16 gennaio 2003 Sentenza n. 10 del TAR Toscana, sezione I

16 gennaio 2003

Sentenza n. 10/2003 del TAR Toscana, sez. I

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE

PER LA TOSCANA

– I^ SEZIONE –

ha pronunciato la seguente:

S E N T E N Z A

sul ricorso n.921/02, proposto dalla H3G, s.p.a., in persona dei legali rappresentanti pro- tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Guido Bardelli, Nicolò Zanon, Jacopo Recla e Giuseppe Morbidelli ed elettivamente domiciliata in Firenze, via La Marmora n.14, presso lo studio dell’ultimo;

c o n t r o

la Regione Toscana, in persona del presidente della G.A. pro- tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Lucia Bora, Vito Vacchi e Fabio Ciari ed elettivamente domiciliata in Firenze, via Cavour n.18, presso l’Avvocatura regionale;

per l’annullamento

con conseguente risarcimento dei danni, della delibera 16.1.2002 n.12 del consiglio regionale della Toscana, recante criteri per la localizzazione degli impianti e criteri inerenti l’identificazione delle aree sensibili ai sensi dell’art.4, comma 1, della l.r.6.4.2000 n.54; nonché di tutti gli atti presupposti, conseguenti o comunque connessi ed in particolare della “mozione per l’emanazione immediata di un regolamento contro l’inquinamento elettromagnetico” del consiglio stesso del 10.4.2001 n.196;

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio della regione Toscana;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle proprie difese;

Visti gli atti tutti della causa;

Designato relatore, alla pubblica udienza dell’11 dicembre 2002, il Consigliere dott. Maurizio Nicolosi;

Uditi, altresì, per le parti gli avv.ti N. Zanon, J. Recla e L. Bora;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:

F A T T O

Con il ricorso notificato l’11 aprile 2002 e depositato il 20 aprile seguente, la società H3G, che esercita la sua attività in forza della licenza individuale per la prestazione servizio pubblico di comunicazioni mobili di terza generazione secondo standard UMTS rilasciata dall’Autorità Garante per le Comunicazioni, ha impugnato gli atti emanati dalla regione Toscana, deducendo la violazione di diverse disposizioni legislative, il vizio d’eccesso di potere e d’incompetenza sotto vari profili.

Si è costituita la regione Toscana.

Memorie sono state prodotte dalle parti costituite.

All’udienza pubblica del giorno 11 dicembre 2002 le parti hanno illustrato le loro contrapposte tesi di difesa ed i ricorsi sono stati trattenuti in decisione.

D I R I T T O

1) Il contenzioso promosso con il rubricato ricorso, attiene alla delibera n. 12 del 2002 (in seguito d.c.r. 12) attraverso la quale il consiglio regionale della Toscana ha disciplinato la localizzazione ed i tetti di radiofrequenza degli impianti di telefonia mobile nell’ambito territoriale di competenza.

2) La complessità della controversia richiede una sintetica ricognizione del quadro normativo vigente in materia. Quadro al quale, seppure in un’ottica di “supplenza” come si argomenterà, ha inteso riferirsi la Regione nella d.c.r. 12 impugnata.

2.1. Tale ricognizione, sotto l’aspetto della successione delle norme nel tempo, deve registrare due eventi principali.

Il primo evento, è quello dell’entrata in vigore della legge- quadro dello Stato 22.2.2001 n. 36 (in seguito legge- quadro), sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici, che viene ad “interporsi” fra la l.r. 54, contenente la disciplina in materia di radiocomunicazioni, e la delibera del consiglio regionale della Toscana 16.1.2002 n. 12 (in seguito d.c.r. 12), adottata in attuazione dell’art. 4, comma uno, della predetta l.r. 54 (si veda preambolo e primo punto dispositivo) cioè: per definire i criteri generali per la localizzazione degli impianti e l’identificazione delle aree sensibili.

Il secondo evento, è dato dall’entrata in vigore della legge costituzionale 18.10.2001 n. 3 (modifiche al titolo V° della parte seconda della Costituzione), che- a sua volta- viene ad “interporsi” fra la precedente disciplina legislativa e la d.c.r. 12 impugnata .

