3 dicembre 1984 Sentenza n. 6339/84 della Corte Suprema di Cassazione, Sezioni Unite Civili

3 DICEMBRE 1984

SENTENZA N. 6339/84 DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, SEZIONI UNITE CIVILI

 

sul ricorso iscritto il primo al n. 4026/79 del R.G.AA.CC., proposto da

S.I.T. – Società Impianti Televisivi s.p.a. – in persona dell’Amministratore Unico in carica, elett.te dom.ta in Roma Viale Mazzini n. 55 presso l’Avv. Domenico Ambrosio, rapp.ta e difesa dall’Avv. Marcello Pellegri, giusta delega e margine del ricorso; e successivamente nomina anche suoi difensori gli avv.ti Carlo Vichi e Domenico Ambrosio, giusta delega a margine della memoria difensiva depositata il 4/5/1984;

RICORRENTE

CONTRO

TELEMILANO società per azioni in persona del Presidente in carica, elett.te dom.ta in Roma Via del Plebiscito n. 112 presso l’Avv. Gian Camillo Galli che la rappresenta e difende unitamente all’Avv. Aldo Bonomo, giusta delega in calce al controricorso;

CONTRORICORRENTE

E sul secondo ricorso iscritto al n. 5725/79 del R.G.AA.CC. proposto

DA

S.I.T. – Società Impianti Televisivi s.p.a. – in persona dell’Amministratore Unico in carica, elett.te dom.ta in Roma Viale Mazzini n. 55 presso l’Avv. Domenico Ambrosio, rapp.ta e difesa dall’Avv. Marcello Pellegri, giusta delega in calce al ricorso;

RICORRENTE

CONTRO

Società per Azioni TELEMILANO, in persona del Presidente in carica, elett.te dom.ta in Roma Via del Plebiscito n. 112 presso l’Avv. Gian Camillo Galli, Televisivi s.p.a. – in persona dell’Amministratore Unico in carica, elett.te dom.ta in Roma Viale Mazzini n. 55 presso l’Avv. Domenico Ambrosio, rapp.ta e difesa dall’Avv. Marcello Pellegri, giusta delega in calce al controricorso;

CONTRORICORRENTE

Per il ricorso n. 4026/79: per regolamento di giurisdizione nella procedura ex art. 700 c.p.c. innanzi al Pretore di Milano instaurata con ricorso del 2/4/79; e per il ricorso n. 5725/79: per regolamento preventivo di giurisdizione avverso il provvedimento del Pretore di Milano, emesso nella procedura ex art. 700 c.p.c., depositato il 14/5/79;

Udita nella pubblica udienza, tenutasi il giorno 10 maggio 1984 la relazione delle cause svolte dal Cons. Rel. Corda;

Uditi gli avvocati Vichi e Bonomo;

Udito il Pubblico Ministero, nella persona del Prof. Vittorio Sgroi, Avvocato Generale presso la Corte Suprema di Cassazione, che ha concluso chiedendo: per il ricorso n. 4026/79: il rigetto del ricorso nonché la giurisdizione del giudice ordinario; e per il ricorso n. 5725/79: la inammissibilità del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso del 7 aprile 1979, diretto al Pretore di Milano, la spa Telemilano chiedeva la emissione di un provvedimento di urgenza ai sensi dell’art. 700 cod.proc.civ., (e, in subordine, la manutenzione del possesso), dopo avere esposto:

a) Ch’essa conduceva un’impresa televisiva in ambito locale irradiando con proprie apparecchiature, dal 1 marzo 1978, sul “canale 58 UHF”, l’omonimo quotidiano televisivo; b) che da qualche settimana le trasmissioni erano disturbate da interferenze “di segni e di suoni” tali da rendere disagevole la ricezione di programmi da parte del pubblico nella zona di Milano e dintorni; c) che tali interferenze erano causate da un notevole aumento di potenza dell’emittente dalla Spa Impianti Televisivi (S.I.T.), la quale utilizzava il “canale 58 UHF” come ponte di collegamento tra i suoi ripetitori, installati sul monte Cassate a S. Pellegrino Parmense per la diffusione dei programmi “TV EXPRESS” e, “TELEMONTECARLO”.

Disposta dal Pretore la comparizione delle parti, la SIT eccepiva il difetto di giurisdizione del giudice ordinario (nell’assunto che la controversia apparteneva alla giurisdizione del giudice amministrativo, essendo la controversia disciplinata dall’art. 240 del codice Postale e delle Telecomunicazioni, approvato con d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156) e ha, quindi, proposto a queste Sezioni Unite ricorso per il regolamento preventivo della giurisdizione, ai sensi dell’art. 41 cod.proc.civ., nell’assunto che la competenza giurisdizionale a conoscere della controversia spetterebbe al giudice amministrativo.

La società s.p.a. Telemilano ha resistito mediante controricorso.

