9 dicembre 1998 Sentenza n.12388/98 della Corte Suprema di Cassazione, Sezione I civile

9 DICEMBRE 1998

SENTENZA N. 12388/98 DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, SEZIONE I CIVILE

Sul ricorso proposto da: Garante per la Radiodiffusione e l’Editoria, domiciliato in Roma Via dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che lo rappresenta e difende ope legis;

ricorrente

contro

Formula Uno srl, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma Viale Mazzini 88, presso l’avvocato Vitaliano Amiconi, che la rappresenta e difende, giusta delega a margine del controricorso;

controricorrente

contro

Trend srl, gestore di Radio Company, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma Via E. Q. Visconti 20, presso l’Avvocato Antonio Pacifico, che la rappresenta e difende unitamente all’Avv. Felice Vaccaro, giusto mandato a margine del controricorso;

controricorrente

contro

Seprat srl, Rete Selene di Luciano Tarricone & CO., in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, elettivamente domiciliati in Roma Via dei Latini 4, presso l’avvocato Gino Tomei, che li rappresenta e difende, giuste procure speciali la prima: per Notaio Palo Talice di Montebelluna rep. n. 36361 del 19.3.1997; la seconda: per Notaio Claudio La Serra di Corato rep. n. 7427 del 17.3.1997;

controricorrente

contro

F.R.T. Federazione Radio Televisioni;

intimata

avverso la sentenza n. 6867/96 della Pretura di Roma, depositata il 28/11/96;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 19/6/98 dal Consigliere Dott. Francesco Felicetti;
udito per il ricorrente, l’Avvocato dello Stato Polizi, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito il resistente, Trend, l’Avvocato Vaccaro, che ha chiesto il rigetto del ricorso;
udito per il resistente, Formula Uno, l’Avvocato Amiconi, che ha chiesto il rigetto del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Stefano Schirò che ha concluso per il rigetto o in subordine l’inammissibilità del ricorso.

Svolgimento del processo

1 Con ordinanza-ingiunzione emessa il giorno 18 novembre 1994, notificata il 25 novembre 1994 alla srl Trend, il Garante per la radiodiffusione e l’editoria ingiungeva alla medesima – autorizzata all’esercizio della radiodiffusione sonora via etere in ambito locale – il pagamento di lire 10.000.000 per avere irradiato, in data 22 maggio 1994, contemporaneamente messaggi pubblicitari differenziati in diverse zone del bacino nel quale era stata autorizzata a trasmettere, in violazione dell’art. 15, comma 15, della legge 6 agosto 1990, n. 223. La srl Trend proponeva opposizione dinanzi al Pretore di Roma con ricorso 23 dicembre 1994, deducendo – tra l’altro – l’insussistenza per le emittenti radiofoniche locali, quale essa è, del divieto di trasmettere messaggi pubblicitari differenziati. Nel giudizio spiegavano intervento adesivo la Rete Selene, di Luciano Tarricone e c. s.n.c.; la Seprat srl; la F.R.T. Federazione Radio Televisioni; la Formula Uno srl, chiedendo a loro volta l’accoglimento dell’opposizione, avendo interesse all’affermazione del principio sostenuto dalla società opponente.
Il Pretore, con sentenza depositata il 28 novembre 1996, riteneva ammissibili gli interventi e accoglieva l’opposizione in relazione al su detto profilo, annullando l’ingiunzione opposta.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione il Garante per la radiodiffusione e l’editoria, formulando un univo motivo di gravame. Resistono con controricorso – e sostanzialmente con ricorso incidentale – la Trend srl; con controricorso la Formula Uno srl; la Seprat srl; la Rete Selene di Luciano Tarricone e c. snc. La società Trend ha anche depositato memoria.

