20 ottobre 1983 Ordinanza n. 322 della Corte Costituzionale

20 OTTOBRE 1983

ORDINANZA N. 322 DELLA CORTE COSTITUZIONALE

 

Nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale degli artt. 9, 12, 13 e 21 l. 8 febbraio 1948 n. 47 (legge sulla stampa) e 57 c.p. (reati commessi col mezzo della stampa periodica), giudizi promossi dal Tribunale di Roma con cinque ordinanze emesse il 27 febbraio 1982, con due ordinanze emesse il 13 febbraio 1982 e con ordinanze emesse il 20 febbraio e il 4 marzo 1982, rispettivamente iscritte ai nn. 449 a 457 del registro la data del 27 febbraio 1982 – alla quarta udienza di dibattimento, notificata il 9 e comunicata il 17 del successivo marzo, pubblicata nella G.U. n. 310 del 10 novembre 1982 e iscritta al n. 453 R.O. del 1982, ha testualmente riprodotto motivazione e dispositivo dell’ordinanza iscritta al n. 449 R.O. del 1982.

5.2. Avanti la Corte nessuna delle parti si è costituita né ha spiegato intervento il Presidente del Consiglio dei Ministri.

6.1. Nel procedimento penale, introdotto con rito direttissimo, a carico di Gilmozzi Marcello, imputato del reato di cui agli artt. 81, 110, 595 commi 1 a 3 c.p. e 13 l. 47 del 1948, per aver pubblicato sul quotidiano “Il Popolo” del 9 gennaio 1980, di cui era direttore responsabile, un articolo, con il quale si offendeva la reputazione di Pannella e di altri sei deputati del Partito Radicale, il Tribunale di Roma, con ordinanza emessa – sotto la data del 13 febbraio 1982 – alla quinta udienza di dibattimento, notificata e comunicata rispettivamente i successivi 20 e 23, pubblicata nella G.U. n. 310 del 10 novembre 1982 e iscritta al n. 454 R.O. del 1982, ha stilato motivazione e dispositivo poi testualmente riprodotti nella ordinanza iscritta al n. 449 R.O. del 1982.

6.2. Avanti la Corte nessuna delle parti si è costituita né ha spiegato intervento il Presidente del Consiglio dei Ministri.

7.1. Nel procedimento penale, introdotto con rito direttissimo, a carico di Carretti Giampaolo, Larovere Vera e Emiliani Vittorio Francesco, imputati i primi due del delitto di cui agli artt. 10, 595 cap. I e II c.p., e 13 l. n. 47 del 1948 per avere, in concorso tra loro sul quotidiano “Il Messaggero” del 26 e 30 ottobre e 3 novembre 1979 e 18 gennaio 1980, pubblicato, sulla base di dichiarazioni rese dalla Larovere, articoli con i quali si offendeva la reputazione di Leopardi Aurora anche con l’attribuzione di fatto determinato, e il terzo del delitto di cui all’art. 57 c.p. in relazione agli artt. 595 c.p. e 13 l. n. 47 del 1948 per avere, quale direttore responsabile del quotidiano, omesso di esercitare sul contenuto dello stesso il controllo necessario al fine di impedire la commissione del delitto di cui erano imputati il Carretti e la Larovere, il Tribunale di Roma, con ordinanza emessa – sotto la data del 13 febbraio 1982 – alla quarta udienza di dibattimento, notificata e comunicata rispettivamente i successivi 20 e 23, pubblicata nella G.U. n. 310 del 10 novembre 1982 e iscritta al n. 455 R.O. del 1982, ha testualmente riprodotto motivazione e dispositivo della ordinanza iscritta al n. 454 R.O. del 1982.

7.2. Avanti la Corte nessuna delle parti si è costituita né ha spiegato intervento il Presidente del Consiglio dei Ministri.

8.1. Nel procedimento penale, introdotto con rito direttissimo, a carico di Scalfari Eugenio, imputato del delitto di cui agli artt. 110, 595 c.p., 13 e 21 l. n. 47 del 1948 per avere pubblicato in concorso con l’autore non identificato sul quotidiano “La Repubblica” del 20 giugno 1980, di cui era direttore responsabile, un articolo con il quale si offendeva la reputazione di Franco Levi con l’aggravante di fatti determinati, il Tribunale di Roma, con ordinanza emessa – sotto la data del 20 febbraio 1982 – alla quarta udienza di dibattimento, comunicata e notificata rispettivamente i successivi 1° e 12 marzo, pubblicata nella G.U. n. 310 del 10 novembre 1982 e iscritta al n. 456 R.O. del 1982, ha testualmente riprodotto motivazione e dispositivo dell’ordinanza iscritta al n. 449 R.O. del 1982.

