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Sommario:
- Presentato il piano frequenze tv di secondo livello.
- Comitato per il digitale: si a decoder unico.
- Riavviato iter Ddl 1138.
- Audizione in Senato sul Regolamento per le misure a sostegno delle tv locali.
- Entro il 31 luglio bisogna versare il contributo pro-Authority
PRESENTATO IL PIANO FREQUENZE TV DI SECONDO LIVELLO
Enorme lo squilibrio di risorse tra le diverse Regioni (alcune hanno sin troppi canali, mentre altre sono gravemente penalizzate) e indeterminato il numero di concessioni. Su tutto incombe il meccanismo delle graduatorie, che saranno elaborate dal Ministero. Si prospetta una ulteriore polverizzazione del settore, a danno e beffa persino di chi auspicava una “severa selezione”. Tali risultati confermano l’inadeguatezza di un piano teorico basato sull’azzeramento dell’esistente.■ E’ stata infine resa nota da parte dell’Autorità l’integrazione del Piano nazionale di assegnazione delle frequenze per la radiodiffusione televisiva: rispettando i tempi annunciati nello scorso Teleradiofax, lunedì 19 luglio a Roma è stata presentata dall’ing. Mario Lari (commissario dell’Autorità relatore del Piano) al Coordinamento Aer Anti Corallo la relazione illustrativa del Piano di secondo livello.
Al riguardo occorre evidenziare che nonostante l’evidente volontà dell’Autorità di recepire alcune richieste del Coordinamento AER – ANTI – CORALLO (gli impianti per le TV locali complessivamente pianificati tra I e II livello sono 8124, numero molto vicino a quello degli impianti attualmente eserciti che è di 8279), da un attento esame dell’impianto pianificatorio emerge l’assoluta inadeguatezza di una pianificazione teorica basata sull’azzeramento dell’esistente invece di una valorizzazione dello stesso.
Il piano di secondo livello prevede infatti un numero di canali superiore alle reali necessità in alcune regioni, mentre in altre, oltretutto particolarmente dinamiche e sviluppate, si verifica una drastica riduzione dello spazio radioelettrico disponibile. Emilia Romagna in particolare, ma anche Piemonte, Lombardia e Veneto risultano pesantemente penalizzate.
Infatti molte provincie di queste regioni sono state escluse dalla pianificazione di secondo livello.
Ecco l’elenco delle provincie in questione: Alessandria, Novara, Verbania e Vercelli in Piemonte; Bergamo, Brescia, Como, Cremona e Mantova in Lombardia; Rovigo e Vicenza in Veneto; Ferrara, Modena, Parma, Piacenza, Ravenna, Reggio Emilia e Rimini in Emilia Romagna; Enna in Sicilia.
Tali province potranno essere servite soltanto attraverso canali compresi nella pianificazione di I livello con evidenti conseguenze per le emittenti attualmente operanti in tali zone. Per meglio comprendere la gravità della situazione è sufficiente esaminare la situazione dell’Emilia Romagna.
In tale regione sarà possibile il rilascio di sei concessioni regionali (attraverso canali del piano di I livello). In tal caso però potranno operare solo ulteriori emittenti che servono Bologna e Forlì, mentre non potrà esistere alcuna emittente provinciale o interprovinciale nelle province di Piacenza, Parma, Reggio Emilia, Modena, Ravenna, Rimini , Ferrara.
Qualora le emittenti regionali fossero cinque anziché sei sarebbe possibile una sola emittente provinciale per ognuna di tali province.
I risultati in ogni caso sarebbero drammatici.