Motivi della decisione

1 Con ricorso si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 8, commi 2 e 10,15, comma 15, 14, comma 2, della legge n. 223 del 1990, nonché l’insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia. Si deduce in particolare che il Pretore, nella sentenza impugnata, dopo avere esattamente rilevato il carattere generale della regola posta nell’art. 15, che impone a tutti i concessionari, nazionali e locali, di trasmettere lo stesso programma su tutto il territorio da essi servito, si sarebbe lasciato fuorviare, nel motivare l’accoglimento dell’opposizione, dal tenore dell’art. 8, commi 2 e 10, della legge n. 223, erroneamente interpretato come rilevatore della non ammissibilità della pubblicità all’ordinaria programmazione, e come recante in proposito una specifica disciplina, sostanzialmente derogatrice di quella dettata dall’art. 15, comma 15. Secondo il ricorrente, il comma 2 dell’art. 8, imponendo all’emittente di operare un distacco visivo o acustico tra programma e pubblicità, diversamente da quanto ritenuto dalla sentenza impugnata, presupporrebbe che essa rientri nella programmazione, dalla quale proprio per la mancanza di una differenza ontologica deve essere differenziata con un distacco acustico o visivo. Inoltre la stessa lettera della norma fa riferimento all’obbligo di distinguere la pubblicità “dal resto dei programmi”. Non pertinente sarebbe altresì il richiamo, fatto nella motivazione della sentenza, all’art. 14, comma 2, che attiene ai bilanci dei concessionari, nei quali vanno indicati separatamente i dati relativi ai programmi, alla pubblicità e alle sponsorizzazioni, così come l’argomentazione del Pretore secondo la quale la pubblicità e i programmi non possono essere assimilati, costituendo questi il mezzo per ottenere la seconda, che costituisce la fonte di guadagno dell’imprenditore. Si tratterebbe, infatti, di argomenti inidonei ad identificare la natura sostanziale della pubblicità.
Secondo il ricorrente la decisione impugnata si fonda soprattutto sull’erronea applicazione del canone ermeneutico secondo il quale “lex specialis derogat legi generali” , essendo stato ritenuto l’art. 15, comma 15, norma generale e l’art. 8, comma 10, norma speciale, mentre secondo il ricorrente tele canone non sarebbe applicabile tra disposizioni, coeve, quali quelle in discorso, bensì solo in relazione alla successione di leggi nel tempo. Nel caso di specie il canone ermeneutico sarebbe invece unicamente quello stabilito dall’art. 12 disp. prel. cod. civ., secondo il quale nell’interpretare la legge si deve tenere conto della connessione delle parole e dell’intenzione del legislatore. In tale ottica, la regola posta dall’art. 15, comma 15, che impone a tutti i concessionari di trasmettere il medesimo programma su tutto il territorio in cui è rilasciata la concessione, non sarebbe derogato – quanto alla pubblicità – dall’art. 8, comma 10, che invece lo confermerebbe, stabilendo innanzitutto che la pubblicità locale è riservata ai concessionari privati per la diffusione in ambito locale, così facendo coincidere il bacino di utenza con l’ambito del singolo messaggio pubblicitario, essendo il primo a caratterizzare la natura “locale” della pubblicità. Ciò emergerebbe con maggior chiarezza dal collegamento tra la prima e la seconda parte del comma, prevedendosi come conseguenza della riserva della pubblicità locale ai concessionari di reti locali l’obbligo per i concessionari di reti nazioni di trasmettere messaggi pubblicitari contemporaneamente e con identico contenuto su tutti i bacini serviti, facendosi coincidere il bacino di utenza con il messaggio pubblicitario, cosicchè tale obbligo dovrebbe ritenersi esteso alle emittenti locali per ragioni di ordine logico ed a tutela delle emittenti locali minori, nel cui bacino di utenza quelle maggiori non debbono potere trasmettere messaggi pubblicitari differenziati, per non pregiudicarne il finanziamento. In coerenza con tale interpretazione della normativa, secondo il ricorrente, l’ultima parte del comma in esame – secondo la quale “i concessionari privati che abbiano ottenuto l’autorizzazione di cui all’art. 21, possono trasmettere, oltre alla pubblicità nazionale, pubblicità locale differenziata per ciascuna zona oggetto dell’autorizzazione, interrompendo contemporaneamente l’interconnessione” – andrebbe interpretata nel senso che le reti locali interconnesse possono mandare in onda pubblicità separata solo relativamente a ciascuna zona oggetto di autorizzazione, mentre all’interno di tale zona non possono mandare in onda, nello stesso momento, pubblicità differenziata.
2 La srl Trend, pur avendo formalmente proposto solo un controricorso, con esso ha sostanzialmente formulato anche tre motivi di ricorso incidentale.
