23 gennaio 2002 Sentenza n. 170 del TAR Abruzzo, sezione di PescaraI

23 gennaio 2002

Sentenza n.170  del TAR Abruzzo, Sezione di Pescara

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Abruzzo, Sezione staccata di Pescara, composto dai signori

Dr. Antonio Catoni Presidente

Dr. Michele Eliantonio componente

Dr. Dino Nazzaro componente

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

sul ricorso n. 558 del 2001, proposto da TELECOM Italia mobile, rappresentato e difeso dagli avvocati Tommaso Marchese, Mario Sanino, Carlo Celani,

 

contro

il comune di Lanciano, rappresentato e difeso dall’avv. Giovanni Carlini

 

per l’annullamento

della deliberazione del Consiglio comunale n.5 2001, rilasciata a seguito di istanza del 16 luglio 2001, recante approvazione del regolamento comunale per la tutela della salute e dell’ambiente da esposizione a radiazioni del campo elettromagnetico.

della nota dirigenziale prot. 18288 del 28 giugno 2001, notificata il 3 luglio 2001 successivo.

Visto il ricorso con i relativi allegati,

Visto l’atto di costituzione in giudizio;

Viste le memorie prodotte dalle parti;

Visti gli atti tutti della causa;

Udito alla pubblica udienza del 20.12.2001, il relatore Dr. Catoni ed uditi, altresì, gli avvocati Marchese, Sanino e Celani per la società ricorrentee l’avv. Giovanni Carlini per il comune resistente;

Considerato in fatto e diritto quanto segue:

 

FATTO

La società ricorrente ha richiesto l’installazione nel comune intimato di una stazione base per telefonia cellulare, corredandola di tutta la documentazione necessaria.

Il comune rispondeva con la nota in epigrafe invitando la ricorrente ad adeguarsi a quanto disposto con la deliberazione del pari indicata in epigrafe recante l’approvazione di un regolamento nella materia.

Ritiene entrambi i provvedimenti illegittimi la società istante e deduce nei confronti della stessa le seguenti censure:

a)– violazione e falsa applicazione dell’art.7 della L.241 e degli artt. 3,7 e 10 della legge medesima, Eccesso di potere in tutte le sue figure sintomatiche ed in particolare per difetto di istruttoria e motivazione, ingiustizia manifesta, confusione e perplessità dell’azione amministrativa.

b)– Violazione e falsa applicazione dell’art.1 comma 4° della lett,c) della legge 59/97 e dell’art.83 del D. LGS 112/98. Violazione e falsa applicazione del D.I.381/98, della L.36/2001. Violazione del principio di uniformità della tutela. Eccesso di potere in tutte le sue forme sintomatiche:

c)– Violazione e falsa applicazione sotto altro profilo dell’art.1 comma 4 lett.c) della legge 59/97 e dell’art.83 del D. LGS. 112/98.

d)– Violazione e falsa applicazione della legge 1187/68 e del DM 1444/68. Eccesso di potere in tutte le sue forme sintomatiche.

e)– Violazione della legge 31.7.1997 n.249 del D.M. 24.10.1997 e della legge 59/97. Violazione dei principi in materia dei procedimenti di secondo grado e del diritto di iniziativa economica. Eccesso di potere in tutte le sue forme sintomatiche. Incompetenza.

f)– Violazione e falsa applicazione della legge 1150/42 e successive modifiche, della legge 10 del 1977, 457/78 , 47/85 e del D.M. 1444/68, degli artt.873 e 899, di tutte le norme disciplinanti l’edificazione. Eccesso di potere in tutte le sue figure sintomatiche.

g)– Violazione e falsa applicazione della legge 22 febbraio 2001 n.36 del regolamento regionale 21 febbraio 2001 n.1 del D.I. 381/98, della legge 241/90. Eccesso di potere in tutte le sue forme sintomatiche.

h)– Violazione e falsa applicazione del D. LGS 18 agosto 2000 n.267, incompetenza;

La società ricorrente con varie argomentazioni meglio precisate in diritto sostiene la illegittimità del provvedimento chiedendone l’annullamento per tutti questi profili rivolgendo, altresì, al Tribunale istanza di sospensione del provvedimento impugnato e il risarcimento del danno.

E’ costituita l’amministrazione che contesta in radice la validità delle tesi esposte in ricorso e si oppone alla richiesta del provvedimento cautelare la cui istanza, peraltro, su richiesta della società ricorrente che propone una rapida soluzione della vicenda, viene abbinata alla discussione del merito del gravame fissato per il 20.12.2001, udienza nella quale dopo che la società istante ha depositato un lunga ed articolata memoria, entrambe le parti si riportano agli scritti ed insistono nel senso già assunto nelle relative memorie.