2.2. Poste queste premesse, va ricordato che la prima regolamentazione statale in materia di tetti di radiofrequenza compatibili con la salute umana è data dal d.m. 10.9.1998 n.381 (in seguito d.m. 381) emanato in attuazione dell’art. 1, comma 6, lett. a), n. 15, della legge 31.7.1997 n. 249. Tale d.m. 381 – al quale tutti gli atti impugnati fanno riferimento a diverso titolo- ha stabilito in via cautelativa, per le esposizioni a campi elettromagnetici per tempi prolungati da parte di recettori sensibili non esposti per ragioni professionali, che in corrispondenza di edifici adibiti a permanenze non inferiori a quattro ore non devono essere superati, indipendentemente dalla frequenza, i seguenti valori mediati su un’area equivalente alla sezione verticale del corpo umano e su qualsiasi intervallo di sei minuti: 6 V/m per il campo elettrico, 0,016 A/m per il campo magnetico, intesi come valori efficaci e, per frequenze comprese tra 3 Mhz e 300 GHz, 0,10 W/m2 per la densità di potenza dell’onda piana equivalente (art. 4, comma 2).

Lo stesso d.m. 381 (art. 4, comma tre), ha attribuito alle regioni ed alle province autonome di Trento e Bolzano il compito di definire la disciplina per l’installazione e la modifica degli impianti di radiocomunicazione e le azioni di risanamento, al fine di garantire il rispetto dei limiti sopra indicati ed il raggiungimento di eventuali obiettivi di qualità. Nessuna competenza in materia era stata assegnata ai comuni e tale principio è stato affermato chiaramente nelle diverse pronunce dei giudici amministrativi che hanno annullato la difforme regolamentazione dettata da taluni enti comunali (cfr. TAR Toscana, sez. 1, 26.7.2001 n. 1266; idem, 30.1.2002 n.65; TAR Veneto, sez. 2, 2.2.2002 n. 347; Consiglio di Stato, sez. VI, 3.6.2002 n. 3095).

Va ricordato in proposito che il d.m. 381 è intervenuto quando già era stato avviato il c.d. federalismo amministrativo con il varo della legge 15.3.1997 n. 59 (modificata dalla legge 16.6.1998 n. 191 del 1998), che riserva(va) allo Stato, tra l’altro,   la tutela dei beni culturali e le comunicazioni (art. 1, comma terzo, lett. d) ed n) ed i compiti di rilievo nazionale per la tutela dell’ambiente e della salute (comma quarto, lett. c). Il decreto legislativo 31.3.1998 n. 112, emanato in attuazione della legge 59 del 1997, avrebbe individuato, poi, all’art. 69, comma uno lett. e), come compiti di rilievo nazionale per la tutela dell’ambiente, la determinazione di valori limite, standard, obiettivi di qualità e sicurezza e norme tecniche necessari al raggiungimento di un livello adeguato di tutela dell’ambiente sul territorio nazionale; e all’art. 83, comma uno, una serie di compiti di rilievo nazionale riguardanti emissioni nell’atmosfera e fissazione dei valori limite e guida della qualità dell’aria.

In attuazione del d.m. 381, la regione Toscana ha promulgato la l.r. 54, nel corpo della quale più volte viene affermato che è fatto salvo il rispetto dei limiti e dei valori contenuti nel d.m. 381 medesimo.

Di rilievo, ai fini della decisione del contenzioso, è la disciplina data all’art. 4 (funzioni regionali), all’art. 6 (funzioni comunali) ed all’art. 8 (azioni di risanamento).

Infatti, con l’art. 4 si stabilisce che la Regione, al fine del raggiungimento degli obiettivi di qualità, detti:

con deliberazione del consiglio regionale, i criteri generali per la localizzazione degli impianti e per l’identificazione delle “aree sensibili” come definite dall’art. 3 (particolare densità abitativa, presenza di infrastrutture e servizi, specifici interessi paesaggistico- ambientale e storico- architettonico);

con delibera di giunta, entro 120 giorni dall’entrata in vigore della legge stessa, le modalità del rilascio delle autorizzazioni comunali, i criteri tecnici per al gestione del catasto regionale degli impianti e per l’attuazione delle azioni di risanamento, le modalità tecniche e procedurali per lo svolgimento dei controlli, le modalità relative alla presentazione, da parte dei titolari degli impianti, delle dichiarazioni inerenti gli impianti installati e dei relativi programmi di sviluppo.

