19 settembre 1986 Sentenza n. 646/86 del T.A.R. Lombardia, Sez. I

19 SETTEMBRE 1986

SENTENZA N. 646/86 DEL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA LOMBARDIA, SEZIONE I

 

sul ricorso n. 3997/1985 proposto da

S.R.L. CENTRO PRODUZIONE RADIO RADICALE

Rappresentata e difesa dagli avv.ti Valeria Colombo e Giorgio Giacomini ed elettivamente domiciliata presso quest’ultimo in Milano, via le Bianca Maria, 10

contro

il CIRCOSTEL di Milano e l’Amministrazione PP.TT. costituitisi in giudizio, rappresentati e difesi dalla avvocatura dello Stato e domiciliati presso la stessa in Milano, via Freguglia 1

e nei confronti

della RAI – RADIOTELEVISIONE ITALIANA S.p.A.

costituitasi in giudizio, rappresentata e difesa da avv.ti Franco Formiggini Pasotelli, Rubens Esposito e Alessandro Savini

ed elettivamente domiciliata presso il primo in Milano, via S. Maria Podone 3 avverso e per l’annullamento – previa sospensione – dell’ordinanza di disattivazione d’ufficio dell’impianto trasmittente dell’emittente radiofonica “Radio Radicale” a firma del direttore del CIRCOSTEL di Milano in data 30/10/1985; notificata il 6/11/1985.

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio degli intimati;

viste le memorie prodotte dalle parti resistenti a sostegno delle proprie difese;

Visti gli atti tutti della causa;

Udito, alla pubblica udienza del 28 Febbraio 1986 il relatore dr. Adriano Leo;

Uditi, altresì, gli avv.ti Colombo, G. Giacomini e Modenesi per la società ricorrente;

l’avvocato dello Stato Poli per la Amm.ne PP.TT.;

l’avv. L. Colombi, in sostituzione dell’avv. Formiggini Pasotelli per la controinteressata;

Ritenuto in fatto e in diritto quanto segue:

FATTO

Con il ricorso in epigrafe si espone:

– che anteriormente al settembre 1985, a seguito di controlli tecnici eseguiti in località Monte Quarone in provincia di Vercelli, la RAI di Torino accertava che la ricorrente s.r.l. Centro Produzione Radio Radicale effettuava emissioni radiofoniche PATT A 87,750 Mhz, in banda assegnata a radiodiffusione nel Piano Nazionale di ripartizione delle radiofrequenze (D.M. 31.1.1983); emissioni che interferivano con la ricezione della rete TV1 dell’impianto RAI di Torino Eremo – Canale “C” – freq. 81-88 Mhz; – che la RAI segnalava ciò al CIRCOSTEL (Circolo Costruzioni TT) di Milano il quale, con provvedimento 5.9.1985 n. 7280/85/CC diffidava il responsabile dell’emittente Radio Radicale – sede di Milano – ad eliminare le suddette interferenze entro cinque giorni dalla notifica del provvedimento stesso;

– che, in risposta a tale diffida, la istante società notificava all’ESCOPOST di Milano ed alla RAI un atto stragiudiziale, con cui – richiamate le note 14 e 15 del Piano Nazionale delle Frequenze e l’art. 10.3 lett. D del D.P.R. n. 521/1981 – sosteneva che le predette interferenze – delle quali non contestava la sussistenza – si verificavano sul Monte Quarone dove è collocato un impianto RAI che impiega il canale “C” non per l’utilizzo diretto del TV 1 nella zona di Torino ma per ritrasmettere su altro impianto, realizzando così – attraverso “una ripetizione in banda” – un “collegamento tra punti fissi” e cioè un’operazione per la quale il detto Piano Nazionale prevede altre bande di frequenze (Mhz 890/915,935/960, 1427/1535, 1900/2300, ecc.);

– che la RAI, con nota 30.10.1985 n. AL/Cont./5054/04767, contestava il contenuto della diffida stragiudiziale della istante ed affermava che il termine “località” di cui alla nota 14 del D.M. 31.1.1983 “prescinde da ogni riferimento all’area di servizio ed è diretto invece ad indicare il luogo in cui è ubicato l’impianto trasmittente, legittimando così l’uso del Canale televisivo C sia per servizio alla utenza che per alimentare successivi ripetitori tramite collegamenti a rimbalzo quale quelle di Monte Quarone”;

– che con provvedimento 30.10.1985 n. CC TT/A/17056/85/M il CIRCOSTEL di Milano, dopo aver considerato che le interferenze in questione contravvengono all’art. 18 del D.P.R. 10/8/1981 n. 521 nonché alla legge 14.4.1975 n. 103, ha disposto – ai sensi dell’art. 240 del D.P.R. 29.39.1973 n. 156 – la disattivazione, poi eseguita, dell’impianto trasmittente della istante.