La polverizzazione del settore
L’applicazione del Piano produrrà l’impoverimento e la penalizzazione di molte imprese e creerà comunque una polverizzazione del sistema in modo generalizzato, sconfessando così innanzitutto i “cultori” (tra le forze politiche e di Governo, ma anche in altre associazioni di categoria) dell’idea di un piano iper-selettivo quale condizione necessaria allo sviluppo di pochi, privilegiati, soggetti. L’amaro paradosso è che da queste premesse invece si può sviluppare solo un sistema composto da un numero di soggetti operanti sostanzialmente invariato (se non paradossalmente superiore) a quello attuale, ma avvilendo drasticamente il livello medio imprenditoriale e decimando l’emittenza locale nelle Regioni Emilia Romagna, Piemonte, Lombardia e Veneto. Altra nota dolente riguarda proprio il fatto che l’Autorità, in violazione delle norme di legge, non ha determinato precisamente il numero di concessioni assentibili, ma si è limitata a formulare ipotesi alternative tra loro. L’esattezza del numero di concessioni è invece condizione indispensabile per valutare gli effetti pratici dell’applicazione del Piano e per limitare il potere discrezionale dell’Amministrazione in sede di rilascio delle nuove concessioni.
Cosa bisogna fare adesso
A questo punto è necessario mobilitarsi sul fronte politico e su quello tecnico.
In sede politica occorrerà chiedere l’intervento dei parlamentari e delle forze politiche delle zone escluse dal piano di secondo livello. In sede tecnica occorrerà proporre l’impugnazione al TAR Lazio del Piano di secondo livello e preparare la documentazione per la domanda di concessione. L’impugnazione del Piano di secondo livello riguarda soprattutto coloro che hanno già impugnato il Piano di primo livello per la questione della soppressione dei siti attualmente utilizzati: giacché i 260 siti scelti per l’integrazione sono stati tutti individuati tra i 487 già stabiliti nella prima tornata, è evidente che i siti esclusi restano tali (la mancata impugnazione di quest’ultimo Piano dunque toglierebbe senso alla precedente azione intrapresa). Dal canto suo il Coordinamento Aer Anti Corallo impugnerà il Piano innanzi al Tar Lazio per le violazioni di legge in esso contenute: alcune analoghe a quelle già espresse in sede di ricorso per l’annullamento del Piano di primo livello, oltre alla questione della mancata indicazione del numero di concessioni, che va ritenuta condizione pregiudiziale e dunque indispensabile per poter redigere le graduatorie. Sul problema del rilascio delle nuove concessioni, va ribadito che le relative domande andranno presentate entro tre mesi dall’emanazione del piano di secondo livello. Non è però chiaro se occorre fare riferimento alla data della delibera da parte dell’Autorità (che in tal caso è stata assunta il 14 luglio) ovvero alla data della pubblicazione del provvedimento in G.U. (che non è ancora avvenuta), come appare più corretto.
Sul punto verrà data notizia non appena la problematica troverà chiarimento.
Il Ministero frattanto deve elaborare il Disciplinare in base al quale dovranno essere redatte le graduatorie.
Per quest’ultimo adempimento non sussiste una scadenza legislativamente definita, ma è evidente che il Coordinamento chiederà che sia emanato al più presto, poiché le emittenti devono essere in condizione di presentare le domande conoscendo preventivamente quelli che saranno i criteri per il vaglio delle stesse. E in ogni caso va ribadito che il meccanismo delle graduatorie resta una procedura inaccettabile, già fallita nel 1992, senza peraltro garantire in alcun modo criteri realmente utili ad un corretto sviluppo imprenditoriale del settore.
COMITATO PER IL DIGITALE: SI’ A DECODER UNICO
■ Martedì 20 luglio è stato approvato dal Comitato per il digitale, presente l’avvocato Mauro Maiolini in rappresentanza del Coordinamento Aer Anti Corallo, il documento elaborato dal Gruppo di lavoro C relativo al decoder unico per la ricezione dei programmi digitali tv da satellite.
Nell’occasione si è anche fatto il punto sui lavori fin qui svolti dal Gruppo di lavoro B (dedicato alla Pianificazione delle frequenze digitali) con ampia relazione del prof. Sassano, coordinatore del Gruppo stesso, così che nelle prossime riunioni sia approvato il documento finale per l’assegnazione delle frequenze atte allo sviluppo delle trasmissioni digitali televisive terrestri.