 

DIRITTO

Tutti i motivi del gravame sono strettamente correlati tra loro e se ne può esaminare la validità in modo contestuale. Tutti attengono, in fondo alla possibilità che aveva il comune di assumere alcune decisioni in tema di installazione di una stazione base di telefonia cellulare.

 

Nelle sue argomentazioni la società ricorrente pone in luce gli aspetti che ai sensi della normativa oggi vigente vietano ai comuni di assumere decisioni sugli impianti di telefonia per quanto riguarda la tutela della salute ed altri compiti riservati ad organi diversi dai comuni medesimi.

La prima decisione impugnata, infatti, fa leva, sulla necessità di tutela della salute della popolazione dall’inquinamento elettromagnetico.

A siffatto riguardo, tuttavia, p0artendo proprio dalle argomentazioni della società ricorrente, non è inopportuno un breve e sistematico riepilogo della normativa vigente in materia.

In primo luogo va considerato che la materia delle telecomunicazioni riveste un preminente ed importante interesse dello Stato cui è demandato, quindi, il compito di fissare i criteri direttivi, i principi e le competenze dai vari organi chiamati all’applicazione pratica dei sistemi per il funzionamento delle comunicazioni stesse.

Tuttavia, poiché, gli impianti relativi sono suscettibili di provocare un inquinamento elettromagnetico cui di recente è stato annessa una particolare attenzione da parte dei media e della popolazione esposta, donde l’intervento del comune intimato, è stata emanata in proposito la legge n.36 del 2001 che ha disposto una specifica normativa sulla prevenzione da tali pericoli.

Nella legge stessa sono precisati in dettaglio i compiti dei vari Organi della P.A.

Allo Stato sono riservate molte funzioni, più che altro dirette a dettare le linee guida per la protezione dall’inquinamento elettromagnetico, tra le quali, tuttavia, spiccano quelle relative alla determinazione dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione, nonché la individuazione delle tecniche di misurazione e rilevamento, i cui parametri devono essere stabiliti dal Presidente del Consiglio dei Ministri sentiti i Ministeri dell’Ambiente, della Sanità e del Ministero del Lavoro e Previdenza sociale, secondo la direzione della tutela cui i regolamenti si dirigono cioè la popolazione o i lavoratori eventualmente esposti.

Non risulta che al momento dell’assunzione della presente decisione detti regolamenti siano stati emanati nonostante il termine previsto dalla legge fosse stato fissato al 60° giorno della sua entrata in vigore.

Va, peraltro, precisato che al momento dell’emanazione della legge 36, era in vigore il DM 381 del 1998 che recava norme per la determinazione dei tetti di radiofrequenza compatibili per la salute umana.

L’art.9 della legge 36 riserva, poi, alcune funzioni agli Enti territoriali, segnatamente alle regioni, nel rispetto, comunque, dei limiti di esposizione dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità nonché dei criteri e delle modalità fissati dallo Stato, lasciando ai comuni la facoltà di adottare un regolamento per assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti e minimizzare l’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici.

La regione è stata poi investita della potestà di stabilire nella materia le competenze che spettano alle province ed ai comuni. (art.8 della legge 36)

Dalla esposizione di questo sistema normativo devono trarsi alcune conseguenze di rilevo.

Preliminarmente va considerato che, in attesa dell’emanazione dei regolamenti del Presidente del Consiglio dei Ministri e delle disposizioni riservate alla competenza degli Enti locali, vanno senz’altro applicate le disposizioni vigenti data, come si è visto l’importanza che va annessa nel momento attuale ad un funzionale sistema di telecomunicazioni.

Osserva, quindi, il collegio che le competenze riservate allo Stato non possono mai formare oggetto delle competenze regolamentari delle regioni, delle province e dei comuni per i quali dovranno sempre valere i parametri fissati dallo Stato che, al momento sono, perciò, quelli cristallizzati nel DM 381.

A siffatto riguardo i limiti di esposizione di cui fa cenno la norma suddetta deve intendersi riferita tanto ai limiti in senso tecnico che alle distanze nelle quali questi operano, come può agevolmente desumersi dalla circostanza che il DM 381, nel fissare i valori, indica quelli in corrispondenza di edifici adibiti a permanenze non inferiori a quattro ore dove non devono essere superati i seguenti valori, indipendentemente dalla frequenza, mediati su un’area equivalente alla sezione verticale del corpo umano e su qualsiasi intervallo di sei minuti: 6 V/m per il campo elettrico, 0,016 A/m per il campo magnetico.

