Circolare I.N.P.G.I. n. 2 del 24 febbraio 2011 avente per oggetto: “Misure in tema di contrasto al lavoro sommerso e procedure di accertamento delle inadempienze in materia previdenziale contenute nella legge 4 novembre 2010 n.183 (c.d. “Collegato Lavoro”)”

AERANTI-CORALLO
CASELLA POSTALE N. 360
60100 ANCONA AN

Circolare n. 2 del 24/02/2011 
Prot. Generale n.6912/U del 24/02/2011

OGGETTO:
Misure in tema di contrasto al lavoro sommerso e procedure di accertamento delle inadempienze in materia previdenziale contenute nella legge 4 novembre 2010 n. 183 (c.d. “Collegato Lavoro”).

 

Premessa

Il 24 novembre u.s, come è noto, è entrata in vigore la legge 4 novembre 2010 n. 183 (c.d. “Collegato Lavoro”). Il provvedimento, tra le varie misure, contiene alcune novità particolarmente rilevanti in materia di contrasto al lavoro sommerso e in tema di modifica delle procedure di accertamento, contestazione e notifica degli illeciti amministrativi e delle altre irregolarità in materia di lavoro e previdenza.

La Direzione Generale per l’Attività Ispettiva del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, con le circolari n. 38 e n. 41 del 2010 ha delineato le principali caratteristiche delle misure legislative afferenti il predetto ambito tematico, tracciando un quadro riassuntivo e interpretativo in merito alle problematiche di ordine generale relative alla loro concreta attuazione sul piano operativo.

A seguito di ulteriori chiarimenti interpretativi, forniti recentemente per le vie brevi dalla predetta Direzione, si ritiene opportuno illustrare alcuni particolari aspetti attuativi delle disposizioni normative introdotte dagli artt. 4 e 33 della legge  n. 183/2010 rientranti nello specifico ambito di operatività delle attività di vigilanza e controllo effettuate dai funzionari di questo Istituto.

Verbale unico

Il comma 4 del novellato art. 13 del Dlgs 124/2004 prevede che al termine delle attività di verifica  il soggetto ispezionato riceva un unico documento riassuntivo di tutte le irregolarità eventualmente riscontrate – sia che le stesse rivestano natura di illecito amministrativo ovvero consistano nel mancato versamento di contributi previdenziali obbligatori – mediante la redazione di un verbale unico di accertamento.
Tenuto conto, altresì, di quanto previsto dallo stesso art. 13 in tema di diffida preventiva obbligatoria per gli illeciti amministrativi sanabili, si possono sinteticamente riassumere le seguenti tipologie di irregolarità che potranno trovare collocazione all’interno del verbale unico:

  1. illeciti amministrativi sanabili: il verbale conterrà una diffida a regolarizzare l’inadempimento entro il termine di 30 giorni dalla notifica dell’atto e a versare l’importo della relativa sanzione ridotta entro i successivi 15 giorni. Nel caso di ottemperanza alla diffida, il procedimento sanzionatorio si estiguerà. In caso di inadempimento, il verbale acquisirà efficacia di contestazione dell’illecito e la procedura sanzionatoria seguirà il proprio corso con l’inoltro del rapporto all’autorità competente e la successiva adozione dell’ordinanza ingiunzione di cui all’art. 18 della legge 689/81;
  2. illeciti amministrativi non sanabili: il verbale conterrà immediatamente la contestazione della sanzione e produrrà gli effetti di cui all’art. 14 della legge 689/81, con possibilità di inoltro di memorie e scritti difensivi ai sensi dell’art. 18 della legge 689/81;
  3. inadempienze previdenziali consistenti nel mancato pagamento di contributi connesso a diversa qualificazione dei rapporti di lavoro: il verbale conterrà una richiesta di pagamento dei contributi previdenziali non versati  e delle relative sanzioni civili, avverso la quale il datore di lavoro potrà inoltrare ricorso al Comitato regionale per i rapporti di lavoro di cui all’art. 17 del Dlgs 124/2004;
  4. inadempienze previdenziali consistenti nel mancato pagamento di contributi non connesso a diversa qualificazione dei rapporti di lavoro: il verbale conterrà la richiesta di pagamento dei contributi previdenziali non versati e delle relative sanzioni civili, avverso la quale il datore di lavoro potrà inoltrare ricorso al Presidente dell’Istituto.

E’ evidente, quindi, che la particolare complessità dell’atto – derivante dall’obbligo di riunire in un unico atto tutti i provvedimenti adottati in conseguenza delle irregolarità riscontrate – comporta la necessità di evidenziare separatamente – in apposite sezioni dedicate – le inadempienze aventi diversa natura, sia al fine di renderne più semplice la comprensione del contenuto che di agevolare l’individuazione dell’organo competente ad esaminare e decidere l’eventuale impugnazione.

