7 maggio 2003
Sentenza n. 2394 del Consiglio di Stato, Sezione VI
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul ricorso in appello n.6910 del 1997 proposto da l Ministero delle Poste e delle Telecomunicazioni (ora delle Comunicazioni) in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui Uffici è per legge domiciliato in Roma. Via dei Portoghesi n.12;
contro
Radio Studio 8, in persona della titolare Carmela Vinelli, n.c.;
per l’annullamento, previa sospensione dell’esecuzione,
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale della Lombardia, Sezione III, n.790 dell’11 giugno 1996;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore alla pubblica udienza del 18 febbraio 2003 il Consigliere Domenico Cafini; udito l’avvocato dello Stato Spina;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
FATTO
La sig.ra Carmela Vinelli, esercente titolare di un’emittente radiofonica privata, adiva il TAR della Lombardia per ottenere l’annullamento dell’esecuzione del decreto del Ministero delle PP.TT. con il quale era stato disposto il non accoglimento della sua domanda di concessione per la radiodiffusione sonora privata in ambito locale ed era stata notificata la cessazione della autorizzazione alla prosecuzione dell’esercizio dell’impianto di radiodiffusione per mancata presentazione, da parte della medesima, nel prescritto termine del 30.11.1993 della documentazione attestante i requisiti richiesti.
L’istante, deducendo censure di violazione di legge (artt.4, 5 e 6 L. n.241/1990; art.4 D.L. n.323/1993 conv. in L. n.422/1993) ed eccesso di potere sotto vari profili, rilevava, in particolare, che il Ministero delle PP.TT. non avrebbe potuto respingere la sua domanda di concessione sul solo fondamento dell’omesso invio, entro il 30.11.1993, della documentazione da allegare alla relativa domanda e che il predetto termine (indicato dall’art.4 D.L. n.323/1993, come modificato dalla L. n.422/1993) non poteva considerarsi perentorio, come al contrario ritenuto dall’Amministrazione.
Il Ministero intimato resisteva al ricorso rilevando che il sistema introdotto dall’art.32 della legge 6.8.1990, n.223 e dalle sue successive modificazioni rendeva evidente la natura perentoria e non meramente sollecitatoria del termine sopraindicato.
Il TAR della Lombardia – premesso che l’art.32 della legge n.223/1990 aveva previsto l’autorizzazione ope legis alla prosecuzione dell’esercizio degli impianti in questione, a condizione che i privati interessati avessero presentato domanda per il rilascio delle concessioni entro sessanta giorni dalla entrata in vigore della legge stessa e che il termine in questione era stato prorogato sino al 30.11.1993 (ex art.1 , comma 3, D.L. n.407/1992, come modificato dalla legge di conversione n.N.482/1992) e, successivamente, sino al 28.2.1994 (ex art.4 D.L. n.323/1993, convertito nella legge n.422/1994), prescrivendo che, entro il termine del 30.11.1993, gli interessati inviassero al Ministero la documentazione tecnica relativa alle trasmissioni in essere – accoglieva il ricorso, ritenendo che il termine anzidetto non potesse essere qualificato come perentorio, in quanto non solo faceva difetto nella previsione legislativa un’espressa indicazione in tal senso, ma anche perché alla sua eventuale violazione non corrispondeva la perdita di efficacia della concessione a trasmettere, stabilita fino al 28.2.1994.
Contro tale sentenza propone l’odierno appello l’Amministrazione postale deducendo, nella sostanza, l’erroneità della pronuncia non potendosi non riconoscere natura perentoria al termine sopra indicato, pur in assenza di una esplicita e diretta disposizione in tal senso; e ciò in considerazione del fatto che per la perentorietà dei termini degli atti di iniziativa privata dei procedimenti amministrativi non è necessario che la legge li qualifichi espressamente tali, potendosi detta natura desumere implicitamente dal dettato legislativo.
La parte appellata non si è costituita in giudizio.
Alla Camera di Consiglio del 29.7.1997 l’istanza cautelare è stata accolta.
Alla odierna pubblica udienza la causa è ritenuta dal Collegio in decisione.