Avverso il teste indicato provvedimento del CIRCOSTEL è insorta la Società istante che, con il gravame in esame, ha dedotto l’illegittimità di tale provvedimento chiedendone – con vittoria di spese e previa sospensione – l’annullamento per i seguenti motivi di censura:

1) violazione degli artt. 3 e 4 L. n. 10/1985, dell’art. 240 D.P.R. n. 156/1973 e dell’art. 18 D.P.R. n. 521/1981;

2) violazione dell’art. 3 L. n. 10/1985 e del D.M. 31.1.1983. – Eccesso di potere per difetto di motivazione in punto di comparazione tra contrapposti pubblici interessi;

3) violazione di legge (art. 10 e 12 D.P.R. n. 521/1961).

Con ordinanza 19.11.1985 n. 1220, questo Tribunale ha respinto la avanzata domanda di sospensione dell’atto impugnato.

Si sono costituite in giudizio la RAI e l’Amministrazione delle Poste e delle Telecomunicazioni e, con memorie ritualmente depositate, hanno sostenuto l’infondatezza del gravame. In più, la RAI ha previamente eccepito l’inammissibilità del ricorso sia per difetto d’interesse in capo alla istante e sia per mancata impugnazione, ad opera di questa, del “provvedimento con il quale è stato alla RAI attribuito il Canale C”; inoltre, la RAI ha chiesto che, in via preliminare, l’adito Tribunale prenda in esame e valuti la questione se in ordine alla presente controversia ricorra la giurisdizione del giudice amministrativo ovvero dell’autorità giudiziaria ordinaria. Le resistenti hanno concluso chiedendo che il ricorso venga respinto e che la istante venga condannata al pagamento delle spese di lite.

Alla pubblica udienza del 26.2.1986, i patroni delle parti hanno ulteriormente insistito nelle loro domande, eccezioni e conclusioni.

DIRITTO

I. La controversia attiene alla materia dell’uso di impianto di radiodiffusione via etere di portata locale, materia nella quale attualmente vige il regime della autorizzazione amministrativa che ha sostituito quello della concessione a seguito della sentenza della Corte Costituzionale 15/28 luglio 1976 n. 202 (cfr., in tal senso, Cons. ST., VI, 14.7.1982 n. 361).

II. Più precisamente, l’impugnativa è rivolta avverso un provvedimento dell’Amministrazione Postale (CIRCOSTEL di Milano), portante la irrogazione della misura sanzionatoria della disattivazione di impianto privato di radiodiffusione per l’avvenuto verificarsi di interferenze tra l’attività dell’emittente privata della ricorrente società ed il pubblico servizio televisivo gestito dalla RAI: il provvedimento risulta adottato nei confronti di una emittente radiofonica privata, alla quale l’art. 3 L. 4.2.1985 n. 10 (di conversione del D.L. 6.12.1984 n. 807) aveva temporaneamente consentito – a certe condizioni e con il divieto di arrecare turbative ai pubblici servizi – la prosecuzione dell’attività sulla banda di frequenza di fatto utilizzata al 31.10.84 ed al 6.12.1984 (87,750 Mhz) e destinata nel Piano Nazionale delle Radiofrequenze del 1983 alla radiodiffusione sonora pubblica e privata.

III. Vanno, anzitutto, esaminate le questioni preliminari sollevate dalla controinteressata RAI.

1) Va, in primo luogo, vagliata la questione della giurisdizione in ordine alla controversia.