Nella pendenza del ricorso predetto, il Pretore, (dopo aver osservato che la proposizione del regolamento preventivo di giurisdizione non spiegava effetto sospensivo nei confronti del “procedimento di urgenza”) con provvedimento emesso il 14 maggio 1979 ai sensi dell’art. 700 cod.proc.civ., inibiva alla SIT “l’uso del canale 58 UHF per trasmissioni dagli impianti di Monte Canate su Milano, in quanto da tale uso derivano in Milano interferenze nella diffusione del programma di Telemilano spa”. Fissava, quindi il termine per la proposizione del giudizio di merito, davanti al giudice competente.

Contro tale provvedimento ha proposto ricorso la SIT, chiedendone la cassazione senza rinvio, perché “emanato in carenza di potere”.

La SPA Telemilano ha resistito mediante controricorso.

Entrambe le parti hanno presentato memoria illustrativa.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. I due ricorsi, in quanto relativi a questioni inerenti all’unico processo, possono essere riuniti.

2. Il ricorso contro il provvedimento emesso dal Pretore ai sensi dell’art. 700 cod.proc.civ. è inammissibile. I provvedimenti di urgenza, per la loro strumentalità, esauriscono infatti la loro funzione con la decisione di merito, di modo che, non è ipotizzabile una loro autonoma impugnazione, e, quindi, neppure il ricorso per cassazione ex art. 111 Cost. (S.U. n. 1328 del 1978).

3. Il ricorso per regolamento di giurisdizione (col quale si sostiene che la cognizione della controversia apparterrebbe al giudice amministrativo), deve essere respinto, in quanto infondato.

Queste Sezioni Unite rilevano che la Corte Costituzionale, con al sentenza n. 226 del 1974, pur affermando la legittimità del monopolio della RAI-TV riconobbe ai privati la possibilità di installare ed esercitare impianti di televisione via cavo con autorizzazione amministrativa da rilasciarsi dalla P.A. ove sussistessero le condizioni di legge.

Successivamente, con la sentenza n. 202 del 1978, la stessa Corte Costituzionale riconobbe ai privati la possibilità di installare ed esercitare impianti televisivi, via etere, non eccedenti l’ambito locale, subordinandola ad autorizzazione amministrativa da rilasciarsi dalla P.A. nella sussistenza di determinate condizioni di legge.

Queste Sezioni Unite già con la sentenza n. 5336 del 1980, ed ora con le sentenze relative ai ricorsi n. 1686/80 e 4096/82, in corso di pubblicazione, ribadendo la necessità della autorizzazione amministrativa per l’installazione d l’esercizio di impianti televisivi, hanno innanzitutto affermato il carattere “concessorio” dell’autorizzazione, in quanto il provvedimento di assegnazione inserisce nella sfera giuridica del privato un quid novi e cioè l’assegnazione della banda di frequenza; gli attribuisce una specifica potestà (facultas agendi) di cui egli era privo; attiene alle modalità dell’utilizzazione dell’etere, inteso come bene comune.

Sicchè, non poteva negarsi che essa avesse carattere costitutivo e presentasse elementi tipicamente concessori.

Le stesse Sezioni Unite hanno ritenuto che il provvedimento autorizzativo, pur nel concorso delle condizioni prescritte, era vincolato in ordine all’an ma era sicuramente discrezionale in ordine al quomodo; e hanno concluso che in tale situazione nei confronti della P.A. il privato era titolare non di un diritto soggettivo perfetto ma di un diritto fievole o di un diritto condizionato o di un diritto in attesa di espansione; che, ai fini della tutela giurisdizionale, si atteggia a interesse legittimo e diviene diritto soggettivo solo dopo il rilascio dell’autorizzazione.

Le stesse Sezioni Unite prendendo in considerazione la posizione di colui che aveva installato un impianto televisivo e lo esercitava senza autorizzazione e senza l’assegnazione da parte della P.A. di una banda di frequenza, hanno ritenuto: che essa era equiparabile a quella di colui che aveva manifestato di volersi avvalere della libertà di iniziativa garantita dalla Costituzione in modo attuoso ed univoco con la presentazione della domanda di autorizzazione e di assegnazione di una banda di frequenza; che la esplicazione di fatto della attività in esame, pur anomala ed irregolare sotto il profilo giuridico e pur non implicante esercizio legittimo di un diritto, era idonea a dare risalto, in modo concreto ed attuale, allo specifico interesse del soggetto ed imprimeva ad esso un carattere differenziato rispetto agli altri cittadini ed era qualificabile nei confronti della P.A. come interesse legittimo.

Conseguentemente nell’una e nell’altra ipotesi le controversie sorte tra la RAI-TV ed i privati privi di autorizzazione e di assegnazione di una banda di frequenza erano di competenza del giudice amministrativo.

Diversa è la situazione della fattispecie in cui i privati esercenti impianti televisivi senza autorizzazione controvertono tra di loro.

Poiché esulanda dal thema decidendum, le Sezioni Unite, con la detta sentenza n. 5336 del 1980, non affrontarono la questione nei confronti di altri soggetti privati, a quale titolo, con quali mezzi e in quali forme la tutela fosse possibile.

Ora queste Sezioni Unite affrontano e risolvono quella questione che forma oggetto del giudizio sottoposto al loro esame.

