9 GENNAIO 1981
SENTENZA DELLA PRETURA CIRCONDARIALE DI BERGAMO SEZ. PENALE
Omissis. Per quanto concerne la posizione di Manzoni Corrado ritiene il pretore, che occorra innanzitutto individuare con esattezza il fatto materiale posto in essere dall’imputato, per accertare se lo stesso sia ricollegabile alla fattispecie penale prevista dall’art. 171, lett. b, L.22 aprile 1941, n. 633, in ossequio ai principi generali che regolano il nostro ordinamento penale (artt. 125, 2° comma Corte Cost. e l. codice penale), in base ai quali nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso e che prevede espressamente, il fatto medesimo come reato.
Orbene, nel caso de quo deve ritenersi accertato che l’imputato radiodiffuse esecuzioni di opere musicali incise su dischi immessi lecitamente in commercio, non potendosi, in proposito, qualificare il fatto come radio diffusione di opere musicali.
La diffusione dell’opera, infatti richiede la trasposizione dei suoi elementi grafici su strutture materiali (ad esempio la carta), che consenta a chiunque di conoscerla visivamente nella sua forma definitiva, ossia nell’edizione dell’opera, giuridicamente disciplinata dagli artt. 118 e segg. e 130 della citata legge.
L’esecuzione di testo musicale si configura, invece, come un quid pluris, essendo innegabile l’apporto di un contributo intellettuale dell’esecutore, distinto da quello dell’autore, come risulta dal resto dalla lettura della IV Sezione – titolo III della legge, intitolata “contratti di rappresentazione e di esecuzione” ed in specie dall’art. 141; norma che, dando concretezza al diritto esclusivo di esecuzione, previsto dall’art. disciplina il contratto di esecuzione di composizione musicale.
Ciò premesso, osserva che l’art. 171 della legge sul diritto d’autore configura ipotesi specifiche di comportamenti criminosi, alle quali l’interprete deve rigorosamente attenersi, trattandosi di norme penali per le quali vige l’espresso divieto di applicazione analogica, ex art. 14 delle disposizioni sulla legge in generale. Orbene la norma, alla lett. B sanziona penalmente il comportamento di colui che, senza averne diritto, a qualsiasi scopo e in qualsiasi forma “rappresenta, esegue o recita in pubblico o diffonde con o senza variazioni o aggiunte, un’opera altrui adatta a pubblico spettacolo od una composizione musicale; la rappresentazione o esecuzione comprende la proiezione pubblica dell’opera cinematografica, l’esecuzione in pubblico delle composizioni musicali, inserite nelle opere cinematografiche e la radiodiffusione mediante altoparlante azionato in pubblico”. Essa, ha per oggetto l’esecuzione non autorizzata di un’opera musicale, distinguendosi dall’ipotesi formulata sotto la precedente lett. A, ove viene perseguita l’illecita riproduzione, trascrizione, recitazione in pubblico, diffusione, vendita e messa in commercio dell’opera altrui, intesa nel significato più ampio di opera dell’ingegno e quindi comprensiva anche delle opere musicali, ai sensi dell’art. 1 della legge e dell’art. 2575 codice civile, ma non fa alcun riferimento all’autorizzazione di un’esecuzione già autorizzata dall’autore dell’opera, come nel caso di specie.
Invero il legislatore ha usato anche il termine “diffonde” il che potrebbe indurre a sostenere che esso abbia inteso ricomprendervi anche il fenomeno della radiodiffusione (di esecuzioni autorizzate di opere) ma la collocazione del verbo nel contesto della frase (recita in pubblico o diffonde) e l’esame della precedente normativa, fanno invece ritenere che esso sia stato utilizzato per conseguire la punibilità delle esecuzioni abusive dirette al pubblico anche se non effettuate in sua presenza.
L’art. 61 della L. 7 novembre 1925, corrispondente al vigente art. 171, sanzionava infatti l’esecuzione in pubblico di un’opera musicale, senza far riferimento alla diffusione. In quanto all’art. 10 statuiva espressamente che doveva ritenersi pubblica l’esecuzione che veniva radiodiffusa. L’art. 15 della nuova legge nel diritto d’autore, invece, non ha riprodotto il vecchio testo, perché la radiodiffusione è stata disciplinata a parte dall’art. 51 e segg.
Oggetto dell’art. 171, lett. B, sono, pertanto, esclusivamente i fatti di rappresentazione, esecuzione e recitazione. Lo confermano innanzitutto il riferimento specifico, contenuto nella norma (2° comma) alla radiodiffusione mediante altoparlante azionato in pubblico che viene ricompresa, ad esclusione delle altre forme di radiodiffusione e non ad exemplum (posto che trattasi di norma penale), nell’ambito dell’esecuzione in pubblico.