Con primo motivo ha dedotto di avere proposto, nell’udienza di discussione dell’opposizione, eccezione di incompetenza del Garante ad emanare l’ingiunzione impugnata – avendo competenza in proposito solo riguardo alle violazioni degli artt. 8, 9, 20, 21 e 26 della legge n. 223 del 1990 e non anche dell’art. 15, della legge medesima, in concreto contesta nel caso di specie – senza che il Pretore abbia presa in considerazione nella sentenza emanata.
Con il secondo motivo si ripropone una questione di legittimità costituzionale già sollevata con l’opposizione e ritenuta dal Pretore manifestatamente infondata, senza peraltro né riformularla, né addurre alcuna censura rispetto alla motivazione di non manifesta infondatezza della sentenza impugnata.
Con il terzo motivo si deduce la violazione dell’art. 91 e 132, n. 4, c.p.c. in relazione alla compensazione delle spese disposta dalla sentenza di primo grado, per non essere stata questa adeguatamente motivata.
3 Ai sensi dell’art. 335 c.p.c. il ricorso principale e quello incidentale vanno riuniti per essere decisi con un’unica sentenza.
Ragioni di ordine logico impongono l’esame in via pregiudiziale dei primi due motivi del ricorso incidentale, attenendo il primo alla competenza del Garante per la radiodiffusione ad emanare l’ingiunzione opposta, ed il secondo alla legittimità costituzionale della normativa applicata. Entrambi i motivi debbono, peraltro, essere dichiarati inammissibili. Il primo in quanto, secondo quanto emerge dalla sua stessa formulazione, è stato prospettato solo nell’udienza di discussione dell’opposizione e non con il ricorso, e cioè ben oltre il termine di trenta giorni previsto dall’art. 22 della legge n. 869 del 1981 per la proposizione dell’opposizione e dei relativi motivi (essendo stata l’ingiunzione notificata il 25 novembre 1994 e la causa discussa all’udienza del 13 novembre 1996). Il secondo essendo stata l’eccezione di incostituzionalità riformulata in modo del tutto generico, con un mero rinvio a quanto esposto al riguardo nell’atto di opposizione, senza alcuna precisazione né del suo contento, né della norma in relazione alla quale la si intendeva formulare, e con tale omissione di censure riguardo alla motivazione di manifesta infondatezza della sentenza impugnata.
4 Il ricorso principale è infondato.
Il Pretore, nell’accogliere l’opposizione, ha ritenuto insussistente la violazione dell’art. 15, comma 15, della legge n. 223 del 1990, contestata alla srl Trend, per avere irradiato, nell’esercizio di programmi radio via etere in ambito locale, messaggi pubblicitari differenziati, contemporaneamente, in diverse zone del bacino di utenza nel quale era autorizzata a trasmettere. Nella motivazione delle sentenza si osserva essenzialmente in proposito che l’art. 15, comma 15, su detto, impone a tutti i concessionari, operanti in ambito locale o nazionale, di trasmettere il medesimo programma su tutto il territorio per il quale è stata rilasciata la concessione. Peraltro, un’interpretazione sistematica della norma, secondo il Pretore, indurrebbe a far ritenere che essa non riguardi la pubblicità – che, pure, astrattamente, potrebbe essere considerata parte dei “programmi” – tenuto conto: a) innanzitutto, che teleologicamente i programmi costituiscono un costo dell’impresa, mentre la pubblicità costituisce un ricavo; b) che l’art. 15, comma 15, è derogato dall’art. 8, comma 10, il quale vieta ai concessionari operanti in ambito nazionale di frantumare i messaggi per singoli bacini di utenza, esentandone i concessionari operanti in ambito locale autorizzati ai sensi dell’art. 21 a trasmettere i programmi in contemporanea in più bacini di utenza, senza prevedere alcun divieto per gli altri concessionari in ambito locale; c) che non appare pertanto legislativamente tutelata l’esclusiva pubblicitaria delle emittenti locali più piccole, che operano su parti soltanto di un bacino di utenza, e che a ciascun concessionario di impianti locali è consentito di trasmettere pubblicità differenziata nel territorio assegnatogli.
Tale motivazione appare sostanzialmente esatta, sulla base di una attenta disamina della normativa dettata dalla legge n. 223 del 1990, mentre non appaiono convincenti le censure mosse alla sentenza con il ricorso.