Al riguardo, si osserva che, in relazione al sopra evidenziato oggetto della causa, non può non riconoscersi alla ricorrente società una posizione soggettiva qualificata che, nei confronti della P.A., si atteggia come interesse legittimo sia in ragione della provvisorietà e del contenuto del beneficio di cui all’art. 3 L. n. 10/1985 e sia in ragione del suo configurarsi quale posizione soggettiva tutelata dal dovere della stessa P.A. di no sacrificarla, se non nei casi e nei limiti della tutela di preminenti interessi pubblici, tra i quali è da annoverare quello del servizio nazionale di radiotrasmissioni (cfr., in tal senso, Cons. St., VI, 14.7.1982 n. 361 che si richiama a Cass. SS.UU. 1.10.1980 n. 5336 e 19.2.1982 n. 1051).

Pertanto, l’impugnato provvedimento di disattivazione di impianto radiofonico privato in esercizio ai sensi dell’art. 3 citato, incidendo su un interesse legittimo della ricorrente, non è altrimenti configurabile se non come atto amministrativo di natura discrezionale con la conseguenza che il sindacato di legittimità in ordine ad esso non può che spettare al giudice amministrativo.

Va, quindi, affermato che il ricorrente nel caso di specie, della giurisdizione di questo Tribunale.

2) Riguardo all’eccezione di inammissibilità del gravame per asserito difetto d’interesse in capo alla istante, si osserva che questa, al momento dell’esperimento dell’azione giudiziaria, rientrava tra i soggetti titolari di emittenti “radiotelevisive” (e cioè di emittenti radiofoniche e di emittenti televisive) private relativamente alle quali il citato art. 3 L. n. 10/1985 ha permesso in via temporanea la prosecuzione dell’attività, con il divieto – tuttavia – di determinare situazioni di incompatibilità con i pubblici servizi.

Ora, l’interesse alla prosecuzione di una siffatta attività da parte della istante implica il suo interesse ad agire per la difesa della sua posizione soggettiva lesa dall’impugnato provvedimento amministrativo.

Per tale ragione, l’esaminato rilievo di inammissibilità del gravame non è fondato e va, perciò, respinto.

3) L’eccezione di inammissibilità del ricorso per mancata impugnazione di precedente provvedimento di attribuzione alla RAI dell’uso del canale “C” per alcune località fra le quali la zona di Torino, non può essere condivisa.

Ed invero, a parte il fatto che la controinteressata si limita ad affermare, ma non comprova, che dal suindicato pregresso atto possa essere derivata una qualche lesione alla sfera giuridica della ricorrente, è dato rilevare come una lesione del genere non possa essere stata cagionata se non unicamente dall’atto impugnato, poiché, anteriormente all’adozione di quest’ultimo, la ricorrente era legittimata ad esercitare l’attività di trasmissioni radiofoniche e che ciò le è stato impedito soltanto con l’atto oggetto della presente impugnativa.

L’eccezione in discorso va, quindi rigettata.

III. Si può ora, passare all’esame del merito del ricorso.

All’uopo, giova procedere ad un previo riscontro della disciplina applicabile al caso di specie, contenuta negli artt. 183 – ultimo comma – e 195 del D.P.R. 29.3.1973 n. 156 (come modificati dall’art. 45 L. 14.4.1975 n. 103 e non intaccati dalla pronuncia di incostituzionalità portata dalla citata sentenza n. 202/1976 dalla Corte Costituzionale); nell’art. 240 dello stesso D.P.R. n. 156/1973 e negli artt. 1, 2, 3 e 4 della citata legge n. 10/1985.

L’art. 183, ultimo comma, D.P.R. n. 156/1973 stabilisce che “sono di competenza dell’Amministrazione, nell’ambito del regolamento internazionale delle radiocomunicazioni, l’assegnazione di frequenze radioelettriche per tutte le radiocomunicazioni e la notificazione al Comitato internazionale di registrazione delle frequenze dell’avvenuta assegnazione”: l’organo competente è il Ministro delle PP.TT., come risulta dall’art. 5 del D.M. 31.1.1983 portante l’approvazione del vigente Piano Nazionale di ripartizione delle radiofrequenze.

Il successivo art. 195 configura come reato l’installazione o l’esercizio di impianto di telecomunicazioni non autorizzato (1° comma) e, inoltre, stabilisce che, “indipendentemente dall’azione penale, l’Amministrazione può provvedere direttamente a spese del possessore, a suggellare o rimuovere l’impianto ritenuto abusivo ed a sequestrare gli apparecchi” (ultimo comma).