Solo per motivi organizzativi è stata differita l’approvazione del documento del Gruppo di lavoro A (quello relativo si servizi associati alle trasmissioni digitali). Sono stati infine invitati i membri del Comitato digitale ad indicare i propri rappresentanti nel neo-costituendo Gruppo di lavoro D, che dovrà occuparsi delle modalità tecnico-operative per organizzare le trasmissioni digitali terrestri in Italia.
■ Ripartito questa settimana al Senato il dibattito sul ddl 1138: è stato ora aggiornato a settembre. Frattanto il maxi emendamento contenente la riformulazione del Disegno di legge verrà presentato al Senato il 27 luglio.
AUDIZIONE IN SENATO SUL REGOLAMENTO PER LE MISURE A SOSTEGNO DELLE TV LOCALI
■ Si è tenuta il 20 luglio l’audizione del Coordinamento Aer Anti Corallo in Senato relativamente al parere che la VIII Commissione deve esprimere in ordine allo schema di regolamento del Ministero delle Comunicazioni relativo alle misure a sostegno dell’emittenza televisiva locale. L’avvocato Marco Rossignoli, coordinatore delegato, ha ribadito in questa occasione i molti punti non accettabili dell’attuale formulazione. Innanzitutto va evidenziato che il testo dello schema non reca indicazioni sulle finalità dei contributi, mentre la L. 448/98 (norma in base alla quale il regolamento deve essere emanato), prevede che le misure di sostegno in questione hanno anche il “fine di incentivare l’adeguamento degli impianti al piano nazionale di assegnazione delle frequenze per la radiodiffusione televisiva”. Ha conseguentemente richiesto che almeno una parte dei contributi venga destinata a tale finalità vincolata dal legislatore e con la previsione dell’erogazione solo a fronte di effettivi investimenti operati dalle tv locali con la finalità di adeguare gli impianti al piano nazionale di assegnazione delle frequenze. Ha inoltre richiesto che ai fini del riconoscimento delle misure di sostegno in questione si faccia riferimento alle provvidenze editoria di cui all’art. 7 della legge 422/93 del penultimo anno (anziché dell’ultimo anno) precedente a quello al quale si riferisce il bando annuale per dette misure. Diversamente si verificherebbe una sostanziale inapplicabilità della normativa. Il Coordinamento ha quindi evidenziato di ritenere inaccettabile che possano essere destinatarie delle misure di sostegno esclusivamente tv locali che realizzino una copertura non inferiore al 70% del territorio della regione irradiata (o che raggiungano una popolazione non inferiore al 70% di quella residente sul territorio compreso nel bacino di irradiazione). Una simile previsione costituirebbe palese violazione della L. 448/98, infatti tale norma prevede solo che le misure di sostegno siano destinate alle tv locali in base ad un apposito regolamento. Questo può e deve stabilire criteri per graduare le domande delle tv locali, ma non può certamente modificare lo status delle stesse tv locali per come previsto dalla normativa di settore. Tale normativa prevede esclusivamente una distinzione tra emittenti nazionali e locali, senza prevedere per queste ultime differenziazioni tra ambiti cittadini, provinciali, regionali, interregionali, o altri. Ne consegue che subordinare la concessione delle misure di sostegno alle condizioni della copertura del 70% del territorio (o della popolazione) significherebbe voler modificare una legge attraverso un regolamento, cosa che, evidentemente, non può essere fatta. Peraltro seguendo la sopracitata impostazione verrebbero anche escluse dalle misure di sostegno tutte le emittenti (e sono tante) che servono più province a cavallo tra diverse regioni (bacini).
Alla luce di tali considerazioni, sono state formulate dal Coordinamento proposte concrete per le opportune correzioni e modifiche. Sul punto è intervenuto anche il Coordinamento Nazionale dei Comitati Regionali per il servizio radiotelevisivo che nella riunione del 22 luglio ha formulato una serie di proposte tra le quali la soppressione del suddetto 70%.