Va osservato che l’art. 3 ha previsto la predisposizione di un piano di assegnazione delle frequenze che suddivide il territorio nazionale in bacini di utenza, risultanti dall’aggregazione di una pluralità di aree, determinati tenendo conto della entità numerica della popolazione servita, della sua distribuzione, e delle condizioni geografiche, urbanistiche, socio-economiche e culturali. I bacini di utenza per la radiodiffusione sonora, secondo il dispositivo normativo, debbono consentire la coesistenza del maggior numero di emittenti e reti, specificatamente nelle zone con maggior densità della popolazione. Essi debbono coincidere, di regola, con il territorio delle province o delle aree metropolitane; possono, peraltro, comprendere più province, parti di esse, o parti di province diverse, purchè contigue, ove ciò si renda necessario in relazione alle caratteristiche sociali, etniche e culturali della zona. I bacini di utenza per la radiodiffusione televisiva debbono coincidere, invece, di regola, con il territorio delle singole regioni. Il piano di assegnazione deve individuare il numero di impianti atto a garantire la diffusione del maggior numero di programmi nazionali e locali in ciascun bacino. L’art. 3, comma 11, dispone inoltre, espressamente, che “potranno essere previsti anche impianti che operano su parti limitate dei bacini di utenza”. Lo stesso art. 3 precisa che per esercizio in ambito nazionale si intende quello effettuato con rete che assicuri la diffusione in almeno il 60 per cento del territorio nazionale. L’art. 19 stabilisce il numero massimo di bacini di utenza in relazione ai quali possono essere rilasciate concessioni per la radiodiffusione sonora o televisiva allo stesso soggetto.
L’art. 21 statuisce a sua volta che la trasmissione di programmi in contemporanea, da parte di concessionari privati per la radiodiffusione sonora o televisiva in ambito locale, che operano in bacini di utenza diversi, è subordinata ad autorizzazione rilasciata dal Ministro delle Poste sulla base di preventive intese fra i concessionari privati e le emittenti che trasmettano sulla base di tale autorizzazione sono considerati esercenti reti locali.
Dal complesso di tale normativa risulta, pertanto, che le concessioni per l’esercizio di impianti radio o televisivi locali, possono riguardare sia un singolo bacino di utenza identificato nel piano nazionale di ripartizione delle frequenze, sia una parte di esso, sia più bacini di utenza.
L’art. 15, comma 15, a proposito della programmazione, stabilisce che i concessionari privati e la concessionaria pubblica sono tenuti a trasmettere “il medesimo programma su tutto il territorio per il quale è rilasciata la concessione”, salvi i casi di deroga previsti da apposito regolamento.
L’art. 8 contiene una normativa specifica e dettagliata sulla pubblicità, con la quale, oltre a porre limiti quantitativi e divieti, al comma 10, ha disposto: “La pubblicità locale è riservata ai concessionari privati per la diffusione in ambito locale: pertanto i concessionari privati per la radiodiffusione sonora e televisiva in ambito nazionale e la concessionaria pubblica debbono trasmettere messaggi pubblicitari, contemporaneamente, e con identico contenuto, su tutti i bacini serviti. I concessionari privati che abbiano ottenuto l’autorizzazione di cui all’art. 21, possono trasmettere, oltre alla pubblicità nazionale, pubblicità locale diversificata per ciascuna zona oggetto dell’autorizzazione, interrompendo temporaneamente l’interconnessione”.
5 Ad avvalorare l’interpretazione affermata nella sentenza impugnata, circa l’assenza di un divieto, per i concessionari di impianti locali, di trasmettere pubblicità differenziata all’interno della zona alla quale la concessione si riferisce, va considerato innanzitutto che il coordinamento fra l’art. 15, comma 15, che prevede l’obbligo per i concessionari di trasmettere lo stesso programma su tutto il territorio per il quale è rilasciata la concessione, e la particolare disposizione dell’art. 8, comma 10, che disciplina la pubblicità locale, non può prescindere dal dato sistematico emergente dal collocamento dell’obbligo di trasmettere lo stesso programma in quella parte dell’art. 15 che disciplina il contenuto della programmazione, nei limiti in cui lo consente la libertà garantita dall’art. 21 della Costituzione e dal collocamento, invece, della disciplina della pubblicità in un autonomo articolo, avente tale specifico oggetto ed il fine – tra l’altro – perseguito secondo una scelta che rientra nella discrezionalità legislativa, di garantire ai concessionari incassi pubblicitari che da un alto assicurino un effettivo pluralismo radiotelevisivo, e dall’altro non inaridiscano le fonti pubblicitarie a danno di altri mezzi di diffusione del pensiero, assicurando nel modo migliore l’attuazione, con tutti gli strumenti esistenti, della libertà di manifestazione del pensiero, in conformità del dettato costituzionale.
