Delibera 16 settembre 2016 dell’Agcom recante “Atto di indirizzo sul rispetto della dignità umana e del principio di non discriminazione nei programmi di informazione, di approfondimento informativo e di intrattenimento” (Delibera n. 424/16/CONS)

 
AUTORITA’ PER LE GARANZIE NELLE COMUNICAZIONI

 

DELIBERA N. 424/16/CONS

ATTO DI INDIRIZZO SUL RISPETTO DELLA DIGNITÀ UMANA E DEL PRINCIPIO DI NON DISCRIMINAZIONE NEI PROGRAMMI DI INFORMAZIONE, DI APPROFONDIMENTO INFORMATIVO E DI INTRATTENIMENTO

(Pubblicata nel sito internet Agcom il 3 novembre 2016)

 

 

L’AUTORITÀ

NELLA riunione del Consiglio del 16 settembre 2016;

VISTA la legge 31 luglio 1997, n. 249, recante “Istituzione dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e norme sui sistemi delle telecomunicazioni e radiotelevisivo”;

VISTO il decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177, recante “Testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici”, di seguito denominato Testo unico;

VISTO l’art. 7 della Dichiarazione universale dei diritti umani delle Nazioni Unite del 1948 secondo il quale “Tutti sono eguali dinanzi alla legge e hanno diritto, senza alcuna discriminazione, ad una eguale tutela da parte della legge. Tutti hanno diritto ad una eguale tutela contro ogni discriminazione che violi la presente Dichiarazione come contro qualsiasi incitamento a tale discriminazione”;

VISTO l’art. 1 della Convenzione internazionale sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione razziale delle Nazioni Unite del 1965, ratificata con legge 13 ottobre 1975 n. 654, secondo cui “l’espressione «discriminazione razziale» sta ad indicare ogni distinzione, esclusione, restrizione o preferenza basata sulla razza, il colore, l’ascendenza o l’origine nazionale o etnica, che abbia lo scopo o l’effetto di distruggere o di compromettere il riconoscimento, il godimento o l’esercizio, in condizioni di parità, dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali in campo politico, economico, sociale e culturale o in ogni altro settore della vita pubblica”;

VISTO l’art. 1 della Convenzione sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne delle Nazioni Unite del 1979, ratificata con legge 14 marzo 1985 n. 132, secondo il quale “la discriminazione contro le donne sta ad indicare ogni distinzione o limitazione basata sul sesso, che abbia l’effetto o lo scopo di compromettere o annullare il riconoscimento, il godimento o l’esercizio da parte delle donne, indipendentemente dal loro stato matrimoniale e in condizioni di uguaglianza fra uomini e donne, dei diritti umani e delle libertà fondamentali in campo politico, economico, culturale, civile, o in qualsiasi altro campo”;

VISTO l’art. 17 della Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza delle Nazioni Unite del 1989, ratificata con legge 27 maggio 1991 n. 176, secondo il quale: “Gli Stati parti riconoscono l’importanza della funzione esercitata dai mass media e vigilano affinché il fanciullo possa accedere ad una informazione ed a materiali provenienti da fonti nazionali e internazionali varie, soprattutto se finalizzati a promuovere il suo benessere sociale, spirituale e morale nonché la sua salute fisica e mentale. A tal fine, gli Stati parti: a) incoraggiano i mass media a divulgare informazioni e materiali che hanno una utilità sociale e culturale per il fanciullo e corrispondono allo spirito dell’art. 29 […]”;

VISTO l’art. 29 della Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza delle Nazioni Unite del 1989, ratificata con legge 27 maggio 1991 n. 176, secondo il quale: “Gli Stati parti convengono che l’educazione del fanciullo deve avere come finalità: a) favorire lo sviluppo della personalità del fanciullo nonché lo sviluppo delle sue facoltà e delle sue attitudini mentali e fisiche, in tutta la loro potenzialità; b) sviluppare nel fanciullo il rispetto dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali e dei principi consacrati nella Carta delle Nazioni Unite; c) sviluppare nel fanciullo il rispetto dei suoi genitori, della sua identità, della sua lingua e dei suoi valori culturali, nonché il rispetto dei valori nazionali del paese nel quale vive, del paese di cui può essere originario e delle civiltà diverse dalla sua; d) preparare il fanciullo ad assumere le responsabilità della vita in una società libera, in uno spirito di comprensione, di pace, di tolleranza, di uguaglianza tra i sessi e di amicizia tra tutti i popoli e gruppi etnici, nazionali e religiosi e delle persone di origine autoctona […]”;