DIRITTO
1. Con la sentenza impugnata il TAR Lombardia ha annullato il provvedimento di diniego di concessione sopra menzionato sul presupposto che la relativa documentazione non fosse stata inoltrata dalla ricorrente nel termine del 30.11.1993 fissato dall’art.4, comma 3, del D.L. 27.8.1993, n.323, come convertito nella legge n.422 del 27.10.1993, valutando tale termine come non perentorio in quanto nella norma citata non vi sarebbe stata una espressa indicazione in tal senso.
L’Amministrazione appellante, contestando tale statuizione, sostiene, al contrario, con l’odierno ricorso la perentorietà di detto termine.
La questione sostanziale che forma oggetto dell’appello concerne, dunque, la natura perentoria o meno del termine del 30 novembre 1993 fissato dall’art 4, comma 3, cit…
2. Al riguardo ritiene il Collegio che la tesi dell’Amministrazione ricorrente debba essere condivisa, atteso, in via generale, che per stabilire la perentorietà dei termini di atti dei procedimenti amministrativi non è necessario che la legge li qualifichi espressamente tali, potendosene desumere la natura perentoria anche implicitamente alla luce della ratio legis (in tal senso, cfr. Cons. St., Sez VI, 1.9.1999, n.1139; Sez V 28.5.1990, n.803).
Sulla questione della perentorietà o meno del termine per la presentazione della documentazione di cui trattasi, comunque, questa Sezione ha già avuto occasione di statuire, con pronunce dalle quali non v’è ragione ora di discostarsi, che il termine del 30.11.1993 fissato dall’art. 4, comma 3, del D.L. 27.8.1993 n. 323, convertito dalla legge 27.10.1993 n. 422, per la presentazione della documentazione a corredo delle domande di concessione per l’esercizio della radiodiffusione sonora locale, ha carattere perentorio (Cons. Stato, sez. VI, 22.10.2002, n. 5799; 1.9.1999, n. 1139; 14.4.1999, n. 433). Anche il Consiglio di Giustizia amministrativa per la Regione siciliana è orientato nello stesso senso, avendo ritenuto che il termine per la presentazione di documentazioni integrative richieste dalla P.A. ex dall’art. 4 cit., ai fini del rilascio dell’’autorizzazione all’esercizio di impianti per la radiodiffusione sonora o televisiva, ha natura perentoria (cfr. Cons. giust. amm. reg. sic., 14.4.1998, n. 203; 22.7.1998, n.447), in considerazione dei fini perseguiti dal Legislatore.
Infatti, la citata legge n.422/1993, volta nel suo intento essenziale ad attuare la riforma del sistema radiotelevisivo attraverso appositi tempestivi adempimenti da parte dell’Amministrazione e dei privati, fissava come primo obiettivo l’osservanza di un termine ultimo entro cui le emittenti interessate dovevano mettere in regola la propria posizione; quindi, il previsto termine del 30.11.1993, in quanto stabilito per porre fine a situazioni di esercizio non regolare dell’attività svolta nel settore in parola mediante l’invio di documentazione che attestasse il possesso dei necessari requisiti, non poteva non considerarsi che come termine perentorio.
Si perviene a tale conclusione, d’altra parte, anche se si prende in esame il contesto normativo nell’ambito del quale viene ad inserirsi la menzionata legge n.422/1993.
Posto che, ai sensi dell’art.16 della legge 6.8.1990 n.223, la radiodiffusione sonora e televisiva da parte di soggetti diversi dalla concessionaria pubblica era subordinata, in via generale, al rilascio di concessione, l’art. 32, comma 1, della medesima legge n.223, tuttavia, prevedeva in una prima fase il rilascio automatico di un’autorizzazione temporanea a proseguire l’attività di radiodiffusione sonora o televisiva in favore dei privati che esercitassero tale attività alla data di entrata in vigore della legge stessa (pubblicata sul suppl. ord. della G.U. n.185 del 19.8.1990) ed avessero dimostrato, con idonea documentazione da trasmettere nel termine di giorni sessanta da tale data, di possedere i necessari requisiti, appositamente allegati alla domanda di concessione; tale autorizzazione alla prosecuzione nell’esercizio sarebbe durata fino al rilascio della concessione definitiva o fino al rigetto della domandata concessione e, comunque, non oltre settecentotrenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge stessa (termine per l’esercizio provvisorio poi più volte prorogato con le leggi 17.12.1992 n. 482, 27.10.1993 n. 422 e 31.7.1997 n. 249, rispettivamente fino al 30.11.1993, fino al 28.2.1994 e fino al 30.4.1998; in particolare, con riguardo alla situazione oggetto del caso in esame, il termine venne prorogato, per i privati autorizzati alla prosecuzione dell’esercizio di impianti di radiodiffusione sonora, al 30.11.1993)
La norma sopra richiamata prevedeva, altresì, che il Ministero avrebbe provveduto a rilasciare a tali soggetti le relative concessioni per un periodo di due anni, purché essi fossero in possesso alla data di entrata in vigore della legge di conversione, dei requisiti previsti dall’art.16 della legge n.223/1990. Il termine per la prosecuzione dell’esercizio degli impianti di diffusione sonora e dei connessi collegamenti di telecomunicazioni, di cui all’art.32, comma 1, cit., venne poi ulteriormente prorogato, come accennato, per le emittenti autorizzate alla prosecuzione, fino al rilascio della concessione, ovvero fino alla reiezione della domanda e comunque non oltre il al 28.2.1994, con l’art.4, comma 1, del D.L. 27.8.1993, n.323, convertito in L. 27.10. 1993, n.422.