Ciò sta a significare che siffatti valori sono quelli che possono essere assunti, per determinare la possibilità di insediamento di una struttura per telecomunicazioni, ivi comprese quelle per telefonia mobile, dove la presenza umana è continua, vale a dire anche in corrispondenza di edifici residenziali, nei quali, pertanto, può ritenersi ammessa la struttura stessa.

Ne consegue che laddove si suddetti limiti siano rispettati non può impedirsi al soggetto gestore dell’impianto la sua installazione ove non vi ostino altre ragioni.

A siffatto proposito va interpretata la norma di cui al n°6 dell’art.8 della legge 36 laddove vengono fissate le competenze dei comuni, i quali possono adottare regolamenti per il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti, nel cui ambito regolamentare può essere minimizzata l’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici.

Ciò sta a significare che i comuni possono variare i propri strumenti urbanistici e disporre nell’uso del territorio i siti più idonei per l’impianto di tali strutture, fermo restando che tali determinazioni non possono non tenere conto delle norme vigenti in materia, sicché tutto deve essere stabilito nel ritaglio delle competenze urbanistiche e nel rispetto dei principi generali che le governano, senza che possano adottarsi decisioni che vadano ad invadere competenze dello Stato o delle regioni, introducendo surrettiziamente norme che appaiano di profilo urbanistico ed invece tendano a determinare diversamente quei limiti che la legge stessa riserva alla competenza statale.

Così non troverebbe alcuna giustificazione il richiedere una concessione edilizia laddove la consistenza dell’impianto non la richieda o individuare siti nei quali vi siano difficoltà operative per i soggetti gestori o impedire l’installazione in terreni di proprietà dei gestori stessi (o di terzi che ne consentano la realizzazione), ove i limiti di esposizione ed i criteri di impianto, nonché le previsioni urbanistiche siano in concreto rispettate.

Tutto quanto premesso può passarsi all’esame dei provvedimenti impugnati.

Il primo consiste in un regolamento che ha il dichiarato scopo di predisporre un piano antenne di carattere tecnico urbanistico ambientale sanitario.

E’ evidente dall’esame del provvedimento di carattere regolamentare che il comune ha certamente esorbitato dai limiti che il legislatore gli ha assegnato in quanto si è arrogato il diritto di attuare un piano che attiene più a questioni di carattere sanitario per la tutela della salute che alle modalità urbanistiche di sistemazione delle antenne di telefonia mobile.

In secondo luogo che, per quanto attiene alla parte urbanistico edilizia, doveva intervenire con le modalità proprie tipiche di una variante al PRG e con le garanzie che questo appresta.

Già questo solo aspetto rende certamente illegittima per i motivi esposti la deliberazione d’interesse.

Ma c’è dell’altro.

Nonostante gli aspetti formali che non hanno rispettato le modalità vigenti per l’assunzione di un piano che costituisce una vera e propria variante allo strumento urbanistico e che di questo deve avere i profili formali, anche nel merito esorbita da quella che è una corretta regolamentazione urbanistica dato che tout court impedisce l’installazione nelle zone A,B,C e D ed a insindacabile giudizio dell’amministrazione in tutte le zone edificate, senza alcuna plausibile motivazione di carattere urbanistico che deve essere ragionevolmente motivata e senza un’indicazione precisa in quali zone del territorio comunale i detti impianti SRB possono essere installati.

Inserisce poi una indicazione della potenza massima delle antenne in patente violazione delle indicazioni del DM 381 e della legge 36/2000 che riservano compiti siffatti allo Stato, introducendo inoltre delle distanze dai fabbricati più vicini e fissando quindi dei limiti diversi da quelli che, in base alle motivazioni innanzi illustrate, è compito dello Stato fissare il quale, indicando i valori di esposizione li ha parametrati a situazioni di corrispondenza con soggiorni della popolazione superiore s quattro ore e, quindi, palesemente possibili anche in prossimità degli edifici. (confronta art.3 del regolamento)

E’ evidente quindi la illegittimità del provvedimento impugnato che si riflette di conseguenza anche sul diniego comunicato alla società ricorrente, siccome fondato esclusivamente sul regolamento di che trattasi.

Nei suddetti limiti il ricorso è fondato e va accolto, dal che consegue l’annullamento dei provvedimenti impugnati.

Le spese del giudizio, liquidate come in dispositivo, devono essere poste a carico del comune.

 

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Abruzzo, sezione di Pescara, accoglie il ricorso nella parte in cui è diretto all’annullamento degli atti impugnati e per l’effetto ne dispone l’annullamento. Respinge allo stato la richiesta di risarcimento per la sua estrema genericità.

Condanna il comune intimato a rimborsare alla ricorrente i due terzi delle spese di giudizio che vengono liquidate nella complessiva misura di Euro 3000.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Pescara il 20.12.2001.

Dr. Antonio Catoni Presidente est.