Contrasto al lavoro sommerso e “maxisanzione”

Nell’intento di conferire maggiore incisività agli strumenti dissuasivi dei fenomeni di utilizzo di lavoratori per i quali, al fine di eludere gli obblighi assicurativi e previdenziali, non vengono assolti gli adempimenti di natura pubblicistica previsti dalla legislazione sociale e del lavoro, il legislatore è intervenuto con una serie di modifiche sia dei sistemi di comunicazione e registrazione  dei rapporti di lavoro che del relativo regime sanzionatorio, determinando un assetto complessivo che mette in risalto la rilevanza degli aspetti sostanziali degli adempimenti connessi all’instaurazione ed alla gestione dei rapporti di lavoro rispetto a quelli di natura meramente formale.

In tale ottica, un ruolo centrale è svolto, come è noto, dalla cosiddetta “maxisanzione per il lavoro nero”. Introdotta per la prima volta dall’art. 3, 3° comma del D.L. n. 12/2002, convertito in Legge n. 73/2002 e successivamente rivisitata con l’art. 36 bis del D.L. n. 223/2006 (c.d. Decreto Bersani), convertito con Legge n. 248/2006, la nuova formulazione della fattispecie è contenuta nell’art. 4, comma 1, lettera a) della legge n. 183, che testualmente recita: “ferma restando l’applicazione delle sanzioni già previste dalla normativa in vigore, in caso di impiego di lavoratori subordinati senza preventiva comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro da parte del datore di lavoro privato, con la sola esclusione del datore di lavoro domestico, si applica altresì la sanzione amministrativa da euro 1.500 a euro 12.000 per ciascun lavoratore irregolare, maggiorata di euro 150 per ciascuna giornata di lavoro effettivo. L’importo della sanzione è da euro 1.000 a euro 8.000 per ciascun lavoratore irregolare, maggiorato di euro 30 per ciascuna giornata di lavoro irregolare, nel caso in cui il lavoratore risulti regolarmente occupato per un periodo lavorativo successivo. L’importo delle sanzioni civili connesse all’evasione dei contributi e dei premi riferiti a ciascun lavoratore irregolare di cui ai periodi precedenti è aumentato del 50 per cento».

Rispetto alle precedenti versioni, quindi, viene adottato un nuovo, preciso ed univoco parametro di riferimento ai fini della sussistenza della condotta illecita, consistente nell’utilizzo di un lavoratore dipendente senza il preventivo invio della comunicazione obbligatoria di inizio del rapporto al centro per l’impiego. Il testo legislativo, inoltre, definisce chiaramente  un ambito di operatività della norma nettamente più ristretto rispetto al passato, in quanto la stessa trova applicazione limitatamente ai soli rapporti di lavoro subordinato, mentre restano escluse dalla nuova fattispecie sanzionatoria tutte le situazioni di irregolarità riferite ad altre tipologie di rapporto di lavoro e ad altre forme di utilizzo di prestazioni lavorative.

Il comma 1, lettera b) dell’art. 4, inoltre, introduce un ulteriore elemento di forte innovazione, prevedendo la sussistenza di una specifica condizione di punibilità del comportamento datoriale, consistente nella volontà di occultare il rapporto di lavoro, che viene normativamente esclusa nell’ipotesi in cui risulti che il datore di lavoro abbia assolto in precedenza gli adempimenti di natura contributiva relativi al rapporto di lavoro per il quale non è stata effettuata la comunicazione ai centri per l’impiego, anche se tali adempimenti siano riferiti ad una diversa qualificazione dello stesso: «le sanzioni di cui al comma 3 non trovano applicazione qualora, dagli adempimenti di carattere contributivo precedentemente assolti, si evidenzi comunque la volontà di non occultare il rapporto, anche se trattasi di differente qualificazione».