Con gli artt. 6 ed 8, stabilisce che i comuni provvedono al rilascio delle autorizzazioni all’installazione o alla modifica degli impianti di telefonia mobile e di quelli radiotelevisivi; all’attuazione delle misure di risanamento; all’esercizio della funzione di vigilanza e di controllo; allo svolgimento dei compiti di educazione ambientale e di informazione delle popolazioni interessate.

2.3. Questo era l’assetto normativo vigente alla data d’entrata in vigore della legge- quadro.

Tale legge, oltre all’enunciazione dello scopo di dettare principi fondamentali diretti alle finalità elencate nelle lettere a), b), e c) dell’art. 1, del suo ambito di applicazione e delle definizioni (tra le quali riveste importanza quella relativa agli obiettivi di qualità: art. 3, comma uno, lett. d), indica quali sono le funzioni dello Stato, e le competenze delle regioni e dei comuni.

L’art. 4 stabilisce che lo Stato esercita le funzioni relative: a) alla determinazione dei limiti d’esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità, in quanto valori di campo come definiti dall’art.3, comma 1, lettera d), numero 2), in considerazione del preminente interesse nazionale alla definizione di criteri unitari e di normative omogenee in relazione alle finalità di cui ai principi generali indicati nell’art. 1; d) alla determinazione dei criteri di elaborazione dei piani di risanamento di cui all’art. 9, comma 2; e) all’individuazione delle tecniche di misurazione e di rilevamento dell’inquinamento elettromagnetico; f) alla realizzazione di accordi di programma con i gestori (..) esercenti di impianti di telefonia mobile, al fine di promuovere tecnologie e tecniche di costruzione degli impianti che consentano di minimizzare le emissioni nell’ambiente e di tutelare il paesaggio.

In base al secondo comma dell’art. 4, i limiti d’esposizione, i valori di attenzione e gli obiettivi di qualità, le tecniche di misurazione e di rilevamento dell’inquinamento elettromagnetico ed i parametri per la previsione di fasce di rispetto per gli elettrodotti, sono stabiliti per la popolazione da un apposito decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri da emanare entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge; mentre alla determinazione dei criteri di elaborazione dei piani di risanamento, si provvede con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri da emanare entro 120 giorni dalla medesima data. In proposito l’art. 16 della legge stabilisce che fino alla data di entrata in vigore del decreto di cui all’art. 4, comma 2, lett. a), si applicano le disposizioni del d.m. 381.

L’art. 8, nel disciplinare i compiti delle regioni, prevede che tra l’altro sono di competenza delle stesse, nel rispetto dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità, nonché delle modalità fissati dallo Stato, fatte salve le competenze dello Stato e delle autorità indipendenti:

 

a) l’esercizio delle funzioni relative all’individuazione dei siti di trasmissione e degli impianti di telefonia mobile, degli impianti radioelettrici e di radiodiffusione, ai sensi della legge 249 del 1997, e nel rispetto del decreto di cui all’art. 4, comma 2, lett. a);

c) le modalità di rilascio delle autorizzazioni all’installazione degli impianti;

e) l’individuazione degli strumenti e delle azioni per il raggiungimento degli obiettivi di qualità di cui all’art. 3, comma 1, lett. d), n.1: ossia la definizione dei criteri adeguati per tale individuazione (combinato delle due disposizioni).

Relativamente ai comuni, l’ultimo comma dell’articolo 8 dà agli stessi la possibilità di emanare un regolamento per assicurare il corretto insediamento urbano e territoriale degli impianti e minimizzare l’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici.

L’art. 9 infine, stabilisce che entro dodici mesi dall’entrata in vigore del decreto di cui all’art. 4, comma 2, lett. a), la regione adotta, su proposta dei soggetti gestori e sentiti i comuni interessati, un piano di risanamento al fine di adeguare, in modo graduale, e comunque entro il termine di ventiquattro mesi, gli impianti radioelettrici già esistenti ai limiti di esposizione, ai valori di attenzione ed agli obiettivi di qualità stabiliti secondo le norme della stessa legge.

