Intervento dell’Avv. Marco Rossignoli, Presidente AERANTI e Coordinatore AERANTI-CORALLO,
alla II Conferenza sul digitale terrestre organizzata da DGTVi
Napoli, 14 e 15 luglio 2006
■ Vorrei portare come contributo al dibattito una serie di riflessioni dal punto di vista degli editori televisivi locali.
A due anni dall’avvio del processo di transizione al digitale, tale transizione si sta rivelando particolarmente problematica e difficile per le circa 600 tv locali abilitate alla sperimentazione di trasmissioni televisive digitali.
Infatti le tv locali pur possedendo, nel complesso, circa 8500 dei 24.000 canali televisivi analogici (e quindi circa un terzo di tali canali), non dispongono, nella stragrande maggioranza dei casi, di canali ridondanti, cioè di canali doppi nelle diverse aree servite che permettano di poter diffondere i programmi simultaneamente in analogico e in digitale durante il periodo della transizione.
Tutto ciò ha come conseguenza diretta e immediata l’impossibilità per la quasi totalità delle tv locali di trasmettere in digitale durante il periodo della transizione.
Per trasmettere fin da ora in digitale sarebbe infatti necessario cessare le trasmissioni in analogico e iniziare contestualmente, sugli stessi canali, le trasmissioni in digitale.
Ma così facendo le tv locali perderebbero tutti gli ascolti relativi alle trasmissioni analogiche senza un contestuale recupero di tali ascolti nell’ambito della diffusione digitale.
Infatti il numero degli utenti digitali, come sappiamo, è ancora molto inferiore al numero degli utenti analogici.
Sono stati ad oggi venduti circa 3,8 milioni di decoder digitali a fronte di circa 38 milioni di televisori analogici presenti nelle famiglie italiane.
Ecco quindi che le imprese televisive locali sono costrette, in questa fase, ad effettuare la sperimentazione digitale, solo nelle ore notturne, sugli stessi canali che vengono eserciti in analogico nelle ore diurne.
Infatti in questo modo la perdita di ascolto non ha ricadute significative sulla raccolta pubblicitaria delle trasmissioni analogiche.
In questo modo però le tv locali non riescono ad ottenere alcun posizionamento nel mercato della tv digitale. E tutto ciò oltre a costituire il problema delle tv locali, rappresenta anche una parte del problema dell’intero settore, posto che come ho detto, più di un terzo dei canali analogici viene esercito dalle tv locali.
Si tratta quindi di individuare soluzioni concrete che permettano alle tv locali di accedere al digitale con pari opportunità rispetto agli operatori nazionali.
Credo che la soluzione debba essere ricercata in primo luogo sul fronte delle risorse. Infatti fino a quando il mercato televisivo locale analogico sarà complessivamente di 400 milioni di euro gli editori televisivi locali non potranno certamente operare investimenti per il digitale sia in termini di infrastrutture, sia in termini di contenuti.
Occorre quindi individuare, in primo luogo, una serie di interventi finalizzati al riequilibrio del mercato analogico, anche attraverso norme che favoriscano gli investimenti pubblicitari sulle tv locali.
Allo stesso tempo occorrerà individuare soluzioni che permettano alle tv locali di trasmettere in digitale anche durante la fase di transizione.
Le tv locali hanno sempre ritenuto che il digitale possa rappresentare una interessante opportunità di nuovi business e per questo intendono svolgere, quando la transizione sarà completata, non solo l’attività di fornitori di contenuti, ma anche e soprattutto quella di operatore di rete locale sui propri canali di trasmissione.
Credo quindi che i problemi e le criticità che ho ora evidenziato debbano rappresentare un momento di confronto non solo tra gli editori televisivi locali e quelli nazionali, ma anche con il Governo e le forze politiche per individuare percorsi condivisi che permettano anche alle tv locali di accedere effettivamente al digitale.