Indubbiamente non può negarsi che l’interesse del soggetto che esercita un impianto televisivo senza autorizzazione meriti tutela nei confronti di altro soggetto privato che interferisca nell’uso della banda di frequenza e che lo uso di fatto della banda d frequenza debba trovare tutela giuridica.

I giudici di merito ed in ispecie i pretori (e la stessa dottrina) si sono ampiamente interessati della questione; e si sono profilate varie soluzioni.

Queste Sezioni Unite ritengono che sia ammissibile una tutela possessoria e una tutela petitoria.

Sembra ad esse che la tutela possessoria non possa avere come oggetto direttamente le frequenze anche se esse possono qualificarsi energie e quindi ricomprendersi tra i beni mobili ex art. 814 c.c. ed essere ritenute possibili oggetto di possesso e di diritti.

Nonostante gli sforzi, anche della dottrina, per un’estensione dei concetti tradizionali (possesso, proprietà, occupazione, ecc.) ai beni immateriali in genere e alle energie in particolare, vale la considerazione che esse non rappresentano res obiettivamente isolabili; onde per la loro astrattezza non possono essere oggetto di possesso indipendentemente dagli apparecchi che le captano e le utilizzano, dagli impianti da cui promanano e da cui si irradiano, ai quali sono inscindibilmente collegate.

Mancando anche una incorporazione materiale, naturale o artificiale, necessaria a produrre la trasformazione della natura giuridica del bene ed a conferire una ben precisa regolamentazione in corrispondenza della tutela possessoria, sarebbe difficile individuare una tutela petitoria da assumersi nello schema della proprietà.

Il possesso delle onde televisive in una certa e determinata frequenza riceve certamente tutela piuttosto come aspetto della più articolata situazione di possesso della emittente televisiva, intesa come complesso di apparecchiature, facente parte di una vera è propria azienda di diffusione di programmi televisivi.

Il possesso delle energie (onde elettromagnetiche) è tutt’uno con il possesso dei supporti che la emanano, ma nel contenuto della tutela necessariamente entrano a far parte integrante anche altri beni oltre le apparecchiature staticamente intese, e cioè le modalità di esplicazione della diffusione, ossia la trasmissione nella determinata banda di frequenza, quindi la intera emittente televisiva come impresa di diffusione televisiva facente capo ad una vera e propria azienda.

Accanto ad una tutela possessoria, per i suddetti profili non può nemmeno negarsi una tutela della impresa televisiva utilizzatrice del canale e della banda di frequenza di fatto e con preuso di essa rispetto al altri, sotto l’aspetto concorrenziale.

Non può negarsi la possibilità di qualificare come atti di concorrenza sleale quelli compiuti da un altro soggetto imprenditore in presenza di una consapevolezza della loro scorrettezza e dannosità, di un animus nocendi e la possibilità per l’imprenditore leso di conseguire la cessazione di detti atti ma anche il risarcimento dei danni nella sussistenza del dolo o della colpa del concorrente sleale.

Non può negarsi la tutela del diritto di esercitare un’impresa televisiva assistito dal preuso del canale o della banda di frequenza nell’ambito dell’esercizio del più ampio diritto di iniziativa economica, costituzionalmente riconosciuto e garantito.

Tutela certamente estensibile ad altri beni oltre il canale o la banda di frequenza e cioè all’avviamento, alla organizzazione aziendale e alla probabilità di guadagno.

Queste Sezioni Unite a parte la fondatezza delle tesi di diritto, ritengono che non siano trascurabili le esigenze di assicurare ai privati interessati una tutela di interessi e di diritti di cui essi si pongono titolari nel groviglio dell’etere determinatosi a seguito e per effetto delle carenze legislative a fronte della liberalizzazione sancita dalla Corte Costituzionale; esigenze e necessità di ordine pratico che hanno certamente determinata la affermata e riconosciuta tutela interdittale.

Certamente restano salvi gli approfondimenti da effettuarsi nei giudizi di cognizione ordinari in relazione alle fattispecie sottoposte all’esame dei giudici di merito; ma le considerazioni svolte innanzi sono sufficienti per affermare e determinare la competenza del giudice ordinario nelle controversi tra privati aventi ad oggetto l’uso o il preuso di canali televisivi e di bande di frequenza.

E’ cioè chiaro che lo stabilire se in concreto l’atto oggetto di denuncia costituisca effettivamente illecito concorrenziale, ai sensi dell’art. 2598, n. 3 cod.civile, sarà esclusivamente una questione di merito.

In sede di regolamento di giurisdizione, infatti, è necessario fermarsi al rilievo che, proposta una domanda imperniata sull’assunto della concorrenza sleale, la competenza giurisdizionale non può spettare ad altri che al giudice ordinario.

4. Le spese di questa fase del giudizio possono essere compensate, ricorrendone giusti motivi.

P.Q.M.

La Corte di Cassazione, a Sezioni Unite, riunisce i ricorsi.

Dichiara inammissibile il ricorso contro il provvedimento di urgenza;

rigetta il ricorso per regolamento di giurisdizione e dichiara la competenza giurisdizionale del giudice ordinario; compensa le spese.

Roma, 10.5.84