21 febbraio 1997 Sentenza n. 315/97 del Consiglio di Stato, Sez. VI


21 FEBBRAIO 1997

SENTENZA N. 315/97 DEL CONSIGLIO DI STATO, SEZIONE VI

Pres.: Ancora

Est.: C. Salvatore

Parti: Radio Alpen Adria S.r.l./Ministero PP.TT.

DIRITTO. 1. La questione sottoposta all’esame della Sezione attiene alla possibilità o meno che le concessioni previste dal decreto legge 27 agosto 1993 n. 323, convertito nella legge 27 ottobre 1993 n. 422, siano rilasciate a soggetti che, non essendo autorizzati alla prosecuzione dell’esercizio di impianti già posseduti in forza dell’art. 32 della legge 6 agosto 1990 n. 223, abbiano acquisito da soggetto autorizzato gli impianti di radiodiffusione sonora o televisiva.

Si tratta di questione già affrontata da questo Consiglio (Sez. I n. 1295/94 del 6 luglio 1994), il quale ha ritenuto che dall’esame complessivo della normativa vigente si ricavi agevolmente la conclusione che le concessioni in parola possano essere rilasciate solo ai soggetti già autorizzati a norma dell’art. 32 della legge n. 223 del 1990.

A tale affermazione si è pervenuti in base a considerazioni sia di ordine testuale che di ordine logico-sistematico.

Sotto il primo profilo si è rilevato che l’art. 1 del D.L. n. 323 del 1993 dispone espressamente che il Ministro rilascia “ai soggetti autorizzati a proseguire nell’esercizio di impianti per la radiodiffusione televisiva in ambito locale, ai sensi dell’art. 32 della legge 6 agosto 1990 n. 223, le relative concessioni”.

E sempre ai soggetti “autorizzati” ai sensi dell’art. 32 della legge n. 223 del 1990 si riferisce l’art. 1 del D.L. 19 ottobre 1992 n. 407, convertito in legge 17 dicembre 1992 n. 482, commi 3 e 3-quater che prevedono il primo la proroga del termine per la prosecuzione nell’esercizio di impianti per la radiodiffusione sonora per i soli soggetti autorizzati ex art. 12, contestualmente disciplinando il rilascio, agli stessi soggetti, della relativa concessione provvisoria, ed il secondo la possibilità di sostituire la domanda di concessione per la radiodiffusione in ambito nazionale con altra per la radiodiffusione in ambito locale.

Sotto il secondo aspetto è stato richiamato in primo luogo l’art. 1, comma 7-quater del D.L. 27 agosto 1993 n. 323 come convertito nella legge 27 ottobre 1993 n. 422, il quale prevede la possibilità che concessioni vengano rilasciate anche a società precedentemente non autorizzate, a condizione però che nella società vi sia il conferimento di almeno tre emittenti televisive in ambito locale, ciascuna delle quali già autorizzate ai sensi dell’art. 32 della legge n. 223 del 1990.

Tale norma, che consente dopo la concessione eccezionalmente ad un soggetto, formalmente non riconducibile al novero dei soggetti autorizzati, di divenire titolare di concessione, subordina l’operatività dei beneficio alla condizione che la società sia la risultante di un conferimento in un’unica società di tre soggetti, ciascuno dei quali sia già autorizzato a norma del citato art. 32 legge 223/90: tende, cioè, a favorire la concentrazione in un nuovo soggetto di più soggetti tutti peraltro autorizzati.

Sempre sotto il secondo aspetto si è fatto riferimento all’art. 6 del D.L. 27 agosto 1993 n. 323 come convertito nella legge 27 ottobre 1993 n. 422, che consente il trasferimento di aziende radiofoniche solo da un concessionario a un altro concessionario. La specifica previsione del trasferimento dell’azienda da parte del titolare di un vero e proprio provvedimento concessorio, sia pure a carattere provvisorio, solo nei confronti di altro concessionario induce a ritenere che in vigenza del regime autorizzatorio ex art. 32 della legge n. 223 del 1990, gli impianti non siano liberamente trasferibili anche a soggetti non autorizzati.

Più in generale è stato osservato che la ratio sottesa al sistema normativo dell’assetto radiotelevisivo, quale delineatosi a seguito della legge 6 agosto 1990 n. 223, dimostra l’intento del legislatore di pervenire ad un definitivo assetto dei sistema, non ancora realizzatosi, attraverso un periodo transitorio caratterizzato: da un congelamento della situazione esistente alla data di entrata in vigore della legge n. 223 del 1990; dalla possibilità di trasferimenti di impianti o aziende solo tra soggetti già presenti sul mercato a quella data e perciò “autorizzati”; dal conseguente favore, in considerazione della limitatezza delle frequenze disponibili nell’etere, verso le concentrazioni in soggetti di medie dimensioni di più emittenti di ridotte dimensioni.

2. Le considerazioni appena svolte, che sostanzialmente sono alla base anche della sentenza appellata, devono essere integralmente ribadite.