Tenuto conto della chiara formulazione letterale della norma, quindi, il provvedimento sanzionatorio non sussiste quando il datore di lavoro ha comunque effettuato, prima dell’ispezione, gli adempimenti di natura contributiva riferiti al lavoratore, anche se formalmente inquadrato con una tipologia di rapporto di lavoro diversa.
Per quanto riguarda l’ambito giornalistico, come è noto, a decorrere dal 1° gennaio 2009 i committenti sono tenuti a denunciare all’apposita Gestione separata costituita presso l’Inpgi – ai sensi del comma 25 dell’art. 2 della legge n. 335/95 e del successivo Decreto legislativo n. 103/96 – i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa instaurati con i giornalisti, attraverso l’apertura della posizione assicurativa e l’invio delle denunce mensili. 
Pertanto, nei casi in cui in sede ispettiva si accerti la natura subordinata di un rapporto di lavoro formalizzato come co.co.co., se risulta che il “committente” non abbia effettuato la comunicazione al centro per l’impiego, nemmeno per tale formale tipologia di rapporto, ma che abbia, tuttavia, denunciato all’ente, prima dell’inizio dell’ispezione, l’esistenza del predetto rapporto attraverso l’inserimento del nominativo del “collaboratore” nel DASM inviato all’Istituto, non ricorreranno gli estremi per contestare la maxisanzione.

Diversamente, nei casi in cui il rapporto di lavoro che dissimula la natura subordinata accertata in sede ispettiva  sia stato originariamente qualificato come una prestazione di lavoro autonomo libero professionale (soggetta al regime IVA) ovvero come una prestazione occasionale o, ancora, come una cessione dei diritti d’autore, il regime previdenziale dell’Inpgi, come è noto, non prevede nessun rapporto diretto tra il datore di lavoro e l’ente di previdenza, in quanto l’onere dell’assolvimento degli obblighi contributivi in favore della gestione Separata dell’Istituto ricade direttamente sul giornalista, sia per la quota di contribuzione a proprio carico che per quella a carico del datore. Quest’ultimo, tuttavia, ha comunque l’obbligo di corrispondere al giornalista, all’atto della liquidazione del compenso, la quota di contributo a proprio carico (pari al 2% del corrispettivo lordo).
Tenuto conto che la norma attribuisce genericamente efficacia esimente a tutti gli “adempimenti di carattere contributivo precedentemente assolti”, a prescindere se sussista un rapporto diretto o meno con l’ente di previdenza, si osserva che qualora tale assolvimento sia stato effettivamente posto in essere e venga debitamente rilevato in corso di ispezione – attraverso l’esame della documentazione fiscalmente e contabilmente idonea ad attestare l’avvenuta corresponsione del compenso maggiorato dell’aliquota del 2% dovuta a carico del datore di lavoro, costituita, a titolo esemplificativo, dalle fatture, note o ricevute debitamente quietanzate, accompagnate dall’evidenza contabile dell’entità del pagamento e della data in cui è stato effettuato il relativo movimento finanziario, con allegazione di copia del bonifico di versamento o di altra rendicontazione bancaria utile – non debba comunque trovare applicazione la maxisanzione.

Al contrario, sussisteranno gli estremi per irrogare la maxisanzione, in tali casi, qualora si accerti contestualmente la sussistenza “di fatto” di un rapporto di lavoro subordinato (per il quale non sia stata effettuata ovviamente alcuna comunicazione obbligatoria ai centri per l’impiego) e il mancato adempimento – da parte del datore di lavoro – dell’obbligo di corrispondere al giornalista il predetto contributo integrativo a proprio carico.

Modalità procedurali inerenti l’avvio e lo svolgimento delle attività di accertamento.

L’art. 33 della legge 183/2010 sostituisce il testo dell’art. 13 del Decreto legislativo n. 124/2004 e  introduce per la prima volta, con una norma di diritto positivo, l’obbligo per il personale ispettivo di redigere e consegnare al datore di lavoro, al termine del primo accesso, uno specifico atto contenente una serie di elementi e informazioni.
Premesso che, nello specifico, tale norma spiega il proprio ambito di efficacia soggettiva in via prioritaria nei confronti del personale ispettivo delle Direzioni Regionali e Provinciali del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, si osserva – d’intesa con la Direzione Generale per l’Attività Ispettiva – che, per quanto concerne l’impatto della nuova disciplina dettata dal Collegato Lavoro sull’attività ispettiva posta in essere dei funzionari dell’Inpgi, rimangono inalterate le procedure con le quali viene attualmente svolto il primo accesso ispettivo, nell’ambito del quale gli ispettori – dopo essersi qualificati mediante esibizione dell’apposito tesserino identificativo – procedono ad una ricognizione dei locali in cui si svolge l’attività redazionale, alla identificazione dei soggetti ivi presenti ed all’esame della documentazione amministrativa del datore di lavoro, con modalità rapportate alle effettive dimensioni delle strutture aziendali ed al volume del numero di lavoratori presenti. Le procedure attualmente in uso, infatti, già rispondono sostanzialmente alle nuove previsioni introdotte dal citato Collegato Lavoro.

Distinti saluti.

 

Il Vice Direttore Generale
F.to (Dott.ssa Maria I. Iorio)