VISTO il preambolo (lettera h) della Convenzione sui diritti delle persone con disabilità delle Nazioni Unite del 2006, ratificata con legge 3 marzo 2009 n. 18, in cui si riconosce che “la discriminazione contro qualsiasi persona sulla base della disabilità costituisce una violazione della dignità inerente e del valore della persona umana”;

VISTO l’art. 3 della Convenzione sui diritti delle persone con disabilità delle Nazioni Unite del 2006, ratificata con legge 3 marzo 2009 n. 18, che pone tra i principi della Convenzione stessa la non discriminazione;

VISTO l’art. 21 (Non discriminazione) della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea del 2000 e in particolare il comma 1, secondo il quale “È vietata qualsiasi forma di discriminazione fondata, in particolare, sul sesso, la razza, il colore della pelle o l’origine etnica o sociale, le caratteristiche genetiche, la lingua, la religione o le convinzioni personali, le opinioni politiche o di qualsiasi altra natura, l’appartenenza ad una minoranza nazionale, il patrimonio, la nascita, gli handicap, l’età o le tendenze sessuali”;

VISTO l’art. 22 (Diversità culturale, religiosa e linguistica) della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea del 2000 secondo il quale “L’Unione rispetta la diversità culturale, religiosa e linguistica”;

VISTO l’art. 3 della Costituzione Italiana secondo cui “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”;

VISTO l’art. 3-ter della direttiva n. 2007/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2007, che modifica la direttiva 89/552/CEE del Consiglio relativa al coordinamento di determinate disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti l’esercizio delle attività televisive secondo il quale “Gli Stati membri assicurano, con misure adeguate, che i servizi di media audiovisivi forniti dai fornitori di servizi di media soggetti alla loro giurisdizione non contengano alcun incitamento all’odio basato su razza, sesso, religione o nazionalità”;

VISTO l’art. 3 del decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177, recante “Testo unico della radiotelevisione”, come modificato dal decreto legislativo 28 giugno 2012, n. 120, recante “Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 44” secondo il quale “Sono principi fondamentali del sistema dei servizi di media audiovisivi e della radiofonia la garanzia della libertà e del pluralismo dei mezzi di comunicazione radiotelevisiva, la tutela della libertà di espressione di ogni individuo, inclusa la libertà di opinione e quella di ricevere o di comunicare informazioni o idee senza limiti di frontiere, l’obiettività, la completezza, la lealtà e l’imparzialità dell’informazione, la tutela dei diritti d’autore e di proprietà intellettuale, l’apertura alle diverse opinioni e tendenze politiche, sociali, culturali e religiose e la salvaguardia delle diversità etniche e del patrimonio culturale, artistico e ambientale, a livello nazionale e locale, nel rispetto delle libertà e dei diritti, in particolare della dignità della persona, della promozione e tutela del benessere, della salute e dell’armonico sviluppo fisico, psichico e morale del minore, garantiti dalla Costituzione, dal diritto dell’Unione europea, dalle norme internazionali vigenti nell’ordinamento italiano e dalle leggi statali e regionali.

VISTO l’art. 7, comma 2, lett. a), del decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177, recante “Testo unico della radiotelevisione”, come modificato dal decreto legislativo 28 giugno 2012, n. 120, recante “Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 44” secondo il quale “La disciplina dell’informazione radiotelevisiva, comunque, garantisce: a) la presentazione veritiera dei fatti e degli avvenimenti, in modo tale da favorire la libera formazione delle opinioni”;

VISTO l’art. 10, comma 1, del decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177, recante “Testo unico della radiotelevisione”, come modificato dal decreto legislativo 28 giugno 2012, n. 120, recante “Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 44” secondo il quale “L’Autorità, nell’esercizio dei compiti ad essa affidati dalla legge, assicura il rispetto dei diritti fondamentali della persona nel settore delle comunicazioni, anche mediante servizi di media audiovisivi o radiofonici”;

VISTO l’art. 32, comma 5, del decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177, recante “Testo unico della radiotelevisione”, come modificato dal decreto legislativo 28 giugno 2012, n. 120, recante “Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 44” secondo il quale “I servizi di media audiovisivi prestati dai fornitori di servizi di media soggetti alla giurisdizione italiana rispettano la dignità umana e non contengono alcun incitamento all’odio basato su razza, sesso, religione o nazionalità”;

