18 GIUGNO 1979
SENTENZA DELLA PRETURA CIRCONDARIALE DI MILANO, SEZIONE CIVILE
(Omissis). – Accertata positivamente la competenza di questo pretore in ordine alla domanda possessoria, occorre riscontrare se ricorrano le condizioni soggettive per la proposizione dell’azione di manutenzione da parte della SIART. Questa società, che trasmette sul canale UHF 59 soltanto dal 9 gennaio 1979, non ha maturato il possesso oltreannale richiesto dall’art. 1170, comma 2, c.c.; essa chiede peraltro ex art. 1146, comma 2 c.c. di poter sommare il proprio possesso a quello della Soc. Elettronica Industriale di Lissone che per alcuni anni aveva usato il canale UHF 59 per ripetizione di programmi Svizzeri in Milano e provincia, e che con «convenzione» datata 9 gennaio 1979 (reg. il 10 aprile 1979) aveva concesso alla SIART il noleggio per la durata di un anno ed una settimana del complesso di beni organizzati per la trasmissione di programmi televisivi, denominato brevemente «impianto», nonchè il conseguenziale diritto, acquisito mediante preuso, di irradiare, col detto impianto o con altro, programmi televisivi sul canale UHF 59 (v. art. 1 dec. 15 della ricorrente). Inoltre la Elettronica Industriale si obbligava ad abbandonare l’uso del canale UHF 59 in via definitiva in favore della SIART (v. art. 3 doc. cit.). Un’attenta esegesi della citata convenzione – unitamente al dato di fatto che poche settimane dopo, entro lo stesso mese di gennaio 1979, la SIART sostituì il vecchio trasmettitore della Elettronica Industriale da 400 Watt, rimpiazzandolo con altro trasmettitore da 1000 Watt (v. sommarie informazioni ed ammissioni del leg. rapp. della SIART, Rigamonti) – convincono che il solo bene che la Elettronica Industriale realmente noleggiava o meglio cedeva «in via definitiva» alla SIART l’uso del canale UHF 59.
A questo punto si pone il problema, rispetto al quale non risultano precedenti noti in giurisprudenza, consistente nel quesito se possa ammettersi la cessione a titolo particolare fra due soggetti dell’uso di un canale televisivo. Ad una risposta positiva potrebbe pervenirsi ove si definisce – come talvolta è stato fatto – il canale televisivo una energia elettromagnetica, avente valore economico, e come tale possibile oggetto di rapporti giuridici anche separatamente «dalla università di beni nella quale è ricompreso (rif. art. 814 ed 816, comma 2 c.c.). Ma la definizione non sembra pertinente, e poggia sulla confusione fra due entità, fra contenuto e contenente. Ed infatti un più approfondito esame può condurre a definire energia il fascio di onde elettromagnetiche emesso da un trasmettitore televisivo, ma non certo il «canale» nell’ambito del quale il fascio di onde scorre e si irradia; mentre il «canale» altro non è che una sezione determinata di spazio, un corridoio di etere delimitato, entro il quale corrono e si espandono le predette onde elettromagnetiche, emesse da una o più stazioni trasmittenti. Orbene l’etere, lo spazio aereo è giuridicamente e di fatto compreso fra i beni «comuni» e «non commerciabili», così come le acque interne ed internazionali. Come queste ultime ai fini del traffico marittimo e di installazioni in superficie ed in profondità (piattaforme, canalizzazioni, pipe-lines), anche lo spazio aereo o etere può essere ed è oggetto di convenzioni internazionali (v. Convenzione di Stoccolma del 1961) e di regolamentazioni interne dei singoli Stati, ai fini della canalizzazione – come del traffico aeronautico – così dei fasci di onde radiotelevisive, per disciplinarne il transito e prevenirne le interferenze. I singoli Stati provvedono poi, con modalità varie e mediante concessioni ed autorizzazioni, all’assegnazione dei canali ad aziende televisive nazionali per evitare interferenze nell’ambito di uno stesso canale ed assicurare la manifestazione del pensiero. Nell’attuale momento storico, che trova l’Italia sprovvista, dopo la nota sentenza n. 202 del 1976 della Corte Costituzionale, di una auspicata disciplina legislativa della materia, la prevalente giurisprudenza di merito, nel doveroso e difficile compito di abbozzare caso per caso un certo grado di disciplina nel traffico privato dell’etere, ha fatto ricorso a concetti possessori, riconoscendo e tutelando un possesso d’uso fondato sulla priorità di utilizzazione di fatto da parte di singole imprese televisive. Ma in questa precaria disciplina possessoria, sussidiaria all’inesistente regolamentazione legislativa, si ritrova la conferma dell’assunto, sopra enunciato, della incommerciabilità ed intrasferibilità dell’uso di un corridoio di etere o canale televisivo. L’uso infatti è il più «personale» fra i diritti reali: la caratteristica che lo distingue dall’usufrutto è la limitazione del godimento al soggetto che ne è titolare (o che, come nella specie, ne ha di fatto il possesso) in proporzione al suo personale bisogno. Corollario di tale principio è la tassativa disposizione dell’art. 1024 (che certa giurisprudenza ritiene derogabile solo per patto espresso col nudo proprietario, nella specie inesistente): il diritto di uso – ed a maggior ragione l’uso di fatto o possesso d’uso – non si può cedere né dare in locazione ad altri. Da tale norma deriva la inesistenza giuridica e la inefficacia della cessione del canale UHF 59 da parte della Elettronica Industriale – che fra l’altro era semplice «detentrice» per la ripetizione di programmi esteri ex legge n. 183 del 1975; con la conseguenza che la SIART, non essendo successore a titolo particolare, non può invocare l’accessio possessionis di cui all’art. 1146 c.c.. La proposta azione di manutenzione dev’essere dichiarata inammissibile per difetto del requisito soggettivo dell’ultrannalità del possesso in capo alla ricorrente SIART. (Omissis)