L’art. 240 dello stesso testo normativo, dopo aver affermato che “è vietato arrecare disturbi o causare interferenze alle telecomunicazioni ed alle opere ad esse inerenti” (1° comma), dispone che “nei confronti dei trasgressori provvedono direttamente, in via amministrativa, i direttori dei circoli delle costruzioni telegrafiche e telefoniche ed i capi degli ispettorati di zona dell’Azienda di Stato per i servizi telefonici, competenti per territorio” (2° comma).

L’art. 1 L. n. 10/1985 pone delle statuizioni con le quali:

a) si ribadisce quanto già stabilito dagli artt. 1, 2 e 3 L. n. 103/1975 e cioè che “la diffusione sonora e televisiva sull’intero territorio nazionale … ha carattere di preminente interesse generale ed è riservata allo Stato” (1° comma), il quale esplica il relativo servizio mediante concessione a società per azioni a totale partecipazione pubblica di interesse nazionale (3° comma);

b) si afferma che, “nell’ordinare il sistema radiotelevisivo, lo Stato di informa ai principi di libertà di manifestazione del pensiero e di pluralismo dettati dalla Costituzione per realizzare un sistema misto di emittenza pubblica e privata” (2° comma);

c) si dispone, da ultimo, che, sino all’entrata in vigore della prevista nuova legge sul sistema radiotelevisivo, il servizio pubblico nazionale e l’attività di radiodiffusione sonora e televisiva dell’emittenza privata (nazionale e locale) sono regolati dalle norme della legge n. 103/1975 non espressamente abrogate e non incompatibili con le disposizioni di essa legge n. 10/1985 (4° e 5° comma).

L’art. 2 stabilisce che “l’attività di radiodiffusione sonora e televisiva dell’emittenza pubblica e privata si svolge sulla base del piano nazionale di assegnazione delle frequenze” (1° comma), il quale è destinato ad individuare – fra l’altro – “i bacini di utenza idonei a consentire la presenza e l’economica gestione, entro i bacini stessi, di un numero di emittenti private tale da evitare situazioni di monopolio ed oligopolio” (2° comma, lett. b).

L’art. 3 contiene una norma transitoria secondo cui, in via temporanea (sino all’approvazione della legge generale sul sistema radiotelevisivo e comunque non oltre sei mesi dalla data di entrata in vigore del D.L. 6.12.1984 n. 807, termine semestrale prorogata fino al 31.12.1985 con D.L. 1.6.1985 n. 223 convertito con L. 2.8.1985 n. 397) “è consentita la prosecuzione dell’attività delle singole emittenti radiotelevisive private con gli impianti di radiodiffusione già in funzione alla data del 1° ottobre 1984, fermo restando il divieto di determinare situazioni di incompatibilità con i pubblici servizi”.

Il successivo art. 4 contiene una disposizione con cui si pone a carico dei destinatari del beneficio di cui all’art. 3, l’onere di inoltrare al Ministero delle PP.TT entro 90 giorni dal 6.12.1984 una denuncia dell’esercizio di radiodiffusione in corso, integrante la denuncia di detenzione di impianti prevista dall’art. 403 D.P.R. 156/1973 ed avente “lo scopo di mettere a disposizione degli organi preposti alla pianificazione elementi idonei per la definizione del piano di assegnazione delle frequenze di cui al precedente art. 2 e per la determinazione dei bacini di utenza”. Alla mancata osservanza di tale onere è stata ricollegata la sanzione di disattivazione degli impianti di che trattasi.

Dalla riferita normativa emerge:

1) che l’emittenza radiotelevisiva privata ha diritto di cittadinanza nel nostro ordinamento a condizione che sia previamente autorizzata dall’Amministrazione Postale e non intralci il pubblico servizio di radiodiffusione avente carattere preminente e riservato allo Stato, che lo esercita a mezzo di società concessionaria d’interesse nazionale (la RAI). Per l’ipotesi che abbia a verificarsi una situazione d’incompatibilità tra l’emittenza privata e l’emittenza pubblica, agli Uffici periferici dell’Amministrazione Postale è conferito il generale potere di adottare i più opportuni provvedimenti idonei ad ovviare a tale situazione;

2) che con la legge n. 10/1985, da cui risultano previste l’emanazione di una normativa organica i subiecta materia e l’adozione di un piano nazionale di assegnazione delle frequenze radioelettriche, sono stati positivamente autorizzati in via temporanea sia la prosecuzione dell’attività di fatto esplicito da emittenti radiotelevisive private già in funzione alla data del 1°.10.1984 e sia l’uso da parte di queste delle frequenze radioelettriche in corso di utilizzazione, facendosi – peraltro – divieto a tali emittenti di arrecare disturbi al pubblico servizio.

