L’Agcom ha concluso, con la delibera n. 389/19/CONS del 19 settembre u.s., pubblicata nel relativo sito il 27 settembre u.s., l’analisi del mercato rilevante nel settore della radiofonia e accertamento dell’insussistenza di posizioni dominanti o comunque lesive del pluralismo, ai sensi dell’articolo 43, comma 2, del decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177 (fase 2).
La relativa consultazione pubblica era stata avviata lo scorso 7 giugno 2019 (con la delibera n. 224/19/CONS) e faceva seguito, a propria volta, alle conclusioni della “Fase 1” (si veda, al riguardo, la delibera Agcom n. 506/17/CONS del 19 ottobre 2017). Come specificato nell’Allegato A a tale delibera 506/17/CONS, le attività considerate nei mercati rilevanti dei servizi radiofonici, individuati ai fini della tutela del pluralismo, sono quelle relative all’attività editoriale svolta direttamente dai soggetti che hanno la responsabilità dei palinsesti radiofonici, ai sensi dell’art. 2, comma 1, lettera bb), del Testo Unico. In particolare, si fa riferimento all’attività editoriale delle emittenti radiofoniche, ossia soggetti titolari di concessione per la radiodiffusione sonora su frequenze terrestri in tecnica analogica (FM), e ai fornitori di contenuti destinati alla diffusione in tecnica digitale (DAB+).
Sono incluse nel mercato rilevante le attività editoriali svolte dai suddetti soggetti per la ritrasmissione in simulcast dei programmi radiofonici/palinsesti sulle reti televisive in tecnica digitale terrestre (DVB-T) nello specifico arco di numerazione riservato ai servizi radiofonici (attualmente l’ottavo) e su reti di diffusione via satellite.
Sono escluse, invece, tra l’altro, tutte le attività relative alla prestazione di servizi di media radiofonici su altri mezzi di comunicazione elettronica, ai sensi dell’art. 21, comma 1-bis, del Tusmar (tra cui anche le c.d. web radio), configurandosi in tal caso un altro mercato rilevante (il mercato della raccolta pubblicitaria online, su cui l’Agcom ha avviato una specifica consultazione pubblica).
Nell’Allegato A alla delibera, l’Agcom definisce i soggetti individuati nel mercato radiofonico nazionale (oggetto dell’analisi in parola) che sono, in prevalenza, emittenti radiofoniche titolari di concessione per la radiodiffusione sonora su frequenze terrestri in tecnica analogica (FM), in quanto tale tecnica di diffusione è, storicamente e ancora oggi, la più comune per l’offerta di contenuti radiofonici all’utente finale e quella che garantisce al comparto la maggiore remunerazione.
Nella propria analisi, l’Agcom rileva la distribuzione delle risorse economiche del comparto radiofonico, suddividendole tra ricavi nel mercato nazionale e ricavi nel mercato locale. In particolare, il mercato dei servizi radiofonici nell’anno 2017 (ultimo anno considerato) vale 623 milioni, di cui 476 milioni di euro del comparto nazionale e 147 milioni di euro del comparto locale. I relativi ricavi da pubblicità ammontano a 484 milioni di euro (il 72% dei quali, cioè circa 348,5 milioni, di competenza del mercato nazionale e il 28%, cioè circa 135,5 milioni, del mercato locale), mentre i fondi pubblici (canone Rai, convenzioni, provvidenze) ammontano a 139 milioni di euro (di cui il 93%, cioè 129,3 milioni comprensivi della quota di canone Rai, è relativo al mercato nazionale e il 7%, cioè 9,7 milioni, è relativo al mercato locale).
Con riferimento all’analisi sull’eventuale esistenza di una posizione dominante (singola o congiunta) o comunque lesiva del pluralismo nel mercato dei servizi radiofonici a livello nazionale, è emerso che i primi due soggetti in termini di ricavi complessivi sono la Rai e il Gruppo Fininvest.
Con riferimento all’assetto del mercato nazionale, l’Agcom rileva che lo stesso sarebbe, prima facie, caratterizzato da un “sufficiente grado di concorrenzialità e di pluralismo delle fonti informative”. L’Agcom afferma, poi, che “Tale mercato è infatti caratterizzato dall’esistenza di numerosi e qualificati soggetti nessuno dei quali presenta quote di mercato tali da poter essere considerato in posizione di significativo potere di mercato.”
Nelle proprie conclusioni, l’Agcom rileva, tra l’altro, che “l’analisi condotta nel presente procedimento ha permesso di appurare che nel mercato nazionale dei servizi radiofonici, allo stato attuale, non sono riscontrabili delle posizioni di preminenza idonee a configurare un significativo potere di mercato individuale o collettivo, né sussistono le condizioni affinché detta posizione, se pur non dominante, possa essere considerata, comunque, lesiva del pluralismo.
Tuttavia, tenuto conto della rilevanza di RAI e Fininvest – sia in termini di risorse economiche complessivamente realizzate all’interno del SIC, che nel panorama dell’informazione – della differente natura dei ricavi degli operatori, dell’esistenza di vincoli asimmetrici all’offerta che riducono gli incentivi ad esercitare una concorrenza effettiva fra di loro, nonché dei vantaggi derivanti dalla dimensione globale d’impresa, dallo sfruttamento delle sinergie che discendono dall’esercizio di attività strettamente correlate (televisione e radio) e, infine, dalla possibilità di adottare strategie escludenti nei confronti della concorrenza potenziale, l’Autorità intende esercitare un’attenta azione di monitoraggio, specialmente in occasione di processi di M&A, al fine di evitare che possa determinarsi un’alterazione delle condizioni competitive del mercato e del livello di pluralismo”.
L’Autorità conclude evidenziando che “per quanto riguarda la concorrenza dall’esterno del sistema, con riferimento alla crescente diffusione di contenuti sonori e radiofonici fruibili sulla rete Internet (che comunque non rientrano nell’ambito di mercato oggetto della presente analisi bensì in quello della raccolta pubblicitaria online), relativi non solo alla diffusione in simulcast dei propri palinsesti da parte dei soggetti esercenti l’attività di radiodiffusione sonora, ma anche all’offerta da parte delle piattaforme di aggregazione online, si rileva che, allo stato, per la percezione da parte dell’utenza e l’ancora contenuta redditività generata dagli stessi, tali servizi non si pongono in concorrenza con i servizi radiofonici tradizionali e, pertanto, le pressioni competitive esercitate dalle citate piattaforme di aggregazione non sono tali da condizionare l’assetto del mercato in esame”.
Figura. I ricavi del settore radiofonico in Italia (suddiviso tra mercato nazionale e mercato locale) negli anni dal 2015 al 2017 (Fonte: Agcom)