Ai sensi del terzo comma dell’articolo anzidetto, la documentazione attestante il possesso dei requisiti previsti dall’art.1, comma 3, del D.L. n.407/1992, convertito in L. n. 482/1992, per il rilascio della concessione biennale avrebbe dovuto essere “inoltrata al Ministero delle poste e delle telecomunicazioni entro il termine del 30.11.1993”.
La legge n. 422 del 1993, dunque, pur provvedendo a prorogare il termine di durata dell’autorizzazione temporanea, ha mantenuto, come data ultima per presentare la necessaria documentazione tecnica riguardante gli impianti in esercizio, il termine del 30.11.1993.
Dall’esame della disciplina normativa ora descritta può ricavarsi agevolmente la conclusione che nell’intento del Legislatore la data del 30.11.1993 costituiva il “termine di grazia per regolarizzare posizioni da anni esercite in via di mero fatto e, quindi, una ulteriore conferma della perentorietà del termine legislativo” ( cfr. decisioni citate nn. 433 e 1139 del 1999).
D’altronde, la perentorietà del termine ex art. 32 L. n.223/1990 stabilito per la presentazione della domanda di concessione può certamente desumersi pure dal contenuto della medesima disposizione, che, nell’autorizzare i soggetti privati (esercenti impianti di radiodiffusione alla data di entrata in vigore della legge) alla prosecuzione nell’esercizio dei relativi impianti, disponeva che l’autorizzazione stessa veniva rilasciata a condizione che, entro sessanta giorni dalla data anzidetta, avessero presentato la domanda per il rilascio della concessione, collegando alla mancata presentazione della domanda nei termini di legge un effetto negativo per gli interessati, e cioè il mancato conseguimento della autorizzazione provvisoria ex lege, con la conseguente sanzione della disattivazione degli impianti.
Ora, poiché l’art.4 D.L. 27.8.1993 n.323, da un lato prevede l’ulteriore proroga di attività per le emittenti già autorizzate ex lege, dall’altro impone la presentazione di documenti per il rilascio della concessione, precisando che tale documentazione “deve essere inoltrata al Ministero delle Poste e delle Telecomunicazioni entro il termine del 30 novembre 1993”, si deve ritenere, sotto il profilo logico, che la espressa perentorietà del termine originario, indicato per la presentazione della domanda, si estenda anche al termine successivo, stabilito fissato per l’integrazione della documentazione. Certamente illogico sarebbe, infatti, che, dopo avere stabilito il termine perentorio per la presentazione delle domande di concessione, il Legislatore – nell’intento di definire le medesime domande entro determinati termini programmati – abbia fissato termini perentori per la presentazione della domanda di concessione ed abbia poi consentito ai richiedenti di disattendere il termine stabilito dall’art. 4 cit. per la presentazione dell’ulteriore documentazione richiesta, relativa pur sempre alla stessa domanda, rimettendoli sostanzialmente in termine per la definizione della concessione in parola (cfr., in tal senso, Cons. St., sez. VI, 14 .4.1999, n.433; 1.9.1999, n.1139).