ENTRO IL 31 LUGLIO BISOGNA VERSARE IL CONTRIBUTO PRO-AUTHORITY
■ Nei giorni scorsi il Ministero delle Finanze ha emanato il Decreto 16/7/1999 “Misure e modalità di versamento del contributo a copertura dell’onere derivante dall’istituzione e dal funzionamento dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni” (G.U. n. 167 del 19/7/99) con il quale stabilisce le modalità di copertura finanziaria dell’onere, valutato in venti miliardi annui. I soggetti tenuti al versamento del contributo sono quelli operanti nelle seguenti categorie: a) fornitori di servizi di telefonia fissa, anche via cavo; b) fornitori di servizi di telefonia mobile, anche satellitare; c) emittenti televisive: c.1) su frequenze terrestri; c.2) via cavo e satellite; d) emittenti radio, anche via cavo e satellite; e) editori: e.1) giornali quotidiani; e.2) periodici e riviste; e.3) agenzie di stampa a carattere nazionale; f) concessionarie di pubblicità: f.1) pubblicità radiotelevisiva; f.2) pubblicità a mezzo stampa; f.3) pubblicità telematica; g) servizi interattivi e multimediali: g.1) fornitori di servizi di accesso; g.2) fornitori di servizi di informazione; g.3) produttori e distributori di prodotti, compresa l’editoria elettronica e digitale; h) produttori e distributori di programmi radiotelevisivi. . Il contributo è determinato applicando la percentuale, per l’anno 99, fissata nella misura dello 0,35 per mille dei ricavi iscritti nell’ultimo bilancio approvato e conseguiti a fronte di attività ricadenti nelle tipologie esercitate dalle categorie di cui sopra. Per l’anno 99, il contributo non viene calcolato sui ricavi derivanti dalle seguenti attività: a) esercitate da meno di due anni rientranti in una o più delle categorie, purché i ricavi stessi non derivino da pari attività esercitate nei precedenti due anni da soggetti comunque diversi dal dichiarante; b) proprie di settori destinatari di specifici interventi pubblici, in quanto riconosciuti “in stato di crisi”; c) esercitate sulla base di concessioni, autorizzazioni e licenze rilasciate per copertura a livello locale; d) editoriali limitatamente a giornali quotidiani, periodici e riviste; e) per servizi interattivi e multimediali. Il versamento del contributo va eseguito entro il 31 luglio di ogni anno a decorrere dal 1999, direttamente allo sportello della Sezione di tesoreria provinciale dello Stato, secondo il domicilio fiscale dei soggetti interessati, previa compilazione dell’ordinaria distinta di versamento mod. 124T, ovvero a mezzo del servizio dei conti correnti postali, previa compilazione del bollettino di conto corrente postale già intestato alla medesima tesoreria. Su entrambi i modelli occorre riportare, tra l’altro, il codice fiscale del versante e l’anno per il quale si versa il contributo. I soggetti sono tenuti a comunicare all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, entro il 31/08/99, il codice fiscale, i dati relativi alla categoria di appartenenza, l’ammontare dei ricavi iscritti al bilancio o sui quali viene calcolato il contributo, l’ammontare del contributo versato e gli estremi del versamento effettuato. Nel caso in cui il soggetto svolga attività rientranti in più di una delle categorie in questione, comunica la categoria prevalente determinata in relazione ai ricavi. Per la comunicazione deve essere utilizzata copia del modello allegato al decreto, recante la sottoscrizione del legale rappresentante autenticata. La mancata o tardiva presentazione del modello, nonché l’indicazione, nello stesso modello, di dati non rispondenti al vero, comporta l’applicazione di sanzioni che possono arrivare a 500 milioni! Per gli associati seguirà entro brevissimo una circolare illustrativa con i dettagli della questione.