Nel caso in esame, infatti, l’appellante Radio Alpen Adria S.r.l. non era all’epoca dell’entrata in vigore dell’art. 32 soggetto autorizzato ex lege a proseguire l’esercizio della radiodiffusione in ambito locale ma solo avente causa dei diverso soggetto Alpen Adria S.a.s., che tale qualità possedeva, per cui correttamente è stata respinta la sua domanda volta ad ottenere la concessione.

Difatti l’unico mutamento nell’assetto proprietario dei soggetti autorizzati consentito dalla legge è quello in cui il soggetto autorizzato rivesta la forma della società di capitali, in quanto nessun ostacolo può essere frapposto alla libera circolazione delle azioni: ciò che conta ai fini della questione in esame è che la società “autorizzata” resti formalmente immutata.

Circostanza questa che non si verifica evidentemente allorché una società si trasformi in altra e differente società, giacché in tale ipotesi muta il soggetto che, giuridicamente, non può essere considerato lo stesso di quello autorizzato ai sensi dell’art. 32 della legge n. 223 del 1990.

Né vale opporre che l’art. 4, comma 1 del D.L. 27 agosto 1993 n. 323, prorogando il termine per la prosecuzione dell’esercizio degli impianti per la radiodiffusione sonora di cui all’art. 32, “per le emittenti autorizzate alla prosecuzione stessa”, abbia omesso qualsiasi riferimento a “soggetti autorizzati dall’art. 32”.

La norma in questione, come si ricava agevolmente dal suo stesso tenore testuale, attiene al termine per la prosecuzione dell’esercizio degli impianti e non concerne l’individuazione dei soggetti beneficiari della concessione; essa, pertanto, contrariamente a quanto assume, l’appellante non autorizza alcuna modifica degli elementi idonei a delimitare l’ambito soggettivo di applicazione della normativa, che resta comunque disciplinata proprio dall’art. 32 della legge n. 223 del 1990.

Alla luce delle considerazioni svolte l’appello, che sostanzialmente ripropone le doglianze già disattese dal Tribunale, deve essere respinto.

3. Restano da esaminare le questioni di costituzionalità dell’art. 1, comma 3 della legge n. 482 del 1992 per contrasto con i principi di libertà dell’iniziativa economica e di libertà di diffusione del pensiero di cui agli artt. 41 e 21 della costituzione nonché con i principi di uguaglianza di cui all’art. 3 per l’irragionevole disparità di trattamento tra la situazione delle società dì capitali e quella delle società personali e delle ditte individuali.

Anche su queste le conclusioni del giudice di primo grado sono pienamente condivisibili e debbono essere confermate.

Secondo l’appellante l’art. 1, comma 3 della legge n. 482 del 1992, oltre a porsi in contrasto con l’art. 3 della Costituzione per un irragionevole discrimine a danno delle società personali e delle ditte individuali, violerebbe altresì l’art. 41 e 21 della Costituzione sia perché non garantirebbe a tutti l’accesso al mercato televisivo sia perché costituirebbe un limite alla libertà di iniziativa economica privata non giustificato da alcun motivo di utilità sociale, nonché alla libertà di diffusione del pensiero.

Posto che non è la norma denunciata quella che introdurrebbe gli asseriti limiti bensì più esattamente in generale l’art. 32 della legge n. 223 del 1990, che individua i soggetti autorizzati ex lege a proseguire l’esercizio della radiodiffusione, si deve rilevare che con riferimento a tale ultima disposizione la corte costituzionale ha già avuto modo di pronunciarsi negativamente su questioni di costituzionalità sollevate per violazione degli artt. 3, 21 e 41 della Costituzione (sentenza n. 112 dei 26 marzo 1993).

In tale occasione la Corte ha spiegato ampiamente le ragioni in base alle quali la disciplina introdotta dalla legge n. 223 del 1990 non contravviene ai valori di cui all’art. 21 della Costituzione (punto 11 della motivazione) ed ha precisato che l’autorizzazione ex lege alla prosecuzione nell’attività di teletrasmissione, contenuta nell’art. 32, rappresenta una misura provvisoria, diretta a congelare la situazione delle emittenti radiotelevisive risultante all’atto dell’entrata in vigore della legge fino al momento della decisione sul rilascio della concessione. Tale misura, mentre non viola l’art. 3 della Costituzione, dal momento che non si rivela irragionevole alla luce della consistente diffusione delle emittenti radiotelevisive occorsa in via di fatto prima dell’entrata in vigore della legge n. 223 del 1990 e provvisoriamente legittimata con la legge n. 10 del 1985, non si pone in contrasto neppure con l’art. 41 della Costituzione, per il fatto che il carattere assolutamente provvisorio e transitorio della norma fa sì che non sia introdotta una regola volta a connotare stabilmente l’accesso dei privati nel sistema radiotelevisivo e a porre pertanto, un limite ingiustificato al normale svolgimento della libertà di iniziativa economica privata.

Le questioni devono quindi essere considerate manifestamente infondate.

L’appello va in conclusione respinto.