2.4. In tale contesto normativo è entrata in vigore  la riforma del titolo V° della Costituzione varata con la legge costituzionale 18.10.2001 n. 3.

I punti salienti di tale riforma, sempre ai fini della decisione, sono:

l’art. 117, secondo comma, lett. s), che affida alla competenza esclusiva dello Stato l’ambiente, l’ecosistema ed i beni culturali;

l’art. 117, terzo comma, che affida alla competenza concorrente la tutela della salute, l’ordinamento della comunicazione e la valorizzazione dei beni culturali ed ambientali, stabilendo all’ultima parte che nelle materie di legislazione concorrente spetta alle regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei principi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato;

l’art. 118, che stabilisce il principio che le funzioni amministrative sono attribuite ai comuni, salvo che, per assicurarne l’esercizio unitario, esse siano conferite ad enti maggiori secondo il principio di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza;

l’art. 120, che prevede l’esercizio del potere sostitutivo del Governo secondo procedure stabilite dalla legge nei casi indicati dal secondo comma.

2.5. Questa la ricostruzione del quadro normativo complessivo alla data di adozione della d.c.r. 12.

3) Entrando nel merito delle questioni, occorre subito sgombrare il campo dalla questione di costituzionalità che è stata adombrata (in prospettiva) dalla regione Toscana con riferimento alla recente entrata in vigore del decreto legislativo 4.9.2002 n. 198, recante disposizioni volte ad accelerare la realizzazione delle infrastrutture di telecomunicazioni strategiche, in attuazione della delega contenuta nell’art. 1, comma 2, della legge 21.12.2001 n. 443.

Più precisamente dalla Regione ne è stata prospettata, in via subordinata, l’incostituzionalità sotto vari profili o la difformità con il principio di precauzione contenuto nella normativa europea.

Ritiene il Collegio che la controversia debba essere risolta sulla base delle norme vigenti al momento dell’emanazione degli atti oggetto di ricorso   (principio del “tempus regit actum”) dal momento che il decreto 198 del 2002 è intervenuto quando si erano già concretizzate- sui soggetti gestori- le ricadute della contestata disciplina restrittiva in materia di impianti di telefonia mobile. Si tratta di ricadute potenzialmente idonee a determinare effetti (ritardo nell’attuazione delle programmate nuove installazioni e blocco dei progetti già presentati) che permangono ad oggi con possibili contraccolpi economici suscettibili di valutazione ai fini del risarcimento dei danni anche con separata azione giurisdizionale. Donde, l’interesse all’annullamento degli atti impugnati e l’irrilevanza delle questioni di costituzionalità e conformità alla normativa europea sollevate in ordine al decreto 198 del 2002. Tale normativa  potrà essere di rilievo per il futuro quando avranno inizio i procedimenti che comporteranno la sua concreta applicazione.

Allo stesso modo irrilevante è, ai fini della decisione, la pendenza del conflitto d’attribuzione sollevato dallo Stato riguardo alla delibera regionale 12 del 2002 (vedi ricorso alla Corte cost.le in Gazz. Uff. 1^ serie speciale, n. 25 del 26.6.2002). Infatti, il conflitto d’attribuzione opera sotto il diverso profilo della rivendicazione dell’esercizio delle competenze secondo la distribuzione delle materie contenuta nella Carta costituzionale e riguarda un atto amministrativo non soggetto direttamente, in via incidentale (o principale), a giudizio di costituzionalità. Questo, semmai, riguarderebbe la legge richiamata nella delibera regionale impugnata. Inoltre, sono dedotti in questo giudizio profili di censura che prescindono da un rapporto diretto con la questione oggetto del conflitto di attribuzione pendente.

Ne consegue che non ricorre, a termini dell’art. 295 del codice di procedura civile, alcuna ipotesi di pregiudizialità necessaria che imponga di sospendere le cause in esame in attesa della definizione del giudizio pendente dinanzi alla Corte costituzionale.

