, il ricorso in epigrafe specificato va accolto, con riforma della sentenza appellata.
Le spese del doppio grado di giudizio possono integralmente compensarsi tra le parti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, accoglie il ricorso in epigrafe specificato, con riforma della sentenza appellata.
Spese compensate.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio tenutasi il giorno 11 febbraio 2003, presso la sede del Consiglio di Stato, Palazzo Spada, con l’intervento dei signori:
Salvatore GIACCHETTI Presidente
Carmine VOLPE Consigliere
Chiarenza MILLEMAGGI COGLIANI Consigliere
Pietro FALCONE Consigliere Est.
Giuseppe ROMEO Consigliere