VISTA la direttiva n. 2000/43/CE del Consiglio dell’Unione Europea, del 29 giugno 2000, che attua il principio della parità di trattamento fra le persone indipendentemente dalla razza e dall’origine etnica;

VISTO il decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 215, recante “Attuazione della direttiva 2000/43/CE per la parità di trattamento tra le persone indipendentemente dalla razza e dall’origine etnica”;

VISTA la direttiva n. 2000/78/CE del Consiglio dell’Unione Europea, del 27 novembre 2000, che stabilisce un quadro generale per garantire la parità di trattamento tra le persone sul luogo di lavoro nell’Unione europea (UE), indipendentemente dalla loro religione o convinzione personale, disabilità, età o orientamento sessuale;

VISTO il decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 216 recante “Attuazione della direttiva 2000/78/CE per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro”;

VISTO l’art. 2 della legge 3 febbraio 1963, n. 69 secondo il quale “È diritto insopprimibile dei giornalisti la libertà di informazione e di critica, limitata dall’osservanza delle norme di legge dettate a tutela della personalità altrui ed è loro obbligo inderogabile il rispetto della verità sostanziale dei fatti, osservati sempre i doveri imposti dalla lealtà e dalla buona fede. Devono essere rettificate le notizie che risultino inesatte, e riparati gli eventuali errori […]”;

VISTA la Carta dei Doveri dei Giornalisti sottoscritta da CNOG e FNSI l’8 luglio 1993 secondo la quale “il giornalista ha il dovere fondamentale di rispettare la persona, la sua dignità e il suo diritto alla riservatezza e non discrimina mai nessuno per la sua razza, religione, sesso, condizioni fisiche o mentali, opinioni politiche […] Il giornalista non può discriminare nessuno per la sua razza, religione, sesso, condizioni fisiche o mentali, opinioni politiche. Il riferimento non discriminatorio, ingiurioso o denigratorio a queste caratteristiche della sfera privata delle persone è ammesso solo quando sia di rilevante interesse pubblico”;

VISTE le premesse del Codice di autoregolamentazione media e minori in particolare la lett. b) secondo cui “il bisogno del minore a uno sviluppo regolare e compiuto è un diritto riconosciuto dall’ordinamento giuridico nazionale e internazionale: basta ricordare l’articolo della Costituzione che impegna la comunità nazionale, in tutte le sue articolazioni, a proteggere l’infanzia e la gioventù (art. 31) o la Convenzione dell’ONU del 1989 – divenuta legge dello Stato nel 1991 – che impone a tutti di collaborare per predisporre le condizioni perché i minori possano vivere una vita autonoma nella società, nello spirito di pace, dignità, tolleranza, libertà, eguaglianza, solidarietà e che fa divieto di sottoporlo a interferenze arbitrarie o illegali nella sua privacy e comunque a forme di violenza, danno, abuso mentale, sfruttamento” e la lett. c) secondo cui “la funzione educativa, che compete innanzitutto alla famiglia, deve essere agevolata dalla televisione al fine di aiutare i minori a conoscere progressivamente la vita e ad affrontarne i problemi”;

VISTA la carta dei servizi per il superamento delle barriere comunicative approvata dal Tavolo permanente di confronto CNU-Agcom-Associazioni persone con disabilità istituito il 16/4/2012;

CONSIDERATO che, alla luce delle disposizioni normative vigenti, i principi fondamentali del sistema dei servizi di media audiovisivi e della radiofonia rappresentati dalla libertà di espressione, di opinione e di ricevere e comunicare informazioni – comprensivi anche dei diritti di cronaca, di critica e di satira – devono conciliarsi con il rispetto delle libertà e dei diritti, in particolare della dignità della persona, dell’armonico sviluppo fisico, psichico e morale del minore, nonché con l’apertura alle diverse opinioni e tendenze politiche, sociali, culturali e religiose e con la salvaguardia delle diversità etniche e del patrimonio culturale, artistico e ambientale, a livello nazionale e locale;