4) Tornando, quindi, alla d.c.r. 12, va evidenziato che essa, benché richiami nelle premesse la legge- quadro, interviene in primo luogo- come si è già ricordato- in attuazione della l.r. 54.

Al di là della questione, che non rileva ai fini della decisione, del contenuto (regolamentare od amministrativo generale) dell’atto regionale (l’art. 21 dello statuto della regione Toscana stabilisce una procedura non osservata nella pubblicazione della d.c.r. 12, mentre l’ultima parte del dispositivo della delibera stessa richiama la legge regionale toscana 9 del 1995 sul procedimento amministrativo che all’art. 41 indica fra gli atti soggetti a pubblicità/conoscenza gli atti amministrativi generali), va rilevato lo scostamento della delibera in questione dalla l.r. 54 richiamata. Infatti, il consiglio regionale, al di fuori della sede legislativa, supera la disciplina normativa sostanziale, per esercitare una funzione suppletiva a causa del mancato intervento del decreto presidenziale previsto dalla legge statale vigente, richiamata nella legge  regionale che afferma di volere attuare. Ciò, appare evidente dal secondo “Considerato” del preambolo, dove si fa riferimento all’art. 16 della legge- quadro (che fa salve le disposizioni del d.m. 381 fino alla data di entrata in vigore del decreto di cui all’art. 4, comma 2, lett. a), e dal successivo “Preso atto che il suddetto decreto a tutt’oggi non è stato emanato”.

Le disposizioni suppletive, in assenza del previsto decreto statale, traggono il loro contenuto dalla “Valutazione” espressa in data 5 marzo 2001 dall’Agenzia Regionale di Sanità e dalla “Mozione per l’emanazione immediata di un regolamento contro l’inquinamento elettromagnetico” del consiglio regionale del 10 aprile 2001 n. 196.

4.1. La funzione della d.c.r. 12 è poi chiarita dall’ultimo “Considerato” nel quale si precisa che ai sensi dell’art. 4, comma 1, della l.r. 54, il consiglio regionale definisce i criteri generali per la localizzazione degli impianti ed i criteri inerenti l’identificazione delle aree sensibili: ossia quei criteri che avrebbero dovuto essere dati ai sensi dell’ultimo comma dell’art. 4 del d.m. 381.

Dalla delibera regionale e dai richiamati documenti è possibile desumere che il consiglio della regione Toscana ha inteso muoversi, cogliendo l’opportunità offerta dall’attuazione della l.r. 54, nella logica del principio di “precauzione” oggetto delle raccomandazioni espresse nel parere dall’Agenzia Regionale di Sanità (all. 3 alla delibera).

Concretamente, quanto ai criteri generali per la localizzazione degli impianti (all. 1), la delibera regionale:

– ha fissato il principio che gli impianti di diffusione radiofonica e televisiva, nonché gli impianti per telefonia cellulare possano essere installati esclusivamente all’interno delle aree identificate come compatibili dal comune, previa verifica della conciliabilità con altri vincoli eventualmente esistenti, in funzione della potenza della sorgente da installare e del contesto insediativo, nel rispetto di quanto prescritto per le aree sensibili (entro 120 giorni dalla pubblicazione della delibera i comuni avrebbero dovuto, con l’ausilio dell’ARPAT e delle ASL, identificare le aree);

– ha identificato le aree sensibili distinguendole in due tipi: a) aree di interesse storico- architettonico e paesaggistico- ambientale (dove devono evitarsi impatti di tipo visivo); b) aree comprese entro il perimetro di 50 metri da asili, scuole, ospedali, case di cura, aree verdi attrezzate, aree destinate all’infanzia, aree di particolare densità abitativa (da identificare dai comuni sempre entro i 120 giorni).

