7 Ottobre 1987 Sentenza della Pretura Circondariale di Roma

7 OTTOBRE 1987

SENTENZA DELLA PRETURA CIRCONDARIALE DI ROMA

 

FATTO. – Con rapporto AG II/2/654/86 SG datato 10 settembre 1986 la Dir. Compartimentale PP. TT. per il Lazio riferiva che in seguito ad accertamenti espletati era emerso che Carcasi Maurizio nella sua qualità di responsabile dell’Hotel Sheraton sito in V.le del Pattinaggio aveva installato e posto in funzione sull’edificio dell’albergo un’antenna a parabola atta a ricevere programmi televisivi via satellite.

Precisava il suddetto rapporto che tale antenna andava considerata quale stazione radioelettrica così come definita dall’art. 315 del d.P.R. 156/73 e come tale esercibile solo previo conseguimento della concessione di cui peraltro il Carcasi doveva ritenersi sprovvisto.

Veniva pertanto disposto da questo Pretore la perquisizione dell’Albergo in questione: nel corso dell’esecuzione dell’atto veniva sequestrata l’antenna con i relativi accessori.

Il Carcasi veniva interrogato con mandato di comparizione e quindi tratto a giudizio: nel corso del dibattimento il prevenuto, confermando le proprie precedenti dichiarazioni contestava l’addebito sostenendo di aver legittimamente installato l’apparato in questione.

Il P.M. e la difesa concludevano come in atti.

DIRITTO. – Del tutto insussistente appare la penale responsabilità del prevenuto in ordine al reato ascrittogli.

Occorre invero preliminarmente rilevare come con circolare 3 luglio 1987 della Direzione Centrale dei Servizi Radioelettrici, l’Amministrazione delle Poste, mutando radicalmente il proprio atteggiamento al riguardo abbia affermato la legittimità dell’uso delle antenne paraboliche atte alla ricezione dei programmi via satellite purché tali antenne siano collegate ad un impianto televisivo privato, non superino le dimensioni di 3 metri di diametro, e siano in grado di ricevere esclusivamente emissioni comprese tra le frequenze 10,7 G.Hz e 12,75 G.Hz.

Dalla lettura della circolare in argomento sembrerebbe doversi dedurre che il fondamento giuridico di tale disposizione sia da ricercarsi nell’art. 318 del d.P.R. 156/73 in forza del quale il titolo di abbonamento alle radio diffusioni tiene luogo della licenza.

Tale impostazione appare a giudizio di questo Pretore corretta e va quindi condivisa.

Infatti l’antenna parabolica di cui si tratta, non diversamente da una normale antenna televisiva, da un apparato radio ricevente, trasmittente ecc., costituisce di per se una stazione radioelettrica ai sensi dell’art. 315 cod. postale. Come tale per essere esercitata essa necessita in astratto – in forza dei principi di carattere generale che informano il d.P.R. 156/73 – della concessione previsti dal combinato disposto dagli artt. 322 e 213 ss. d.P.R. cit.

Ciò posto appare necessario porre in luce come di una tale concessione necessiterebbe anche quella particolare stazione radioelettrica che è il televisore domestico munito dell’antenna: ciò peraltro non è in realtà necessario, in quanto come già accennato il titolo d’abbonamento alle radiodiffusioni tiene luogo della concessione.

Per meglio chiarire il significato ed il valore del canone di abbonamento non sarà superfluo ricordare come lo stesso non costituisca la controprestazione dovuta dall’abbonato, nell’ambito di un rapporto sinallagmatico di natura privatistica, per il godimento del servizio costituito dalla trasmissione radiotelevisiva, bensì un obbligo di diritto pubblico cui l’abbonato medesimo è soggetto, e che si qualifica quale tassa di concessione governativa (v. art. 1, legge 10 novembre 1954, n. 1150).

Da quanto sin qui esposto discende con tutta evidenza che, se non è necessario conseguire una speciale concessione per installare la comune antenna televisiva da collegare al televisore privato, una simile concessione non necessita neppure per l’antenna paraboloide di che trattasi posto che tra le due non esiste giuridicamente nessuna differenza; le stesse svolgono infatti la medesima funzione di mera ricezione di segnali televisivi; segnali in ordine ai quali non sussistono divieti di ricezione.

Le antenne in argomento infatti, così come quelle comuni, da un canto si limitano esclusivamente a ricevere il segnale televisivo e non lo ritrasmettono, dall’altro non sono atte a ricevere onde guidate la cui intercettazione è sanzionata penalmente dall’art. 623-bis cod. pen. Per altro verso vale la pena di porre in evidenza come non esista alcuna normativa di natura regolamentare o legislativa che stabilisca quale siano le caratteristiche tecniche cui le antenne televisive debbono rispondere.

Invero l’art. 397, comma 4 cod. postale che stabilisce, riferendosi appunto alle antenne che «gli impianti debbono essere realizzati secondo norme e tecniche emanate con decreto del Ministero delle Poste e Telecomunicazioni», non ha mai avuto pratica attuazione non essendo stato emanato il Decreto indicato.

Accertata quindi l’equivalenza giuridica e funzionale dei due tipi di antenna, rilevato che comunque non esiste normativa che imponga per la ricezione di programmi televisivi tipi di antenna rispondente a parametri tecnici determinati, la liceità dell’uso dell’antenna parabolica collegata ad un normale televisore senza il previo conseguimento di una particolare concessione appare definitivamente accertata.

Dall’esclusione della necessità di una specifica concessione per l’installazione e l’uso delle antenne in questione consegue che il reato contestato esula per difetto di elemento oggettivo: il prevenuto deve andare assolto pertanto dall’imputazione ascrittagli perché il fatto non costituisce reato.

Segue la restituzione dell’apparato in sequestro.

Né alcuna rilevanza in sede penale può essere attribuita alla circostanza che con la circolare citata viene stabilito che per installare ed usare l’antenna in questione è necessario ottenere una specifica autorizzazione.

L’inosservanza di tale obbligo potrà costituire violazione amministrativa (che comporterà com’è ovvio l’irrogazione delle corrispondenti sanzioni) ma non mai responsabilità penali che solo discendono dall’esercizio di impianti radioelettrici per i quali sia necessario il conseguimento di una concessione – e non quindi di una autorizzazione – nei casi in cui tale concessione non sia stata ottenuta (v. art. 195, comma 1, n. 2 d.P.R. 156/73 mod. art. 45 legge 103/75).

Conseguentemente il fatto che il Carcasi abbia installato l’antenna in questione senza aver ottenuto l’autorizzazione di cui alla circolare citata non è fatto di cui debba conoscere il Giudice Penale ma solo, in ipotesi, mera violazione di competenza dell’Autorità Amministrativa.

Visto l’art. 479 cod. proc. pen. assolve Carcasi Maurizio dall’imputazione ascrittagli perché il fatto non costituisce reato. Ordina la restituzione dell’apparato in sequestro.