CONSIDERATO che le crescenti preoccupazioni derivanti dai flussi migratori provenienti da paesi in stato di guerra possono determinare un contesto informativo – proprio in ragione della pervasività del mezzo radiotelevisivo e dell’importante contributo che l’informazione radiotelevisiva svolge in ordine alla formazione di un’opinione pubblica su temi così rilevanti – tale da alimentare fenomeni di discriminazione in contrasto con i principi fondamentali di tutela della persona e del rispetto della dignità umana, in particolare allorquando alimentato da notizie inesatte o tendenziose ;

CONSIDERATO che il fornitore del servizio di media è tenuto a correggere tempestivamente e accuratamente eventuali errori o inesattezze intervenuti nella diffusione di notizie e ad assicurare la facoltà di replica;

CONSIDERATO che l’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE), nel dicembre 2009, prendendo atto del rapporto “Hate Crimes in the OSCE Region – Incidents and Responses” dell’Ufficio per le Istituzioni Democratiche e i Diritti Umani (ODIHR), ha ritenuto di impegnarsi ed impegnare gli Stati membri dell’organizzazione, tra cui l’Italia, nella lotta contro i crimini d’odio (Decision No. 9/09 “Combating Hate Crimes”) invitando gli Stati membri dell’organizzazione anche ad indagare il potenziale legame tra un uso sempre crescente di internet e la diffusione di opinioni che possano costituire un incitamento, motivato da pregiudizio, alla violenza ovvero a crimini generati dall’odio, meglio noti con il termine di “hate crimes”, e a sensibilizzare la società civile e l’opinione pubblica sul tema, al fine di garantire un approccio globale alla lotta contro questa tipologia di crimine;

CONSIDERATO che in Italia, secondo i dati diffusi nell’anno 2014 dall’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE), i crimini generati dall’odio risultano essere prevalentemente basati su razzismo e xenofobia, su differenze religiose e sessuali e su discriminazioni nei confronti delle persone disabili;

CONSIDERATO che gli argomenti trattati nei programmi informativi e di intrattenimento diventano sempre più di frequente oggetto di attenzione e discussione nei social media che rappresentano forme significative di espressione e formazione dell’opinione pubblica;

CONSIDERATO che il crescente utilizzo di social media associato ad un uso distorto degli stessi rischia di contribuire alla diffusione di opinioni basate su motivazioni di odio, meglio note come hate speech, alimentando in tal modo la formazione di un clima culturale e sociale non rispettoso della dignità umana e del principio di non discriminazione;

CONSIDERATO che l’hate speech è una forma di violazione dei diritti umani che ha conseguenze molto gravi sia nel mondo reale che in quello virtuale;

CONSIDERATO che la Dichiarazione dei Diritti in Internet del 28 luglio 2015, redatta dalla Commissione di studio per i diritti e i doveri in Internet istituita presso la Camera dei Deputati, indica la tutela della dignità delle persone da abusi connessi a comportamenti quali l’incitamento all’odio, alla discriminazione e alla violenza tra i principi volti a garantire la sicurezza in Rete;

CONSIDERATO che secondo le linee di orientamento per azioni di prevenzione e di contrasto al bullismo e al cyberbullismo del Ministero per l’Istruzione, dell’Università e della Ricerca del 2015 “gli atti di bullismo e di cyberbullismo si configurano sempre più come l’espressione della scarsa tolleranza e della non accettazione verso chi è diverso per etnia, per religione, per caratteristiche psico-fisiche, per genere, per identità di genere, per orientamento sessuale e per particolari realtà familiari: vittime di bullismo sono sempre più spesso, infatti, adolescenti su cui gravano stereotipi che scaturiscono da pregiudizi discriminatori. È nella disinformazione e nel pregiudizio che si annidano fenomeni di devianza giovanile che possono scaturire in violenza generica o in più strutturate azioni di bullismo” e che, quindi, un ruolo importante nella prevenzione e nel contrasto di tale preoccupante fenomeno è giocato dai mass media;

CONSIDERATO che dalle analisi condotte dall’Osservatorio delle garanzie per i minori e dei diritti fondamentali della persona su Internet, costituito con delibera n. 481/14/CONS del 23 settembre 2014, emerge che il cyberbullismo è sempre più oggetto di attenzione da parte sia della ricerca scientifica, sia del legislatore, e che è necessaria l’adozione di strategie preventive di contrasto del fenomeno, tenuto peraltro conto che il bullismo virtuale ha una portata lesiva esponenzialmente amplificata a causa della diffusione e del perdurare nel tempo degli effetti della stessa;