Quanto agli obiettivi di qualità inerenti le aree sensibili (all. 2):

– ha fissato il valore di 0,5V/m per i campi elettrici generati da impianti fissi per telefonia cellulare e di 3V/m per quelli generati da tutte le sorgenti inquinanti rientranti nel campo d’applicazione della l.r. 54, misurati secondo le disposizioni contenute nell’art. 4, comma 2, del d.m. 381, come obiettivi di qualità da raggiungere nelle aree sensibili come identificate prima;

– ha fissato in un anno ed in tre anni (sempre dalla pubblicazione della delibera) il termine per il raggiungimento rispettivamente del valore di 3V/m e di 0,5V/m per i campi elettrici generati da impianti di telefonia cellulare, ed in tre anni il termine per il raggiungimento del valore di 3V/m per i campi elettrici generati da tutte le altre sorgenti rientranti nel campo di applicazione della l.r. 54;

– ha stabilito che i comuni provvedono, secondo le modalità del regolamento di cui all’art. 4, comma 2, della legge regionale medesima, alle azioni di risanamento sugli impianti esistenti ed alla loro rilocalizzazione nel caso che sia impossibile per motivi tecnici il raggiungimento dell’obiettivo di qualità di cui sopra. Tale rilocalizzazione è obbligatoria qualora si tratti di aree sensibili di tipo b);

– ha, infine, stabilito che i nuovi impianti da installare eventualmente all’interno delle aree sensibili di tipo b) debbano conformarsi con decorrenza immediata al rispetto del valore di 3V/m per i campi elettrici generati da impianti fissi per telefonia cellulare e raggiungere l’obiettivo di qualità di 0,5V/m entro due anni dal rilascio dell’autorizzazione comunale e comunque non oltre tre anni dalla pubblicazione della delibera (l’adeguamento immediato al valore di 3V/m è invece stabilito per i campi elettrici generati da tutte le altre sorgenti inquinanti rientranti nel campo di applicazione della legge).

4.2. Dall’esame delle prescrizioni su riportate si rileva, innanzi tutto, che da un lato, si dimezzano (inasprendoli) i valori di campo fissati dal d.m. 381 che la d.c.r. 12 avrebbe dovuto attuare nel rispetto della l.r. 54; dall’altro si rinvia all’art. 4, comma due, ed agli allegati B e C dello stesso decreto per le misurazioni dei campi elettrici. Tuttavia dall’insieme del quadro normativo richiamato e dalle considerazioni sopra svolte è da escludere, anche alla luce del nuovo assetto costituzionale, alcun contrasto della l.r. 54 con la normativa statale: tale strumento legislativo appare al Collegio sostanzialmente conforme ai principi contenuti nelle norme statali. Anche in ordine alle norme che prevedono la definizione di criteri generali in materia di localizzazione degli impianti e di identificazione delle aree sensibili, il legislatore regionale ha operato in coerenza con l’ultimo comma dell’art. 4 del d.m. 381 e comunque, la sopravvenuta legge quadro dà conferma della competenza regionale in materia di definizione dei criteri stessi (art. 3, primo comma lett. d) e art. 8, primo comma, lett. e).

4.3. Sono fondate, invece, le censure con le quali si deduce il contrasto fra l’allegato 2 della d.c.r. 12 e la normativa statale prima richiamata. Nell’intento di perseguire il raggiungimento di un obiettivo di qualità- si ripete in attuazione del d.m. 381-, il consiglio regionale ha modificato (inasprendoli) i limiti di campo elettromagnetico fissati per gli impianti di telefonia mobile in sede nazionale e, contraddicendo la stessa legge regionale che doveva attuare, ha esercitato un potere che ha intaccato l’assetto unitario ed omogeneo della disciplina statale in materia di limiti di esposizione ai campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici a protezione della popolazione, determinando una disarmonia nella disciplina stessa, negativamente incidente sul corretto esercizio del servizio di telefonia mobile, soggetto tra l’altro alla vigilanza dell’Autorità Garante per le comunicazioni.

4.4. E’ fondata, anche, la doglianza che deduce la genericità dei criteri di localizzazione ed identificativi delle aree sensibili contenuti nell’allegato 1, in specie quelle di tipo b), nelle quali sono accomunate, in un limite di distanza di cui non si comprende il criterio di individuazione, situazioni differenziate, quanto ai parametri dati ed al tempo di permanenza e (questo si indefinito) alla densità abitativa, lasciandosi alla discrezionalità dei comuni l’applicazione di locuzioni generiche e l’individuazione di aree idonee  o compatibili; come pure l’esclusione   delle aree sensibili da ogni localizzazione.