3. In relazione a siffatta ampia produzione normativa i giudici di primo grado, invero, hanno osservato (seguendo un orientamento giurisprudenziale diverso rispetto a quello della Sezione) che l’affermazione della perentorietà del termine del 30.11.1993 non poteva essere condivisa, perchè, da una parte, tale termine non sarebbe qualificato perentorio dalla legge e perché, dall’altra, il termine stesso risulterebbe imposto in sede di conversione del decreto legge a pochi giorni dalla prevista scadenza, il che non si sarebbe conciliato con la complessità dei richiesti adempimenti.
Secondo la sentenza impugnata, dunque, il Legislatore, lungi dal sottoporre i privati a termini per loro iugulatori, soprattutto con riguardo alla documentazione in linea tecnica da reperire e da trasmettere al Ministero, avrebbe in effetti inteso sollecitare gli stessi ad un rapido adempimento delle anzidette formalità, a pena dell’inefficacia della concessione in essere alla successiva data del 28.2.1994.
Tali argomentazioni dei giudici di prime cure non sono condivisibili alla stregua delle considerazioni sopra svolte.
Al riguardo il Collegio deve ribadire, in definitiva, che la legge n.422/1993, agli artt. 2, comma 3, e 4, comma 3, dispone (rispettivamente per il rilascio delle concessioni relative alla radiodiffusione televisiva locale e alla radiodiffusione sonora locale) che i richiedenti trasmettano al Ministero la documentazione attestante i requisiti prescritti entro il termine del 30.11.1993 e che non è necessario, affinché i termini di atti appartenenti a procedimenti amministrativi siano ritenuti perentori, che la legge li qualifichi espressamente tali. Come accennato, infatti, la natura perentoria di essi può desumersi, alla stregua del dettato legislativo, anche implicitamente, secondo quanto riconosciuto in più occasioni dalla richiamata giurisprudenza della Sezione, con pronunce che si sono soffermate ampiamente anche sul quadro normativo di riferimento idoneo ad individuare la ratio legis da tenere presente nella fattispecie (Cons. Stato, sez. VI, 14.4.1999, n. 433; 1.9.1999, n. 1139; 22.10.2002, n.5799).
4. Non appare sufficiente, peraltro, ad escludere la perentorietà del termine in questione la circostanza che la legge n.422/1993, all’art.2, comma 3 bis, stabilisca che il Ministero delle PP.TT. “può richiedere ai soggetti interessati, oltre alla documentazione prevista dal comma 2 del presente articolo e dal comma 2 dell’articolo 4, dichiarazioni sostitutive di atti di notorietà, rese ai sensi della legge 4 gennaio 1968, n. 15, per l’attestazione degli elementi istruttori necessari per il rilascio delle concessioni per la radiodiffusione sonora e televisiva” e che successivamente al rilascio delle concessioni, procede alla verifica di tali attestazioni e, in caso di dichiarazioni false, il Ministro delle PP.TT.” dispone la revoca della concessione, ferme restando le sanzioni previste dalle norme vigenti”.
Tale disposizione prevede, infatti, un’attività istruttoria di ufficio che ha carattere facoltativo e che riguarda ’acquisizione di elementi diversi” rispetto a quelli che gli interessati sono tenuti a documentare entro il 30.11. 1993.
Pertanto, quanto previsto dal comma 3 bis dell’art. 2 cit. non appare utile a colmare lacune documentali delle parti, che hanno comunque l’onere di presentare i prescritti documenti entro il 30.11.1993; e non faculta il Ministro a chiedere agli interessati, anche dopo la scadenza del termine fissato dalla legge, atti non prodotti (cfr., in tal senso, decisioni n. 433 e n.1139 cit.).
5. Alla stregua delle considerazioni che precedono l’appello deve essere, dunque, accolto.
Quanto alle spese del giudizio, non vi è luogo a pronunciarsi sulle stesse non essendosi costituita in giudizio la parte appellata.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, accoglie il ricorso in appello e, per l’effetto, annulla la sentenza in epigrafe con conseguente rigetto del gravame di primo grado.
Nulla per le spese.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, il 18 febbraio 2003 dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione VI), riunito in Camera di Consiglio, con l’intervento dei Signori:
Mario Egidio SCHINAIA Presidente
Sergio SANTORO Consigliere
Luigi MARUOTTI Consigliere
Carmine VOLPE Consigliere
Domenico CAFINI Consigliere Est.