3 novembre 2003
Sentenza n. 6827 del Consiglio di Stato, Sezione VI
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente
DECISIONE
Sul ricorso in appello proposto da Reda Antonio rappresentato e difeso dall’avv. Eugenio Conforti presso il cui studio è elettivamente domiciliato in Roma via Ximenes n. 8;
Contro
Ministero delle telecomunicazioni, in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato presso i cui uffici domicilia in Roma via dei Portoghesi n. 12
per l’annullamento
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria – Catanzaro – n. 273 del 20/02/1998 – 08/04/1998;
Visti gli atti tutti della causa;
Alla pubblica udienza del 24 giugno 2003 relatore il Consigliere dott. Roberto Garofoli;
Udito l’avv. dello Stato Barbieri;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.
FATTO
In data 22 ottobre 1990, l’odierno appellante, unitamente a Parisi Salvatore, in qualità di amministratore di “Telecittà s.n.c. di Parisi e Reda”, presentava, ai sensi della l. n. 223/90, di concessione per l’esercizio di impianti di radiodiffusione televisiva in ambito locale. Successivamente il Parisi vendeva al Reda la propria quota di partecipazione e l’appellante proseguiva l’attività quale titolare dell’impresa individuale “Telecittà di Reda Antonio”.
Con il provvedimento impugnato in primo grado il Reda ha impugnato il decreto di rigetto della domanda di concessione per la radiodiffusione televisiva privata in ambito locale.
Nel dettaglio, la domanda è stata respinta sul rilievo secondo cui, in forza del disposto di cui all’art. 1, l. n. 422/93, le concessioni possono essere rilasciate ai soli soggetti autorizzati a proseguire nell’esercizio di impianti per la radiodiffusione in ambito locale ai sensi dell’art. 32, l. n. 223/90, non anche ai soggetti subentrati ai primi nella titolarità della emittente.
Avverso la sentenza con la quale è stato respinto il ricorso di primo grado insorge l’appellante sostenendone l’erroneità e chiedendone, quindi, l’annullamento.
All’udienza del 24 giugno 2003 la causa è stata trattenuta per la decisione.
DIRITTO
Il ricorso è infondato e va pertanto respinto.
Come rilevato nella parte in fatto, la domanda di concessione presentata dal Reda per l’esercizio di impianti per la radiodiffusione in ambito locale è stata respinta sul rilievo secondo cui, in forza del disposto di cui all’art. 1, l. n. 422/93, le concessioni in questione possono essere rilasciate ai soli soggetti autorizzati a proseguire nell’esercizio di impianti per la radiodiffusione in ambito locale ai sensi dell’art. 32, l. n. 223/90, non anche ai soggetti subentrati ai primi nella titolarità della emittente.
Si tratta di determinazione che, oltre ad essere sorretta quindi da sufficiente motivazione, è del tutto in linea con l’indirizzo della Sezione.
Come già sostenuto, infatti, l’art. 1, 1º comma, d.l. 27 agosto 1993 n. 323 prevede il rilascio delle concessioni per radiodiffusione televisiva in ambito locale a soggetti già autorizzati ai sensi dell’art. 32 l. 6 agosto 1990 n. 223; pertanto, è legittimo il diniego della concessione al soggetto subentrato nella proprietà dell’impianto al precedente titolare autorizzato ai sensi di quest’ultima legge (C. Stato, sez. VI, 08-04-2000, n. 2054).
Più nel dettaglio, la normativa transitoria dell’art. 1, 1º comma, l. 27 ottobre 1993 n. 422, prevedendo che soggetti legittimati alla concessione per la radiodiffusione privata in ambito locale siano solo quelli già autorizzati in base all’art. 32 l. 6 agosto 1990 n. 223, esclude che la concessione possa essere rilasciata a soggetti che abbiano acquisito gli impianti di radiodiffusione sonora o televisiva da soggetto autorizzato: l’interpretazione letterale e sistematica della normativa vigente rende infatti evidente che l’autorizzazione provvisoria è data ai «soggetti» intesi come persone fisiche e non alle «emittenti» intese come aziende. Ciò che conta ai fini della questione in esame, in definitiva, è che la società «autorizzata» resti formalmente immutata: ne deriva che l’unico mutamento nell’assetto proprietario dei soggetti autorizzati consentito dalla legge è quello in cui il soggetto autorizzato rivesta la forma della società di capitali, in quanto nessun ostacolo può essere frapposto alla libera circolazione delle azioni (C. Stato, sez. VI, 28-04-1998, n. 566).
Nel caso di specie, quindi, diversamente da quanto sostiene l’appellante, la continuità soggettiva rispetto al soggetto autorizzato è venuta meno per effetto della cessione della quota da parte di uno dei due soci della società in nome collettivo e della conseguente gestione dell’emittente ad opera del solo appellante, in qualità di titolare di un’impresa individuale.
Alla stregua delle ragioni esposte va dunque respinto l’appello.
Spese compensate.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, respinge l’appello.
Spese compensate.
Così deciso in Roma, il 24 giugno 2003 dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale – Sez.VI – nella Camera di Consiglio, con l’intervento dei Signori:
Salvatore GIACCHETTI Presidente
Alessandro PAJNO Consigliere
Carmine VOLPE Consigliere
Giuseppe MINICONE Consigliere
Roberto GAROFOLI Consigliere Est.