Tale vaghezza e genericità concreta un vizio di legittimità della d.c.r. 12 impugnata, in quanto i parametri suddetti, insieme alla riduzione dei valori di campo elettrico, danno la misura della rilevante incidenza che le nuove disposizioni, sotto la motivazione del perseguimento del principio di precauzione a tutela della salute, hanno sullo svolgimento del servizio di telefonia da parte dei gestori legittimati dall’Autorità Garante e quindi sugli ambiti trasversali delle competenze dello Stato in altri settori di materie.

Deve osservarsi al riguardo che la Regione, nell’esercitare il suo compito di dettare i criteri generali, deve fornire agli enti comunali le necessarie linee guida che consentano un coerente esercizio del potere regolamentare di completamento agli stessi attribuito, onde evitare che la medesima (regolamentazione) finisca per esplicarsi quasi nell’ambito di una delega in bianco con i conseguenti risvolti negativi di una disciplina disomogenea- se non contrastante- a livello comunale, regionale e nazionale.

Del resto, lo stesso parere contenuto nell’allegato 3, espresso dall’Agenzia regionale di Sanità, conclude che “i risultati della ricerca scientifica, ed in particolare degli studi epidemiologici, non sono al momento attuale adeguati (e non possono esserlo) né per affermare né per escludere in assoluto possibili effetti dannosi per la salute dalle emissioni in questione, purché queste non raggiungano la intensità sufficiente per determinare un innalzamento della temperatura negli organismi degli esposti”. Ora non si desume dagli atti impugnati in base a quale studio o ricerca scientifica la Regione abbia ritenuto ragionevole l’imposizione di un perimetro di cinquanta metri di distanza rispetto ai rischi di esposizione, quando il d.m. 381 all’art. 4 collega le misure di cautela ai valori di esposizione fissati nel secondo comma. Il principio di precauzione richiede sempre un riferimento a dati scientifici attendibili, specie laddove interferisce con i limiti dei valori di campo definiti a livello nazionale.

4.5. Né rileva sulla questione in esame l’entrata in vigore della modifica del titolo V° della Costituzione che, invertendo il precedente criterio contenuto nell’originario testo dell’art. 117, ha riconosciuto alle Regioni competenza legislativa esclusiva in tutte le materie non riservate alla competenza esclusiva dello Stato e la competenza concorrente in materia di tutela della salute. Ed invero, come emerge dalla ricostruzione del quadro normativo, la riforma, pur ampliando indubbiamente l’ambito delle competenze regionali specie in importanti materie a legislazione concorrente, ha mantenuto ferma la riserva della legislazione dello Stato quanto alla determinazione dei principi fondamentali. E ciò vuol dire che le regioni devono adeguarsi, nell’esercizio della loro potestà legislativa, ai principi medesimi, specialmente laddove l’intervento in un ambito di materia finisce per interferire con competenze dello Stato, coinvolgendo trasversalmente altre materie soggette a competenza esclusiva (ambiente) e concorrente (ordinamento della comunicazione e governo del territorio). Ora, anche dopo l’entrata in vigore della riforma costituzionale la legge- quadro detta i principi fondamentali in materia di protezione dalle esposizioni a campi magnetici, elettrici ed elettromagnetici e l’esercizio della competenza concorrente da parte delle regioni, sarebbe comunque subordinata all’emanazione di un’apposita legge: la Corte Costituzionale ha, in proposito, affermato che nella fase di transizione dal vecchio al nuovo sistema di riparto di competenze, la legislazione regionale concorrente dovrà svolgersi nel rispetto dei principi fondamentali comunque risultanti dalla legislazione statale già vigente (sentenza 26.6.2002 n.282). Donde sotto tale ulteriore aspetto l’illegittimità della disciplina dettata dall’impugnata d.c.r. 12.