8.2. Avanti la Corte nessuna delle parti si è costituita né ha spiegato intervento il Presidente del Consiglio dei Ministri.

9.1. Nel procedimento penale, introdotto con rito direttissimo, a carico di Stampacchia Luigi e di Vianello Silvano, imputati del delitto di cui agli artt. 110, 595 cap. I e II c.p., 13 l. n. 47 del 1948 per avere, in concorso tra loro pubblicato sul bollettino “Lettera Romana” Agenzia di Stampa, di cui il Vianello era direttore responsabile, un articolo redatto dallo Stampacchia, con il quale era offesa, anche mediante l’attribuzione di fatti determinati, la reputazione di Todini Benedetto (procedimento al quale furono riuniti altri procedimenti a carico dello stesso Stampacchia), il Tribunale di Roma, con ordinanza emessa – sotto la data del 4 marzo 1982 – alla sesta udienza di dibattimento, comunicata e notificata rispettivamente i successivi 16 e 18, pubblicata nella G.U. n. 310 del 10 novembre 1982 e iscritta al n. 457 R.O. del 1982, ha testualmente riprodotto motivazione e dispositivo dell’ordinanza iscritta al n. 449 R.O. del 1982.

9.2. Avanti la Corte nessuna delle parti si è costituita né ha spiegato intervento il Presidente del Consiglio dei Ministri.

10. Nel corso della pubblica udienza del 26 aprile 1983, nella quale il Giudice Andrioli ha svolto la relazione, l’avv. dello Stato Azzariti, per l’interveniente Presidente del Consiglio dei Ministri, ha insistito nelle già svolte argomentazioni e nelle già formulate conclusioni.

Considerato che: 11. La identità di motivazione e di dispositivo giustifica la riunione dei nove procedimenti.

12. Per quel che concerne gli artt. 9, 12 e 13 l. 8 febbraio 1948 n. 47 e 57 c.p. il Tribunale di Roma, nella motivazione dell’ordinanza 13 febbraio 1982 (n. 454 R.O. del 1982), riprodotto nelle altre otto ordinanze, non espone argomenti che non abbiano già ricevuto confutazione nella sent. n. 168 del 1982, ribadita nelle ord. 213 del 1982 e n. 53 del 1983 della Corte e, pertanto, non rimane che dichiarare la manifesta infondatezza della proposta questione.

13. Né diverso risultato è da attingere in punto alla questione d’incostituzionalità, in riferimento all’art. 3 Cost., dell’art. 21 comma 3 l. n. 7 del 1948, per il quale “al giudizio si procede col rito direttissimo”, perché non si denuncia violazione del diritto di difesa (violazione, di cui la Corte, con sent. n. 164 del 1983, ha negato la sussistenza in giudizi – pur non preceduti da arresto in flagranza – celebrati con rito direttissimo), ma ci si limita a lamentare la differenziazione del rito processuale tra le due discipline, come espressione lesiva dell’art. 3, cui la Corte ha negato consistenza.

Infine la circostanza che possa riuscire opportuno armonizzare le forme dei giudizi sui reati rispettivamente commessi col nuovo mezzo radio televisivo e col mezzo della stampa non basta a far ritenere intrinsecamente ingiustificata ed illegittima la scelta del rito direttissimo operata nel secondo caso dall’art. 21 comma 3 l. n. 477 del 1948.

P.Q.M. LA CORTE COSTITUZIONALE

Riuniti i nove procedimenti,

dichiara la manifesta infondatezza della questione d’incostituzionalità sollevata, in riferimento all’art. 3 Cost., degli artt. 9, 12, 13 e 21 l. 8 febbraio 1948 n. 47 (Disposizioni sulla stampa) e 57 c.p. con le ordinanze 27 febbraio 1982 (cinque), 13 febbraio 1982 (due), 20 febbraio 1982 e 4 marzo 1982 del Tribunale di Roma (nn. 449 e 457 R.O. 1982).