CONSIDERATO che l’esigenza informativa è assolta primariamente dai mezzi di comunicazione di massa che, a norma dell’art. 21 della Costituzione come interpretato dalla giurisprudenza costituzionale e ordinaria, devono concorrere a fornire alla pubblica opinione un’informazione completa, obiettiva, imparziale e pluralistica e che l’esercizio del diritto di critica e di cronaca deve essere improntato a criteri di verità, di essenzialità e continenza;

CONSIDERATO che i media sono tenuti ad agevolare la funzione educativa, ivi compresa l’educazione alla cittadinanza, funzione che compete innanzitutto alla famiglia e alla scuola, promuovendo i valori sanciti e tutelati nella Costituzione, in particolare i diritti inviolabili di ogni essere umano (art. 2), il riconoscimento della pari dignità sociale (art. 3) ed in generale i valori di democrazia e tolleranza cui è ispirata la pacifica convivenza civile;

CONSIDERATO che i minori devono essere tutelati dall’esposizione mediatica e da strumentalizzazioni non rispettose della dignità della persona intese a porre in risalto differenze di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali e di realtà familiari;

RITENUTA l’esigenza di garantire, in particolare nei programmi di informazione e intrattenimento, effettività alla tutela dei diritti fondamentali della persona, al rispetto del principio di non discriminazione e alla tutela della diversità etniche, culturali, religiose e connesse a peculiari condizioni soggettive, fisiche, mentali e sociali;

RITENUTA, pertanto, l’opportunità di richiamare tutti i fornitori di servizi media audiovisivi e di radiofonici a garantire nei programmi di informazione e di intrattenimento l’effettivo rispetto dei diritti fondamentali a garanzia degli utenti, sub specie di dignità della persona e del principio di non discriminazione;

UDITA la relazione del Commissario Antonio Nicita, relatore ai sensi dell’art. 31 del Regolamento concernente l’organizzazione ed il funzionamento dell’Autorità;

 

DELIBERA

1. I fornitori di servizi di media audiovisivi e radiofonici sono richiamati ad assicurare il più rigoroso rispetto, nell’ambito dei programmi di informazione e di intrattenimento, dei principi fondamentali sanciti a garanzia degli utenti, avuto specifico riguardo ai soggetti a rischio di discriminazione, affinché sia garantito il rispetto della dignità della persona e del principio di non discriminazione;

2. In particolare, i programmi nella diffusione di notizie devono uniformarsi a criteri-verità, limitando connotazioni di razza, religione o orientamento sessuale non pertinenti ai fini di cronaca ed evitando espressioni fondate sull’odio o sulla discriminazione, che incitino alla violenza fisica o verbale ovvero offendano la dignità umana e la sensibilità degli utenti contribuendo in tal modo a creare un clima culturale e sociale caratterizzato da pregiudizi oppure interferendo con l’armonico sviluppo psichico e morale dei minori;

3. I programmi in esame devono rivolgere particolare attenzione alla modalità di diffusione di notizie e di immagini sugli argomenti di attualità trattati avendo cura di procedere ad una veritiera e oggettiva rappresentazione dei flussi migratori, mirando a sensibilizzare l’opinione pubblica sul fenomeno dell’hate speech, contrastando il razzismo e la discriminazione nelle loro espressioni mediatiche;

4. I fornitori di servizi media audiovisivi e radiofonici sono invitati ad adottare ogni più opportuna cautela, in particolare nel corso delle trasmissioni diffuse in diretta e, in ogni caso, a valutare nella predisposizione dell’ordine degli interventi, i possibili rischi di incorrere nel mancato rispetto dei principi richiamati, impegnando i direttori, i registi, i conduttori e i giornalisti a porre in essere ogni azione intesa ad evitare situazioni suscettibili di degenerazione;

5. Gli indirizzi formulati assumono valore di indirizzo interpretativo delle disposizioni contenute negli artt. 3, 32, comma 5, e dell’art. 34 del Testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici. L’Autorità verifica il rispetto di tali indirizzi attraverso la propria attività di monitoraggio.

La presente delibera entra in vigore il giorno della sua pubblicazione sul sito web dell’Autorità.

Roma, 16 settembre 2016

IL PRESIDENTE

Angelo Marcello Cardani

IL COMMISSARIO RELATORE

Antonio Nicita

Per attestazione di conformità a quanto deliberato

IL SEGRETARIO GENERALE

Riccardo Capecchi