4.6. La mancata emanazione del decreto presidenziale previsto dalla legge- quadro non giustifica, poi, l’adozione della delibera regionale stessa, in quanto l’art. 16 della legge- quadro ha espressamente mantenuto ferme, in via transitoria le disposizioni del d.m. 381 fino alla data di entrata in vigore del decreto presidenziale di cui all’art. 4 secondo comma, lett. a), e non fino alla scadenza del termine ordinatorio per la sua adozione. Non è, quindi, contemplato e consentito l’intervento suppletivo delle regioni alla scadenza del termine suddetto.

4.7. In concreto, non con la legge, ma con un atto amministrativo la regione Toscana ha superato i limiti fissati dalla normazione statale in materia di protezione dalle esposizioni ai campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici.

Ciò comporta, da un lato, la manifesta infondatezza della questione di costituzionalità sollevata; dall’altro l’illegittimità della d.c.r. 12, sia nella parte in cui si discosta dai limiti di esposizione indicati dal d.m. 381, stabilendo i tempi dell’adeguamento dei nuovi impianti e del risanamento di quelli esistenti, sia nella parte in cui detta in modo impreciso e generico i criteri di localizzazione degli impianti e di individuazione delle aree sensibili. Ed infatti, anche in riferimento ai limitati compiti di pianificazione territoriale, che l’ultimo comma dell’art. 8 della legge- quadro assegna ai comuni, tali criteri lasciano troppi ed ampi spazi all’autonomia regolamentare dei comuni in materia di localizzazione e risanamento degli impianti, contraddicendo l’obiettivo dell’unitarietà di indirizzo a cui dovrebbero tendere i criteri generali.

4.8. L’opinione del Collegio trova conforto nelle stesse pronunce della Corte Costituzionale richiamate dalla difesa della Regione, nelle quali il potere degli enti regionali di determinare limiti più severi di quelli fissati dallo Stato a maggior tutela della protezione della salute è stato riconosciuto nell’ambito delle distanze e non dei limiti massimi d’esposizione. In proposito è utile richiamare la disciplina regionale in materia di impianti elettrici dove la l.r. toscana n. 51 del 1999 è intervenuta nel rispetto dei limiti di esposizione fissati dalla normativa statale (art. 16), operando sui valori di qualità dei progetti e sulle distanze dai conduttori, coerentemente con la normativa statale che in proposito fissa tetti minimi invalicabili a tutela della salute, con la possibilità, quindi, per le regioni di stabilire distanze maggiori dagli impianti.

In definitiva, la d.c.r. 12 è illegittima insieme alle disposizioni contenute negli allegati “1” e  “2”, sotto i profili assorbenti della violazione degli artt. 4, 5, 8, 9 e 16 della legge- quadro; del d.m. 381; della l.r. 54; nonché per difetto dei presupposti.

5) La fondatezza del ricorso non consente, però, di accogliere la domanda di risarcimento danni, non esistendo agli atti di causa di parte ricorrente elementi che consentano di valutare il concreto pregiudizio economico subito per effetto dei provvedimenti impugnati.

6) In conclusione, assorbito quant’altro, il ricorso va accolto nei sensi e nei limiti indicati, con il conseguente annullamento della d.c.r. 12 e delle disposizioni contenute nei suoi allegati “1” e “2”.

Sussistono giusti motivi, data la novità degli argomenti trattati, per la compensazione integrale delle spese di giudizio.

P. Q. M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana, Sezione I^, definitivamente pronunciando, accoglie, nei sensi e nei limiti indicati in motivazione, il ricorso e per l’effetto annulla la delibera del consiglio regionale n.12 del 2002 e le disposizioni contenute negli allegati “1” e “2” della delibera stessa.

Compensa le spese di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.

Così deciso in Firenze, il giorno 11 dicembre 2002, dal Tribunale Amministrativo Regionale della Toscana, in Camera di Consiglio, con l’intervento dei signori:

Giovanni VACIRCA  – Presidente

Maurizio NICOLOSI – Consigliere est.

Giuseppe DI NUNZIO – Consigliere

F.to Giovanni Vacirca

F.to Maurizio Nicolosi est

F.to Mario Uffreduzzi – Direttore della Segreteria

DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL 16 GENNAIO 2003

Firenze, lì 16 GENNAIO 2003

IL DIRETTORE DELLA SEGRETERIA

F.to Mario Uffreduzzi