Deriva da tale considerazione di ordine sistemico che – pur dovendosi ammettere che nella stessa terminologia della legge n. 223 del 1990 la pubblicità venga talvolta considerata parte della programmazione, come si evince dallo stesso testo dell’art. 8, in cui sono stabiliti i limiti temporali di trasmissione dei messaggi pubblicitari rispetto al complesso della programmazione, e ne è prevista la distinzione dal resto dei programmi attraverso stacchi visivi o sonori – la rispettiva disciplina forma oggetto, in concreto, di autonome statuizioni, in relazione alla diversa valenza economica della pubblicità rispetto ai programmi, essendo questi, come esattamente ha osservato il Pretore, un costo dell’impresa radiotelevisiva, mentre la pubblicità ne costituisce un ricavo.
Deve ritenersi esatta, pertanto, già per tali ragioni di ordine sistematico, l’interpretazione data all’art. 15, comma 15, della sentenza impugnata, secondo la quale esso, nel disporre l’obbligo per i concessionari di trasmettere il medesimo programma per tutto il territorio per il quale è assegnata la concessione, non si riferisce anche alla pubblicità.
Ciò, per altro verso, è fatto palese anche da altre considerazioni.
Al riguardo va osservato che, se il legislatore avesse inteso riferire la norma in esso enunciata anche alla pubblicità, sarebbe stato del tutto superfluo stabilire nell’art. 8, comma 10, che “i concessionari privati per la radiodiffusione sonora e televisiva in ambito nazionale e la concessionaria pubblica devono trasmettere messaggi pubblicitari contemporaneamente e con identico contenuto su tutti i bacini serviti”, giacchè tale obbligo, se riferibile anche ai messaggi pubblicitari, sarebbe già derivato dall’art. 15, comma 15.
Va parimenti osservato che l’art. 31 della legge n. 223 del 1990, così come modificato dall’art. 8 del D.L. 27 agosto 1993, n. 323, convertito nella legge 27 ottobre 1993, n. 422, elenca distintamente, fra le violazioni da esso sanzionate, quelle degli artt. 8, comma 10 e 15, comma 15, così dimostrando chiaramente che il legislatore non ha inteso considerare l’obbligo previsto da quest’ultima norma – di “trasmettere il medesimo programma su tutto il territorio per il quale è rilasciata la concessione” – comprensivo dell’obbligo di trasmettere parimenti su tutto il territorio i medesimi messaggi pubblicitari.
Ne deriva che tale obbligo, essendo distinto da quello di trasmettere il medesimo “programma” su tutto il territorio per il quale sia stata rilasciata la concessione, stabilito dall’art. 15, comma 15, deve ritenersi abbia il contenuto e l’estensione precisati dall’art. 8, comma 10, il quale lo prevede unicamente per i concessionari privati per la radiodiffusione sonora e televisiva in ambito nazionale e per la concessionaria pubblica a carico dei quali è posto l’obbligo di “trasmettere messaggi pubblicitari contemporaneamente e con identico contenuto su tutti i bacini serviti”, obbligo che non è esteso ai concessioni privati per la radiodiffusione sonora e televisiva in ambito locale e dal quale sono espressamente esentati dallo stesso articolo 8 i concessionari autorizzati a trasmettere per interconnessione tra loro ai sensi dell’art. 21, per i quali significativamente, il legislatore, nel prevedere che, interrompendo l’interconnessione, possono trasmettere “pubblicità locale differenziata per ciascuna zona oggetto dell’autorizzazione,” non ha fatto riferimento ad un obbligo di trasmettere contemporaneamente messaggi pubblicitari di identico contenuto nell’intero bacino o nell’intera parte bacino da essi servita.
Ne consegue che, dovendo le norme che prevedono sanzioni amministrative, a norma dell’art. 1 della legge n. 689 del 1981, essere applicate “soltanto nei casi in esse considerati”, avendo la sentenza impugnata esattamente ritenuto che il fatto sanzionato con l’ingiunzione opposta non rientrava tra quelli vietati dalla legge n. 223 del 1990, il ricorso principale deve essere rigettato.
6 Va parimenti rigettato il terzo motivo del ricorso incidentale proposto dalla srl Trend, in ordine alla compensazione delle spese di giudizio di primo grado, tenuto conto che, in tema di spese processuali, la statuizione adottata dal giudice di merito è sindacabile in sede di legittimità nei soli casi di violazione del divieto, posto dall’art. 91 c.p.c., di porre anche parzialmente le spese a carico della parte vittoriosa, o nel caso di compensazione fra le parti adottata con motivazione illogica (Cass. 23 giugno 1997, n. 5607; 10 giugno 1997, n. 5174; 9 novembre 1996, n. 9802), mentre nel caso di specie il giudice di merito ha compensato le spese in relazione alla novità della questione, che costituisce valido motivo di compensazione. Tale novità unitamente alle obbiettive difficoltà d’interpretazione della normativa che disciplina la materia ed al carattere di principio che rivestiva la controversia, inducono questa Corte a compensare fra le parti anche le spese di questo grado.

P.Q.M.

La Corte di Cassazione

Riuniti i ricorsi, li rigetta. Compensa le spese.