E’, pertanto, evidente sia che le emittenti private radiofoniche e televisive, in regola con l’effettuazione della comunicazione ex art. 4 l. n. 10/1985, non possono dirsi abusive con riferimento al periodo in cui il loro esercizio è consentito direttamente dalla legge, e sia che, in caso di sopravvenuta incompatibilità tra la loro attività ed il pubblico servizio gestito dalla RAI, esse non possono ritenersi passivamente assoggettate al generale potere ripristinatorio spettante all’Amministrazione postale ai sensi dell’art. 240 D.P.R. 156/1973. L’esercizio di questo potere non dà, tuttavia, luogo – come si è sopra detto – all’adozione di provvedimenti di un unico tipo, quale la disattivazione dell’impianto che abbia determinato la situazione d’incompatibilità, bensì alla adozione di uno – quello più opportuno – tra i provvedimenti atti ad ovviare ad una siffatta situazione: ad esempio, l’indicazione di prescrizioni idonee allo scopo con l’invito al privato di attuarle entro un congruo termine; l’eliminazione d’ufficio degli inconvenienti prodotti dall’emittente privata; lo spostamento dell’impianto privato con assegnazione di altra frequenza; il suggellamento o la rimozione del medesimo; il sequestro dei relativi apparecchi; ecc. –

Ora, poiché tale potere è chiaramente un potere discrezionale volta a restringere la sfera giuridica del privato, la sua esplicazione è da ritenere non possa avvenire se non mediante un provvedimento motivato che dia conto della valutazione che della insorta situazione d’incompatibilità abbia effettuato l’Amministrazione; della possibilità ovvero dell’impossibilità di ovviare a tale situazione attraverso particolari misure tecniche la cui attuazione possa permettere al privato l’esercizio della consentita attività di radiodiffusione; della conseguente necessità o convenienza di adottare una piuttosto che un’altra delle possibili misure dirette ad eliminare la turbativa di che trattasi.

E’ alla luce delle superiori considerazioni che va risolta la controversia introdotta con il ricorso in epigrafe.

Nella specie, la ricorrente società eserciva in località Monte Vecchia (Como), ai sensi della legge n. 10/1985 ed in vigenza del beneficio ex art. 3 della stessa, un impianto radiofonico sulla frequenza 87,750 Mhz che, nel piano nazionale di ripartizione della radiofrequenze approvato con il citato D.M. 31.1.1983, risulta compresa in una banda (87,5 – 108 Mhz) utilizzata dal Ministero PP.TT “per la definizione di un piano di assegnazione di frequenze alle stazioni di radiodiffusione sonora pubbliche e private” (nota 16 dell’allegato del D.M.).

Ad un certo momento, nel corso del 1985, l’attività radiofonica della ricorrente società si è venuta a trovare in situazione di incompatibilità con il servizio pubblico radiotelevisivo determinando interferenze con la ricezione della rete TV 1 dell’impianto RAI di Torino – Eremo che, sulla banda di frequenza 81 – 88 Mhz, utilizza il canale “C”, destinato nel tempo ad essere sostituito (cfr. art. 10 n. 3 lett. D del D.P.R. 10.8.1981 n. 521).

Di fronte ad un tale stato di cose, il CIRCOSTEL di Milano, avuta la segnalazione dell’inconveniente dalla RAI di Torino ai sensi dell’art. 18 D.P.R. n. 521/1981, con nota 5.9.1985 prot. n. CC.TT./C/7280/85/CC diffidava la ricorrente a far cessare le interferenze entro 5 giorni e faceva presente che, in caso di inottemperanza a tale invito, si sarebbe proceduto nei confronti della ricorrente stessa “a termine di legge, compresa l’eventuale disattivazione dell’impianto”.

Successivamente, con l’impugnato provvedimento il CIRCOSTEL di Milano ordinava la disattivazione d’ufficio dell’impianto, la quale veniva – poi – tempestivamente eseguita.