Se così non fosse, infatti, non si comprenderebbe la ragione della specificazione, considerato che nel 1° comma viene usato il termine più ampio di diffusione. In secondo luogo la normativa internazionale che distingue la radiodiffusione dalla comunicazione al pubblico e dall’esecuzione (v. Convenzione di Berna sul diritto di autore, ratificata con L. 20 giugno 1978, n. 399) e che afferma, da una parte (art. 11) il diritto dell’autore di autorizzare l’esecuzione dell’opera musicale e dall’altra (art. 11 bis) il diritto di ottenere un equo compenso, per la radiodiffusione, prevedendo che, in mancanza di accordo, lo stesso sia determinato dall’autorità competente.
Il legislatore del 1941 si è adeguato ai principi della convenzione internazionale, dettando una disciplina specifica per le opere radiodiffuse. L’art. 51 della legge n.633, infatti, recita: “in ragione della natura e dei fini della radiodiffusione, come servizio riservato allo Stato, che lo esercita direttamente o per mezzo di concessioni, il diritto esclusivo di radiodiffusione, direttamente o con qualsiasi mezzo intermediario, è regolato dalle norme particolari seguenti”. Sicché viene riconosciuta la facoltà di eseguire la radiodiffusione di opere dell’ingegno dai teatri, dalle sale di concerto e da ogni altro luogo pubblico, con conseguente imposizione di obbligo a carico di proprietari, impresari e di quanti concorrono allo spettacolo, di permettere gli impianti e le prove tecniche per preparare la radiodiffusione.
Il consenso dell’autore dell’opera, è previsto esclusivamente per la diffusione di opere nuove (art. 52) e di opere dai locali dell’ente (art. 59), mentre è riconosciuto allo stesso, per la generalità dei casi di radiodiffusione un mero diritto di natura patrimoniale, al pagamento di un compenso (art. 56).
Il diverso trattamento trova una spiegazione nel fatto che si è voluto attribuire una posizione soggettiva privilegiata al titolare dell’ente di radiodiffusione, conferendogli entro certi limiti un vero e proprio diritto, non condizionato alla autorizzazione dell’autore dell’opera (penalmente tutelata) ma soggetto all’obbligo di corrispondere a quest’ultimo un compenso, conseguibile con la tutela civile. Infatti l’art. 61 della legge prevede, al n. 3 il diritto esclusivo dell’autore di radiodiffondere l’opera mediante l’impiego del disco o altro strumento meccanico, rinvia (v. ultimo comma) alle norme contenute nella III Sez. del capo IV, testé richiamati, chiarendo così anche il contenuto ed i limiti dell’art. 16 che individua l’oggetto del diritto esclusivo di diffondere nell’impiego di uno dei mezzi di diffusione, quali il telegrafo, il telefono, la radiodiffusione, la televisione ed altri mezzi.
Il legislatore del 1941 ha in conseguenza di ciò dettato una specifica tutela civilistica relativa ai diritti di utilizzazione economica, stabilendo all’art. 156 che “chi ha ragione di temere la violazione di un tale diritto, a lui spettante in virtù di questa legge, oppure intende impedire la continuazione o la ripetizione di una violazione già avvenuta può agire in giudizio per ottenere che il suo diritto sia accertato e sia interdetta la violazione”. Ulteriore elemento di conferma della tesi, qui sostenuta, è costituito dal richiamo esplicito fatto alla lett. F dell’art. 174 della violazione del diritto esclusivo dell’ente radio emittente, previsto dall’art. 79 in cui il fatto costituente reato, viene tipizzato con termini specifici (ritrasmette per radio – registra su dischi fonografici – trasmissioni o ritrasmissioni radiofoniche), diversamente da quanto avviene a lett. B, ed in cui l’esercente la radiodiffusione è evidentemente soggetto passivo del reato.
Un’ultima considerazione si impone a proposito della pretesa illegittimità costituzionale degli artt. 51 e segg. disciplinanti l’attività di radiodiffusione, in relazione agli artt. 3 e 21 Cost., per un presunto trattamento di favore riservato alla R.A.I. quale ente concessionario di stato, rispetto alle emittenti private.
In merito si osserva che la denunciata disparità di trattamento (storicamente giustificabile per le ideologie politiche vigenti all’epoca e per la irrilevante presenza di emittenti private) nell’attuale ordinamento non sembra più sussistere a seguito della pronuncia della sentenza interpretativa n. 202 del 1976 della Corte costituzionale, che ha “liberalizzato” nell’ambito locale il servizio di radiodiffusione privato riconoscendogli il diritto di coesistere col regime monopolistico della R.A.I., (previa autorizzazione e sotto il controllo degli organi dello Stato).
Orbene la sussistenza di tale soggezione, consente di ritenere applicabile anche alle emittenti private la normativa originariamente dettata solo per l’ente concessionario di Stato, non potendovi contestare l’identità della natura dei mezzi di trasmissione e la rispondenza dei fini, indipendentemente dalla forma di gestione, agli interessi generali dello Stato, verificata attraverso l’attività di controllo sulle trasmissioni medesime.
La prospettata questione di legittimità costituzionale deve pertanto essere ritenuta manifestamente infondata.
Le su esposte considerazioni impongono pertanto l’assoluzione dell’imputato perché il fatto non è preveduto dalla legge come reato. – Omissis.