Il provvedimento risulta adottato sulla base delle seguenti considerazioni: 1) che i disturbi e le interferenze in questione “contravvengono all’art. 18 D.P.R. n. 521/1981 ed alla legge n. 103/1975”; 2) che l’art. 3, 1° comma, e 4, 3° comma, L. n. 10/1985 “prevedono la disattivazione di impianti che determinano situazione di incompatibilità con i servizi pubblici, e cioè causino interferenze ai predetti servizi”; 3) che l’art. 240 del Codice P.T. attribuisce ai direttori dei CIRCOSTEL “la competenza alla rimozione delle turbative alle telecomunicazioni ed alle opere ad esse inerenti”.

L’impugnativa di questo provvedimento, proposta con il gravame in oggetto, si palesa fondata sotto gli assorbimenti profili di censura (contenuti nel 1° e nel 2° motivo di ricorso) con i quali si assume, in sostanza, l’illegittimità dell’atto per errata applicazione degli artt. 3, 1° comma, e 4, 3° comma, L. n. 10/1985 e per difetto di motivazione.

Ed invero, tali norme non prevedono la disattivazione degli impianti radiotelevisivi privati producenti interferenze con il pubblico servizio di radiodiffusione: infatti, il 1° comma dell’art. 3 contiene il solo divieto, per le emittenti private in questa norma contemplate, di arrecare turbative al detto pubblico servizio, mentre il 3° comma dell’art. 4 stabilisce l’irrogabilità della suindicata misura repressiva per ipotesi diverse da quella in discorso (per mancanza o per non tempestività della comunicazione di cui al 1° comma, ovvero per il caso di diffusione da parte delle emittenti private di trasmissioni meramente ripetitive o consistenti in immagini fisse).

Ciò stante, appare chiaro che la fonte normativa da cui l’atto impugnato può trarre giustificazione è rappresentata unicamente dall’art. 240 del Codice postale (approvato con D.P.R. 156/1973) che, giova ripetere, attribuisce ai direttori dei CIRCOSTEL il generale potere di carattere discrezionale di adottare, nei singoli casi concreti, i provvedimento più opportuni al fine di ottenere la eliminazione dei disturbi e delle interferenze arrecati al pubblico servizio delle telecomunicazioni.

Ma ciò impone, come sopra è stato sottolineato, che l’Amministrazione valuti la fattispecie e dia conto, nel formale atto posto in essere allo scopo, sia di tale valutazione e sia delle ragioni che hanno indotto l’Amministrazione stessa a ritenere come opportuna o necessaria, nel caso concreto, l’irrogazione della specifica misura repressiva adottata, la quale – si è già visto – è soltanto una tra le possibili misure che la legge consente ad essa di scegliere.

Nel caso in esame, invece, l’impugnato atto del CIRCOSTEL di Milano non contiene affatto tali elementi limitandosi esso a dare atto della avvenuta produzione, attraverso l’utilizzazione dell’impianto della ricorrente, di interferenze con un pubblico servizio gestito dalla RAI, a dichiarare la illiceità di tali interferenze in relazione a norme positive e ad ordinare sic et simpliciter la disattivazione dell’impianto in discorso.

E’ perciò da ritenere che l’impugnato provvedimento difetti di una idonea motivazione, tanto più necessaria in quanto per il suo tramite si è irrogata la misura repressiva più radicale che ha impedito alla emittente radiofonica della ricorrente società la prosecuzione di una attività consentita temporaneamente dalla legge e suscettiva di autorizzazione definitiva nel quadro del riordino organico del sistema radiotelevisivo preannunciato nella citata legge n. 10/1985.

L’impugnato provvedimento è, dunque, illegittimo e va annullato in accoglimento del ricorso sotto i vagliati profili di censura, rimanendo assorbite le doglianze non esaminate e fatti salvi gli ulteriori provvedimenti di competenza della Amministrazione.

Quanto alle spese di lite, si ravvisano giusti motivi per disporre la loro compensazione tra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia ACCOGLIE il ricorso in epigrafe e, per l’effetto, annulla l’impugnato provvedimento, facendo salvi gli ulteriori provvedimenti di competenza della resistente Amministrazione Postale.

Dichiara compensate tra le parti le spese di lite.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dalla Autorità amministrativa.